Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18502 del 09/09/2011

Cassazione civile sez. VI, 09/09/2011, (ud. 13/07/2011, dep. 09/09/2011), n.18502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.F., elettivamente domiciliata in Roma, via Reno n.

21, presso lo studio dell’Avv. RIZZO Roberto, che la rappresenta e

difende per procura conferita a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Mazzini n. 134,

presso lo studio dell’avv. Fiorillo Luigi, che la rappresenta e

difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1982/09 della Corte d’appello di Roma,

pronunziata in causa n. 9027/04 r.g., depositata in data 10.11.09;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio in

data 13.07.11 dal Consigliere dott. Giovanni Mammone;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Finocchi Ghersi Renato.

Fatto

RITENUTO FATTO E DIRITTO

1.- Con sentenza del Tribunale di Roma veniva rigettata la domanda di C.F. di dichiarare nullo il termine apposto alla sua assunzione presso Poste Italiane s.p.a. per il periodo 3.7-30.9.00, motivata dalla “necessità di consentire l’espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre, nonchè in funzione delle punte di più intensa attività stagionale”, ai sensi dell’art. 8, comma 2, del c.c.n.l. 26.11.94.

2.- Proposto appello da C., costituitasi l’appellata Poste Italiane spa, la Corte d’appello di Roma con sentenza del 10.11.09 rigettava l’impugnazione.

Riteneva il giudice che il termine era correttamente apposto in quanto: a) la norma collettiva (art. 8, comma 2, ccnl 1994), in forza della delega conferita dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 è abilitata ad introdurre ipotesi di assunzioni a termine non previste dalla L. n. 230 del 1962; b) l’assunzione avvenuta nel periodo giugno- settembre soddisfa un’esigenza già valutata dalle parti collettive e non soggetta a sindacato giudiziale; c) la carenza di organico durante il periodo di fruizione delle ferie è pattiziamente accertata dalle parti stipulanti. Non era in ogni caso ostativa la pluralità di cause giustificatrici del termine.

3.- Proponeva ricorso per cassazione C.. Rispondeva con controricorso Poste Italiane. Il consigliere relatore ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c. ha depositato relazione, che è stata comunicata al Procuratore generale e notificata ai difensori costituiti assieme all’avviso di convocazione dell’adunanza.

4.- Parte ricorrente con unico articolato motivo deduce nullità del procedimento e della sentenza per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato ai sensi dell’art. 112 c.p.c., non essendo stato esaminato dal giudice di appello il motivo di impugnazione con cui si denunziava l’omesso esame da parte del primo giudice della questione dell’inapplicabilità della clausola dell’art. 8, comma 2, del c.c.n.l. 26.11.97, che non avrebbe potuto trovare applicazione, essendo stato il contratto de quo stipulato dopo il 31.12.97, data di cessazione del vigore del contratto collettivo.

5.- La clausola contrattuale oggetto di controversia è quella dell’art. 87 del c.c.n.l. 26.11.94 che, sotto la rubrica Decorrenza e durata, afferma “1. Fatte salve le diverse decorrenze espressamente indicate per i singoli istituti, il presente contratto ha decorrenza dalla data della stipulazione e rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 1997. 2. Dalla medesima data il rapporto di lavoro del personale dell’Ente è disciplinato dal codice civile – libro 5^ – dalle leggi che regolano il rapporto di lavoro nell’impresa, del regolamento d’azienda, dal presente contratto e dal contratto individuale. 3. La parte relativa al trattamenti economico scadrà il 31 dicembre 1995”.

Circa l’interprotazione di queste disposizioni le parti si sono confrontate nell’arco del giudizio di merito e continuano a confrontarsi nel giudizio di legittimità, in considerazione non solo della censura in esame ma anche delle obiezioni opposte della contro ricorrente, di modo che costituisce una evidente carenza della sentenza impugnata non aver affrontato l’aspetto della vigenza delle norme collettive ritenute nella specie applicabili.

6.- La giurisprudenza di questa Corte ritiene che i contratti collettivi di diritto comune, costituendo manifestazione dell’autonomia negoziale degli stipulanti, operano esclusivamente entro l’ambito temporale concordato dalle parti, atteso che l’opposto principio di ultrattività sino ad un nuovo regolamento collettivo – secondo la disposizione dell’art. 2074 cod. civ. -, ponendosi come limite alla libera volontà delle organizzazioni sindacali, sarebbe in contrasto con la garanzia prevista dall’art. 39 Cost. (Sezioni unite 30.5.05 n. 11325).

Con riferimento al contratto collettivo in esame (anche se con riguardo a fattispecie non afferente la problematica del contratto a termine), questa Corte ha ritenuto che a seguito della sua naturale scadenza ed in difetto di una regola di ultrattività, la relativa disciplina non è più applicabile, ed il rapporto di lavoro in precedenza regolato dal contratto resta disciplinato dalle norme di legge, salvo che le parti abbiano inteso, anche solo per facta condudentia, proseguire l’applicazione delle norme precedenti (Cass. 2.2.09 n. 2590, che ha ritenuto corretta la sentenza del giudice di merito che, in forza di esplicito accertamento di fatto, aveva concluso per l’esistenza della volontà delle parti collettive di proseguire nell’applicazione del contratto collettivo de quo).

7.- Nel caso di specie, essendo mancato l’esame della questione ed essendo stato omesso al riguardo ogni accertamento di fatto, deve accogliersi il ricorso, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale procederà a nuovo esame, affrontando preliminarmente il motivo di appello non considerato alla luce del principio di diritto sopra indicato, previo l’espletamento degli accertamenti di fatto consentiti dai mezzi probatori messi a disposizione dalle parti in causa.

Allo stesso giudice va rimessa la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2011

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