Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18501 del 21/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 21/09/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 21/09/2016), n.18501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1955-201i proposto da:

FIAT GROUP AUTOIMOBILES S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona dei legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA

TAMAJO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIACINTO FAVALLI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.A., C.F. (OMISSIS), R.P. C.F. (OMISSIS),

F.F. (OMISSIS), D.P.I. C.F. (OMISSIS), domiciliati

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MIRCO GIOVANNI

RIZZOGLIO giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

B.C., + ALTRI OMESSI

– intimati –

avverso la sentenza n. 1020/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/01/2012 r.g.n. 779/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/01/2016 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE;

udito l’Avvocato SALIMBENI MARIA TERESA per delega DE LUCA TAMAJO

RAFFAELE;

udite il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.,

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il ridotte del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 1020/2012, depositata l’11 gennaio 2012, la Corte di appello di Milano respingeva il gravame di Fiat Group Automobiles S.p.A. avverso la sentenza di primo grado del Tribunale di Milano che, in accoglimento del ricorso di B.C. e altri lavoratori, aveva accertato la illegittimità delle sospensioni in CIGS disposte nei confronti degli stessi con effetto dal (OMISSIS) e condannato conseguentemente la datrice di lavoro al pagamento delle differenze tra la retribuzione loro spettante e il trattamento di CIGS percepito.

La Corte, per quanto di interesse, osservava che la disciplina di cui al D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, art. 2 non aveva efficacia abrogativa della disposizione della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, relativa all’obbligo datoriale di comunicare, in avvio della procedura, alle organizzazioni sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonchè le modalità di rotazione; che, qualora la comunicazione di apertura risulti generica, e tale era certamente da ritenersi quella oggetto di causa, si è in presenza di una violazione dell’obbligo di comunicazione che non può essere sanata dalla effettività del confronto con le stesse organizzazioni sullo specifico tema; che infine doveva essere disatteso anche il motivo di appello relativo alla mancata valutazione della circostanza che gli appellati erano stati sospesi a seguito dell’accordo del 18/3/2003, una volta rinnovata la procedura, posto che tale accordo si era limitato a formulare un generale sistema di rotazione dall’aprile 2003, senza peraltro indicare il procedimento di individuazione dei soggetti interessati, e comunque, essendo il rinnovo intervenuto a procedura iniziata, esso non avrebbe potuto soddisfare l’esigenza dei lavoratori di verificare se l’utilizzo della cassa integrazione fosse coerente con il programma di superamento della crisi e, quindi, di tutelare la propria posizione Individuale.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la società con tre motivi; hanno resistito con controricorso I.A., R.P., F.F. e D.P.I..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 20 in relazione alla L. n. 223 del 1991, art. 1 ed al D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218, nonchè violazione dell’art. 15 Preleggi, la società ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ritiene che la disciplina, di cui al citato D.P.R. n. 218 del 2000, non abbia alcuna efficacia abrogativa della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, relativo all’obbligo datoriale di comunicare, in avvio della procedura, alle organizzazioni sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, nonchè le modalità di rotazione. Al riguardo, la ricorrente osserva che la normativa, di cui al D.P.R. n. 218 del 2000, regola integralmente la materia già disciplinata dalla L. n. 223 del 1991 e, pertanto, in difetto di espresse eccezioni, nella specie insussistenti, in base a quanto stabilito dall’art. 15 preleggi, sostituisce, In ogni sua parte, la precedente normativa, ivi compresa la parte relativa alle comunicazioni di apertura alla RSU e alle organizzazioni sindacali; che nessun vincolo alla possibilità di siffatta abrogazione deriva dalla posizione e dal ruolo del sindacato nella procedura, atteso che la fase delle comunicazioni è interna alla procedura o, quanto meno, ad essa connessa; che, in ogni caso, la nuova disciplina non lede alcun diritto soggettivo del sindacato e, tanto meno, dei singoli; che l’abrogazione della precedente disciplina deriva direttamente dalla Legge delega n. 59 del 1997, art. 20, comma 4.

Con il secondo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, e della L. n. 164 del 1975, art. 5, commi 4, 5 e 6 nonchè insufficiente, contraddittoria e/o omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la Corte di appello osserva che, qualora la comunicazione di apertura sia generica e non rispondente alla finalità di porre le organizzazioni sindacali in grado di conoscere i criteri di scelta, si è in presenza di una palese violazione dell’obbligo di comunicazione, che non può essere certamente sanato dalla ritenuta effettività del confronto con le 00.SS. sullo specifico tema, atteso che la società aveva comunque posto le stesse nelle condizioni di dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare; ed inoltre censura la sentenza laddove la Corte di appello afferma che, circa la genericità di tale comunicazione, non possono sorgere dubbi, ciò desumendosi in primis dalla lettura della comunicazione ma poi dalle stesse difese della società, che ha sempre eccepito la non necessità di specificazione sui criteri di individuazione contenuti nel testo della lettera di apertura, potendo essere i dati integrati successivamente nel corso degli incontri sindacali.

Al riguardo, osserva la ricorrente che la motivazione della sentenza sarebbe viziata: per non avere la Corte di appello verificato in alcun modo il contenuto della comunicazione di apertura nonostante il contenuto della stessa fosse stato puntualmente messo in rilievo nel ricorso in appello; per non avere, quindi, in alcun modo argomentato circa il perchè la predetta comunicazione non sarebbe esaustiva e, quindi, aderente al dettato normativo; per non avere, comunque, legittimamente applicato e interpretato le norme di legge richiamate.

Con il terzo motivo, deducendo insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’accordo sindacale 18 marzo 2003, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che detto accordo si fosse limitato a formulare un generale sistema di rotazione a partire dall’aprile 2003, senza peraltro indicare il procedimento di individuazione dei soggetti interessati, e per avere escluso, peraltro limitandosi a richiamare una pronuncia di legittimità resa in altro giudizio, che il rinnovo, intervenuto a procedura ormai Iniziata, potesse soddisfare l’esigenza consentita ai lavoratori di verificare se l’utilizzo della CIGS fosse coerente con il programma di superamento della crisi e, quindi, di tutelare la propria posizione individuale.

Il ricorso deve essere respinto.

Il primo motivo è infondato.

La Corte di appello si è, infatti, uniformata al consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale “in tema di procedimento per la concessione della CIGS deve escludersi qualsiasi incompatibilità tra la normativa regolamentare introdotta con il D.P.R. 10 giugno 2000, n. 218 e le disposizioni della L. 23 luglio 1991, n. 223: la disciplina regolamentare, che si limita ad imporre all’imprenditore che intenda chiedere l’intervento straordinario di integrazione salariale l’obbligo di dare tempestiva comunicazione alle RSU e, solo in mancanza di esse, alle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, nulla dice sul contenuto concreto della comunicazione, nè detta alcuna disciplina in ordine ai criteri di scelta e, pertanto, non ha in alcun modo Inciso sugli obblighi di rilevanza collettiva di cui alla L. n. 223 citata, art. 1, commi 7 e 8 la cui modifica avrebbe d’altronde ecceduto i limiti della delega prevista dalla L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 20. Nè la normativa regolamentare ha spostato l’informazione circa i criteri di scelta e le modalità della rotazione dal momento iniziale della comunicazione datoriale di avvio della procedura di integrazione salariale a quello, immediatamente successivo, dell’esame congiunto, atteso che, così opinando, il contenuto della norma di cui al D.P.R. n. 218 cit., art. 2 sarebbe del tutto estraneo all’ esigenza di semplificazione del procedimento amministrativo e avrebbe come conseguenza solo l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con la compressione dei diritti di informazione spettanti al sindacato, dando luogo ad un sistema di consultazione sindacale palesemente inadeguato” (Cass 9 giugno 2009 n. 13240). Conformi Cass. n 15393/2009; n. 26587/2011 (ord.); n. 193/2016.

Anche il secondo motivo è infondato.

La Corte di appello, per ciò che attiene al profilo della violazione di legge, si è invero attenuta alla consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di specificità dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere (cfr. fra le altre Cass. 1 febbraio 2011 n. 2357); mentre, per ciò che attiene al vizio di cui all’art. 360, n. 5, ha proceduto all’esame della lettera di apertura della CIGS in data (OMISSIS), motivando in proposito per relationem mediante richiamo a rilievi contenuti in altre pronunce (in particolare, Cass. 1 luglio 2009 n. 15393) e comunque svolgendo in proposito proprie, seppure sintetiche, osservazioni.

Il terzo motivo è inammissibile per difetto di “autosufficienza”.

E’, infatti, preliminare ad ogni altro il rilievo che la società ricorrente non ha riportato, ad illustrazione del motivo, la trascrizione (integrale o eventualmente anche sintetica, purchè esauriente) del testo dell’accordo sindacale del 18 marzo 2003, al quale si riferisce la parte della motivazione oggetto di censura, nè della correlata lettera di apertura della nuova procedura, che fornirebbe argomenti per una lettura dell’accordo diversa da quella fatta propria dalla Corte territoriale (sulla scorta della richiamata Cass. n. 2357/2011), non precisando neppure in quale luogo dei propri fascicolo di merito tali documenti sarebbero stati depositati.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per onorari, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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