Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18503 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. II, 04/09/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 04/09/2020), n.18503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17731/2015 proposto da:

L.L., A.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA G. FERRARI 12, presso lo studio dell’avvocato SERGIO

SMEDILE, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato MATTEO

REZZONICO;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 110, presso lo

studio dell’avvocato MARCO MACHETTA, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1881/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 30/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato MACHETTA Marco, difensore del resistente che si

riporta alle memorie ed insiste su il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 30 aprile 2015 la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’impugnazione proposta da L.L. e A.G. nei confronti del condominio (OMISSIS) (d’ora innanzi, il Condominio), avverso la decisione di primo grado che aveva respinto l’impugnazione proposta dai primi in relazione alla Delib. assunta nell’assemblea condominiale del 22 ottobre 2019.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che l’avviso di convocazione era pervenuto al L. e all’ A. il 17 ottobre 2009 rispetto ad un’assemblea da tenersi in prima convocazione il 21 ottobre e in seconda convocazione il 22 ottobre 2009; b) che l’assemblea in prima convocazione non si era tenuta, essendosi presentati solo il L. e l’ A., i quali avevano successivamente preso parte attiva all’assemblea di seconda convocazione; c) che, rispetto all’assemblea del 22 ottobre 2009, il termine di cui all’art. 66 disp. att. c.c., era stato rispettato; d) che, con riguardo alla eccepita violazione dell’art. 13 del regolamento condominiale, emergeva dalle stesse difese degli attori che essi avevano visionato la documentazione relativa al consuntivo 1 giugno 2008 – 31 maggio 2009 nel pomeriggio del 21 ottobre 2009; e) che il teste T. aveva confermato che la documentazione relativa alla gestione condominiale concernente il citato esercizio era rimasta sempre a disposizione dei condomini e che lo stesso L., in sede di interrogatorio formale, aveva riconosciuto di essersi presentato presso lo studio dell’amministratore chiedendo di poter verificare i documenti giustificativi dell’esercizio 2008 – 2009; f) che le spese di sollecito di pagamento poste a carico del L. e dell’ A. non erano state recuperate a titolo risarcitorio, ma solo in quanto spese personali riferibili esclusivamente al condomino destinatario; g) che, quanto ai criteri di ripartizione delle spese relative all’ascensore, non era dato ravvisare nell’operato dell’amministratore irregolarità riconducibili al mancato rispetto delle norme dettata in materia condominiale.

3. Avverso tale sentenza il L. e l’ A. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, al quale ha resistito il condominio (OMISSIS) con controricorso.

In vista dell’adunanza del 5 novembre 2019, il Condominio ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.. Con ordinanza del 20 novembre 2019 la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per la trattazione in pubblica udienza. E’ stata depositata memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., nell’interesse del Condominio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 66 disp. att. c.c., nel testo anteriore alla riforma attuata con la L. 11 dicembre 2012, n. 220, rilevando che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, l’osservanza del termine previsto da tale disposizione implica un riferimento alla data fissata per l’adunanza in prima convocazione.

La doglianza è infondata.

La giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere la natura recettizia dell’avviso di convocazione e nell’assumere, come termine di riferimento per il computo del termine dilatorio, anche prima della riforma attuata con la L. 11 dicembre 2012, n. 220, art. 20, comma 1, la data fissata per la prima convocazione dell’assemblea (v., di recente Cass. 25 marzo 2019, n. 8275; Cass. 6 ottobre 2017, n. 23396; Cass. 26 settembre 2013, n. 22047).

L’inosservanza della previsione, determinando la mancata conoscenza, da parte del condomino, della data della adunanza entro il termine ritenuto dal legislatore necessario per una adeguata e consapevole partecipazione del primo, costituisce motivo di invalidità delle delibere assembleari per contrarietà alla legge, ai sensi dell’art. 1137 c.c., commi 2 e 3.

Ora, come chiarito in motivazione da Cass. 23 novembre 2016, n. 23903, l’interesse del condomino che faccia valere un vizio di annullabilità, e non di nullità, di una deliberazione dell’assemblea, non può ridursi al mero interesse alla rimozione dell’atto, ovvero ad un’astratta pretesa di sua assoluta conformità al modello legale, ma deve essere espressione di una sua posizione qualificata, diretta ad eliminare la situazione di obiettiva incertezza che quella Delib. genera quanto all’esistenza dei diritti e degli obblighi da essa derivanti: la Delib. Assembleare è annullabile, infatti, sulla base del giudizio riservato al soggetto privato portatore di quella particolare esigenza di funzionalità dell’atto collegiale tutelata con la predisposta invalidità, esigenza che si muove al di fuori del complessivo rapporto atto-ordinamento. Da tali premesse discende che, persino, l’annullabilità della Delib. Assembleare per mancata (e non semplicemente intempestiva) comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea non può essere fatta valere allorchè il condomino, nei cui confronti la comunicazione è stata omessa, sia presente in assemblea, dovendosi presumere che lo stesso ne abbia avuto comunque notizia, rimanendo l’eventuale irregolarità della sua convocazione conseguentemente sanata (Cass. 27 marzo 2003, n. 4531).

Sempre nella stessa prospettiva, anche l’omessa indicazione di un argomento, poi deliberato, nell’ordine del giorno di un’assemblea condominiale, non può essere rilevata dal condomino dissenziente nel merito, se non ha preliminarmente eccepito in quella sede l’irregolarità della convocazione (Cass. 19 novembre 2009, n. 24456; Cass. 20 aprile 2001, n. 5889).

Dalle superiori indicazioni emerge che il condominio, partecipando all’assemblea senza far valere invalidità poste a protezione del suo interesse ad una consapevole partecipazione alla Delib., dimostra con un comportamento univoco che l’inosservanza della disciplina legislativa non ha inciso su tale interesse e, in definitiva, presta acquiescenza (secondo l’espressione utilizzata da Cass. 24 agosto 1998, n. 8344, richiamata dalla citata Cass. n. 24456 del 2009) a siffatta invalidità, sanandola (v., infatti, Cass. n. 4531 del 2003 cit.). Da tale premessa discende la coerente conseguenza processuale della infondatezza della domanda con la quale gli odierni ricorrenti hanno fatto valere l’annullabilità della Delib..

In conclusione, sebbene sia irrilevante il riferimento della sentenza impugnata al rispetto del termine, avendo riguardo all’assemblea di seconda convocazione, la decisione resta adeguatamente sorretta dal rilievo per il quale i ricorrenti hanno attivamente partecipato all’assunzione della Delib..

Peraltro, nè in sentenza nè in ricorso emerge che il L. e l’ A. abbiano sollevato la questione dell’intempestività dell’avviso.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1367,1138 c.c., in relazione all’art. 13 del regolamento condominiale.

Secondo i ricorrenti, a mente di tale previsione, l’amministratore non è soltanto obbligato a tenere a disposizione dei condomini i documenti nei dieci giorni precedenti l’assemblea, ma è anche obbligato al loro invio nel medesimo termine di dieci giorni prima di quest’ultima.

Rilevano i ricorrenti che del tutto irrilevante era la circostanza che il L. lo stesso giorno dell’assemblea avesse potuto visionare i documenti, nonostante ne avesse fatto richiesta in precedenza, con fax ed e-mail del 19 ottobre 2009.

In una nota a piè di pagina “per completezza e per la migliore comprensione del motivo” si denuncia l’inattendibilità della deposizione del teste T., si richiama varia corrispondenza e si menziona la deposizione del teste G., secondo il quale il L. avrebbe chiesto più volte senza successo all’amministratore la documentazione. Escluso che i riferimenti in nota esprimano una doglianza, anche per l’incipit che li connota, e rilevato che gli stessi si collocano al di fuori del perimetro di operatività dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si osserva che la censura, nel resto, è infondata.

Il testo dell’art. 13 del regolamento condominiale, per come riprodotto in ricorso, prevede la trasmissione, almeno dieci giorni prima della data dell’assemblea, ad ogni condomino di copia dei preventivi e dei rendiconti, ma non anche dei documenti contabili e giustificativi di cassa che, invece, devono solo essere tenuti, per lo stesso periodo di tempo, a disposizione dei richiedenti.

E’ pertanto infondato il motivo di ricorso, con il quale si lamenta la mancata trasmissione dei documenti contabili prima dell’assemblea (e negli stessi termini è riassunto il motivo di appello nella sentenza impugnata). Infatti la esplicita distinzione contenuta nell’art. 13 del regolamento tra le due forme comunicative previste (trasmissione per i preventivi e i rendiconti, messa a disposizione dei documenti giustificativi) non autorizza l’assimilazione prospettata dai ricorrenti. Quanto poi alle modalità con le quali il L. ha visionato la documentazione esse sono estranee al motivo di ricorso.

Le considerazioni della Corte territoriale intendono esprimere solo, in un’ottica di sostanziale verifica del rispetto degli interessi dei condomini, la piena conoscenza avuta dal primo degli atti necessari ad una consapevole partecipazione all’assemblea.

3. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 1135 c.c., in punto di attribuzioni dell’assemblea, e dell’art. 1123 c.c., comma 1, in punto di ripartizione delle spese, contestando la legittimità dell’addebito delle cd. spese personali, in via esclusiva al singolo condomino.

La doglianza è infondata.

I ricorrenti non contestano l’affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale viene in rilievo il recupero di spese vive relative alla corrispondenza loro inviata, solo a loro riferibili e da loro solo recuperabili.

Posto tale accertamento, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in materia di condominio negli edifici, gli oneri riguardanti le spese effettuate per fini individuali, come quelle postali e i compensi dovuti all’amministratore in dipendenza di comunicazioni e chiarimenti su comunicazioni ordinarie e straordinarie, sono inquadrabili nell’ambito dell’art. 1123 c.c., comma 2, purchè sia concretamente valutata la natura dell’attività resa al singolo condomino e la conseguente addebitabilità individuale o meno ad esso dei relativi costi (Cass. 10 maggio 2019, n. 12573).

Il riferimento dei ricorrenti a Cass. 6 ottobre 2008, n. 24696 è inconferente, poichè in quel caso si controverteva appunto della riferibilità delle spese al condominio, in un’ipotesi nella quale era pacifico che non vi fosse alcuna assunzione di tale obbligazione da parte del condomino, nè alcuna statuizione giudiziale.

Nel caso di specie, il profilo invece, come detto, non è controverso.

4. Con il quarto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1367 e 1138 c.c., in relazione all’interpretazione dell’art. 6 del regolamento condominiale, che detta un criterio di ripartizione delle spese per l’ascensore derogatorio rispetto a quanto indicato nell’art. 1124 c.c..

Si aggiunge che la fondatezza delle critiche dei ricorrenti era stata confermata dalla controparte, nell’ammettere, nella comparsa di costituzione, che l’amministratore, proprio in relazione ai rilievi svolti in sede di assemblea, aveva recepito siffatte indicazioni, operando una rettifica unilaterale e arbitraria del riparto, costituente confessione. Si aggiunge in una nota a piè di pagina che anche il secondo riparto non è corretto, poichè l’amministratore aveva tenuto conto del numero delle persone ma non del coefficiente di piano.

La doglianza è, nel suo complesso, infondata.

Secondo la Corte d’appello, il criterio finale adottato per il riparto è quello indicato nel regolamento condominiale (e sul punto la censura svolta nella nota a piè di pagina è meramente assertiva).

Gli stessi ricorrenti riconoscono come corrispondente al vero l’affermazione sviluppata dal condominio nella comparsa di risposta, secondo la quale “l’Amministratore del Condominio anche prendendo in considerazione e tenuto conto di quanto evidenziato dal L. nel corso dell’assembla del 22.10.09 nella 2 edizione del consuntivo (cioè quella che viene redatta dall’Amministratore dopo l’assemblea e nella quale viene recepito quanto emerso nel corso nell’assemblea con conseguente necessità di modificare la prima edizione) ha applicato anche la Variazione criterio di riparto spese ascensore come da regolamento condominiale”.

Ora, da tali considerazioni emerge – e il ricorso, nella sua assertività, non documenta una realtà diversa – che l’assemblea ha approvato un criterio di riparto diverso da quello adottato nella prima edizione redatta dall’amministratore, ponendo quest’ultima nella condizione di dovere modificare le proprie determinazioni.

In assenza di ulteriori specificazioni da parte dei ricorrenti, pertanto, deve ritenersi che l’assemblea, proprio come ritenuto dai giudici di merito, abbia recepito il criterio regolamentare invocato dall’attore.

E poichè oggetto dell’impugnativa non è l’operato dell’amministratore ma il contenuto della Delib., la doglianza è infondata.

5. In conseguenza, il ricorso va rigettato e i ricorrenti condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonchè delle questioni trattate.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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