Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18505 del 21/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 21/09/2016, (ud. 04/05/2016, dep. 21/09/2016), n.18505

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28536-2013 proposto da:

B.D., C.F. (OMISSIS), R.P. C.F. (OMISSIS),

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

ORESTE CASADIO, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

C.I.A. – CONFEDERAZIONE ITALIANA AGRICOLTORI CESENA, C.F. (OMISSIS),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SANT’EVARISTO 157, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA ASSOGNA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARMELO CASSARINO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 549/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 28/05/2013, R.G. N. 15/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito l’Avvocato ORESTE CASADIO;

udito l’Avvocato ANDREA ASSOGNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Bologna aveva dichiarato l’illegittimità dei licenziamenti intimati dalla Confederazione Italiana Agricoltori – CIA – nei confronti di R.P. e di B.D. il (OMISSIS) ed aveva pronunciato i provvedimenti restituori, economici e reali, in favore dei lavoratori.

2. La Corte di Appello di Bologna, adita in sede di gravame dalla CIA, con la sentenza in data 13.11.2013, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato l’appellante a ripristinare i rapporti di lavoro ovvero a risarcire il danno, liquidandolo, in favore di ciascuno degli appellati, in misura pari a sei mensilità di retribuzione globale di fatto.

3. La Corte territoriale ha ritenuto che la CIA, attraverso la produzione del libero matricola, aveva provato che nel corso dell’anno 2007 aveva avuto alle sue dipendenze quattordici dipendenti; che tra i lavoratori occupati non erano computabili i componenti del Consiglio di Amministrazione (sette, compreso il Presidente), in quanto qualificati come coltivatori diretti con versamento di contribuzione nella cd gestione separata in relazione ai compensi annuali percepiti.

4. Avverso detta sentenza B.D. e R.P. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da successivi memoria, al quale ha resistito la CIA.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I motivi di ricorso.

5. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 violazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4, 5 e 24 lamentando che la Corte territoriale avrebbe errato nell’escludere la tutela reale prevista dalla L. n. 300 del 1970, art. 18.

6. Assumono che il requisito dimensionale doveva ritenersi provato, per essere stati i licenziamenti adottati nell’ambito della procedura di licenziamento collettivo, prevista dalla L. n. 223 del 1991 e che, in conseguenza della nullità, irritualità ed inefficacia dei licenziamenti per violazione della L. n. 223 del 1991, la reintegrazione nel posto di lavoro spettava, a prescindere dall’accertamento sul requisito dimensionale.

7. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione della L. n. 223 del 1991, artt. 4, 5, 24 in relazione alla L. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 18 e 35, sostenendo che la documentazione allegata agli atti del giudizio dimostrava che CIA e CAM costituivano un unico complesso aziendale e che la griglia dei criteri di licenziamento faceva riferimento a criteri omogenei sia per la CIA che per la CAM.

8. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 16 del contratto integrativo regionale di lavoro per i dipendenti delle CIA Provinciali e Regionale, Centri, Istituti e Società da essi controllate o collegate dell’Emilia Romagna.

9. Deducono che detto contratto dispone l’applicabilità della tutela reale nei rapporti tra la CIA ed i propri dipendenti, a prescindere dalle dimensioni occupazionali dei medesimi e prevede che le diverse Cia del territorio e le strutture collegate alle medesime costituiscono, in materia di esercizio e dei diritti sindacali e di giusta causa, una un’unica unità produttive e la eliminazione del limite numerico previsto dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 35.

10. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione della L. 20 maggio 1970, n. 300, artt. 18 e 35, lamentando l’erroneità della statuizione che ha escluso i signori S., Z., M., F., C. e M. dal numero dei dipendenti.

11. Deducono che la qualifica di coltivatore diretto non esclude la qualità di lavoratore subordinato e che è Irrilevante la circostanza che I medesimi siano stati eletti dall’assemblea dei coltivatori diretti o delle imprese agricole.

Esame dei motivi.

12. Il ricorso è inammissibile.

13. Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte (ex multis, Cass. 6542/2004, Cass. 23675/2013), qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata In alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità della censura per novità della questione, ha l’onere non solo di allegare la sua avvenuta deduzione dinanzi ai giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

14. In applicazione del suddetto principio, il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono Inammissibili, atteso che tutte le violazioni di legge e di contratto collettivo che si imputa alla Corte territoriale di avere violato, sono correlate a questioni di fatto, alle quali la sentenza impugnata non fa cenno e in relazione alle quali i ricorrenti non deducono di averle sottoposte alla Corte territoriale, nè, tampoco, specificano in quale atto tanto abbiano fatto.

15. Così è in relazione alla dedotta ” naturale” applicabilità della tutela reintegratoria, per essere stati i licenziamenti adottati nell’ambito della procedura di cui alla L. n. 223 del 1991, artt. 1, 4, 5 e 24 (primo motivo); alla dedotta unicità del complesso imprenditoriale, assunto come unico centro di imputazione di interessi, costituito da CIA e da CAM (secondo motivo); alla tutela reintegratoria dedotta come prevista dalla contrattazione collettiva Integrativa regionale a prescindere dalle dimensioni occupazionali degli Enti cui la contrattazione è riferita (terzo motivo), la quale, peraltro, non è riprodotta nel testo integrale nel ricorso e nemmeno ne risulta indicata in modo specifico la sede di produzione (ex multis Cass. 19227/2011, 5745/2014).

16. Infine, il quarto motivo è inammissibile perchè, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, i ricorrenti mirano, in realtà, a provocare una nuova valutazione del materiale istruttorio, a far riesaminare il merito della vicenda processuale, esame che per consolidato orientamento, questa Corte non ha il potere di effettuare (ex plurimis, Cass. SSU 24148/2013, Cass. n. 1541/2016, 15208/2014).

17. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

LA CORTE

Dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Condanna i ricorrenti a rifondere le spese del giudizio alla parte controricorrente, liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre 100,00 per esborsi, oltre 15% delle spese generali forfettarie, oltre IVA e CPA, Sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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