Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18505 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. II, 04/09/2020, (ud. 30/06/2020, dep. 04/09/2020), n.18505

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21583/2019 proposto da:

F.B., (alias F.A.), rappresentato e difeso

dall’Avvocato MARCO LANZILAO, ed elettivamente domiciliato presso il

suo studio in ROMA, VIALE ANGELICO 38;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dalli Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12, è

domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3087/2019 della CORTE d’APPELLO di ROMA

depositata il 10/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/06/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.B. (alias F.A.), cittadino del (OMISSIS), impugnava il provvedimento della Commissione Territoriale di Roma chiedendo il riconoscimento dello status di rifugiato o di altra forma di protezione internazionale.

Il richiedente aveva dichiarato di avere abbandonato il Paese di origine a causa di un litigio con lo zio, con il quale viveva a seguito della morte dei genitori, perchè il predetto aveva scoperto la relazione omosessuale intrattenuta con un compagno; di avere egli pagato la cauzione per farlo uscire dal carcere, ove era stato ristretto a seguito della denuncia sporta dallo zio; di avere interrotto tale relazione sentimentale non appena lasciato il paese; di avere sposato una donna del Gambia, mentre si trovava in Italia, tramite una autorizzazione telefonica dello zio; e di non essere ricercato dalla polizia del Gambia.

Il Tribunale di Roma, con ordinanza pubblicata il 13.06.2017, rigettava l’impugnazione.

Contro detta ordinanza, l’interessato proponeva appello. Con sentenza n. 3087/2019, depositata il 10/05/2019, la CORTE d’APPELLO di ROMA rigettava il gravame.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione F.B. sulla base di cinque motivi; resiste il Ministero dell’Interno con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, il richiedente lamenta ai sensi dell'”art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto della discussione tra le parti: la condizione di pericolosità e le situazioni di violenza generalizzate esistenti in Gambia. Omessa consultazione e valutazione delle fonti informative”.

1.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta ai sensi dell'”art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – Omesso/errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale del ricorrente. Omessa cooperazione istruttoria. Mancato approfondimento della situazione Paese”.

1.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente censura ai sensi dell'”art. 360, comma 1, n. 5 – (la) mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente aveva diritto ex lega in ragione delle attuali condizioni socio politiche del paese di origine: violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14. Omesso esame delle fonti informative. Omessa applicazione dell’art. 10 Cost.”.

1.4. – Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta ai sensi dell'”art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 – (la) violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8. Difetto di motivazione e travisamento dei fatti.

1.5. – Con il quinto motivo, il richiedente censura ai sensi dell'”art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 – (poichè) la Corte ha omesso ed errato nel non applicare al ricorrente la protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, non potendo essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero, qualora ricorrano seri motivi di carattere umantario, nonchè del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, che vieta l’espulsione dello straniero che possa essere perseguitato nel suo paese d’origine o che ivi possa correre gravi rischi. Omessa applicazione art. 10 Cost.. Omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità della protezione umanitaria”.

2. – In considerazione della loro stretta connessione logico-giuridica, il primo ed il secondo motivo vanno esaminati e decisi congiuntamente.

2.1. – Essi sono fondati.

2.1. – Questa Corte ha chiarito che “in materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona”, cosicchè “qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. n. 16925 del 2018).

Come, inoltre precisato (Cass. n. 14006 del 2018) con riguardo alla protezione sussidiaria dello straniero, prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), “l’ipotesi della minaccia grave ed individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale implica o una contestualizzazione della minaccia suddetta, in rapporto alla situazione soggettiva del richiedente, laddove il medesimo sia in grado di dimostrare di poter essere colpito in modo specifico, in ragione della sua situazione personale, ovvero la dimostrazione dell’esistenza di un conflitto armato interno nel Paese o nella regione, caratterizzato dal ricorso ad una violenza indiscriminata, che raggiunga un livello talmente elevato da far sussistere fondati motivi per ritenere che un civile, rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione, correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire detta minaccia”.

2.2. – Tanto premesso, va rilevato che la Corte di merito si è limitata a escludere che il richiedente provenisse “da una zona del Gambia, ove si registra un clima di tensione tale da far presumere che in caso di suo rientro possa andare incontro a torture o altre forme di trattamento inumano e degradante”; deducendo che “la situazione politica del Paese risulta, al momento, abbastaza stabile e caratterizzata da un organo di governo a legittimazione popolare a seguito della fine del regime dittatoriale che per 22 anni ha retto il governo del paese”; concludendo nel senso che “la circostanza che il Paese stia emergendo lentamente da un forte periodo di crisi dovuto al pregresso clima politico e che ciò comporti ricadute negative sulle condizioni di salute, di istruzione e sulla qualità della vita in gnerale non è idonea ad integrare i requisiti previsti tassativamente dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14” (sentenza impugnata, pag. 3).

A fronte di siffatta apodittica affermazione, che (senza alcun approfondimento istruttorio) non risulta essere tratta, da parte della Corte di merito, da una valutazione desunta da alcuno dei pur numerosi siti internazionali accreditati: cfr. Cass. n. 15794 del 2019), il ricorrente ha viceversa richiamato il contenuto del sito ufficiale del Ministero degli Affari Esteri e di quello di Amnesty International, specificando (per quanto di interesse nella specie) le zone fortemente a rischio, nonchè sottolineando che “in Gambia è stato istutuito, nell’ottobre 2014, l’ergastolo per il reato di “omosessualità aggravate”” per cui “molte persone Lgbti hanno abbandonato il paese” (ricorso, pag. 16).

2.3. – Nei giudizi di protezione internazionale l’esame officioso della situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero svolto dal giudice del merito deve essere specifico e dar conto delle fonti di informazione consultate. Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel Paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass. n. 11101/19).

Questa Corte ha affermato che, in tema di protezione sussidiaria, la valutazione della credibilità soggettiva del richiedente non può essere legata alla mera presenza di riscontri obiettivi di quanto da lui narrato, incombendo al giudice, nell’esercizio del potere-dovere di cooperazione istruttoria, l’obbligo di attivare i propri poteri officiosi al fine di acquisire una completa conoscenza della situazione legislativa e sociale dello Stato di provenienza, onde accertare la fondatezza e l’attualità del timore di danno grave dedotto (nella specie, la S.C., ha cassato la sentenza con la quale era stato rigettato il ricorso avverso il diniego del riconoscimento della protezione sussidiaria, avendo il tribunale ritenuto, senza alcun approfondimento istruttorio, che il timore di danno grave dedotto dal richiedente fosse esclusivamente soggettivo in quanto privo di riscontri obiettivi, e il pericolo non fosse più attuale; Cass. n. 1368 del 2020; conf. Cass. n. 19716 del 2018).

3. – Va accolto, dunque, per quanto di ragione, il primo ed il secondo motivo del ricorso, con assorbimento degli altri motivi; la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio.

PQM

La Corte accoglie, per quanto di ragione, i motivi di ricorso primo e secondo, con assorbimento degli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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