Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18499 del 21/09/2016


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Cassazione civile sez. lav., 21/09/2016, (ud. 06/04/2016, dep. 21/09/2016), n.18499

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30128-2014 proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO BERTOLONI 44/46, presso Io studio degli avvocati MATTIA

PERSIANI, GIOVANNI BERETTA che la rappresentano e difendono, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.B., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GRASSI

(Consulenti Visentini Marchetti & Associati), che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato CARLO CANESSA, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 648/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 24/09/2014 R.G.N. 128/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO RIVERSO;

udito l’Avvocato BERETTA GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza 648/2014, depositata il 24.09.2014, la Corte d’Appello di Firenze rigettava l’appello proposto dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali 8 CNRP) contro la sentenza con cui il Tribunale di Rimini aveva rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo concesso a favore di G.B. allo scopo di ottenere la maggiore quota di pensione, di cui era titolare dall'(OMISSIS), tenuto conto del principio del pro-rata, secondo i criteri previgenti alla Delib. 22 giugno 2002; con condanna della Cassa al pagamento delle differenze sulle mensilità percepite.

A fondamento della pronuncia, la Corte sosteneva che le delibere peggiorative adottate dalla Cassa (22.6.2002 e successive) fossero da ritenersi non operative sulla base della ritenuta illegittimità del regolamento della Cassa in parte qua, e che la disposta salvezza degli atti e delle deliberazioni (L. n. 296 del 20006) non valesse a sanare tale illegittimità; che anche la disposizione modificativa di cui alla L. n. 296 del 2006 valeva solo per le delibere adottate dopo il 1 gennaio 2007; che le norme che si definivano di interpretazione autentica tali non fossero e non potessero avere perciò efficacia retroattiva in quanto intervenivano su un indirizzo consolidato che evidenziava una interpretazione uniforme, salve le esigenze di carattere generale (Corte Cost. n. 78/2012); che esse non potessero intervenire a modificare l’esito di giudizi in corso (art. 6 CEDU); e che di tali corretti principi avesse fatto applicazione la Cass. n 17892/2014 escludendo che anche la disposizione di cui alla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 448, (finanziaria per il 2014) potesse definirsi di interpretazione autentica, pena la sua incostituzionalità anche con riferimento al richiamato art. 6 CEDU. Avverso detta sentenza la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali ha proposto ricorso articolato su due motivi. Ai quali ha resistito G.B. con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la Cassa censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, in relazione alla norma di interpretazione autentica di cui alla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 sostenendosi che le norme sopravvenute hanno sanato retroattivamente le delibere adottate dalle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria (e, quindi, anche dalla CNRP) che non hanno applicato rigorosamente il principio del pro rata, conservandone, pertanto, la piena legittimità ed efficacia.

2. Col secondo motivo la Cassa denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) lamentandosi che la sentenza impugnata avrebbe ricostruito il principio del pro rata in maniera distorta ritenendo che esso, derogando al generale criterio dell’applicazione della normativa vigente al momento della maturazione dei requisiti per la pensione, consente di salvaguardare periodi di anzianità contributiva per i quali non è maturato alcun diritto a pensione; e nel senso che detto principio consente al pensionato di conservare, nell’ambito dello stesso sistema, il criterio quantitativo di determinazione della pensione a sè più favorevole. Non sussiste, invece, un diritto quesito dell’assicurato a conservare i più favorevoli criteri di liquidazione della prestazione precedentemente vigenti, in quanto il diritto a pensione viene ad esistenza solo nel momento in cui sono realizzati i requisiti previsti dalla legge. In conseguenza, le delibere adottate ben potevano rettificare in senso peggiorativo il previgente regime di calcolo del trattamento pensionistico, con riguardo alle posizioni assicurative degli iscritti che non avessero ancora maturato i requisiti per accedere a quel trattamento.

3. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente con riferimento alle ritenute illegittime produzioni documentali effettuate dalla Cassa. In realtà la produzione documentale (trattasi di delibere e regolamenti, oltre che di precedenti giurisprudenziali), sulla cui esistenza e contenuto non si è mai dubitato nelle precedenti fasi del giudizio, si è resa necessaria avanti questa Corte per il rispetto dovuto al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e per la natura dei motivi sollevati con il ricorso.

4.4. Con la memoria presentata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. la Cassa di Previdenza chiede alla Corte di cassazione di dare interpretazione all’art. 53, comma 4, del regolamento di esecuzione del 2004 (testo introdotto dalle Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003), nella parte in cui prevede che la quota retributiva delle pensioni di anzianità, così come fissata dal precedente art. 50, sia ridotta mediante l’applicazione del coefficiente di neutralizzazione fissato in relazione all’età compiuta dall’assicurato. Tale richiesta riprende un passo del ricorso per cassazione, inserito nella trattazione del terzo motivo di impugnazione, ove è compiutamente descritta la dinamica dell’applicazione del coefficiente in questione (capo n. 46). La questione, tuttavia, non è stata oggetto di trattazione nella sentenza di appello e nello stesso ricorso per cassazione non è posta a base dell’impugnazione, costituendo il riferimento all’art. 50 del regolamento ivi contenuto un mero passaggio dell’esposizione della complessa normativa applicabile al trattamento pensionistico applicabile agli iscritti alla CNRP.

Al riguardo deve rilevarsi che nel giudizio civile di legittimità le memorie di cui all’art. 378 c.p.c. sono destinate esclusivamente ad illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l’atto di costituzione ed a confutare le tesi avversarie, ma non possono specificare od integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non fossero state adeguatamente prospettate o sviluppate con detto atto introduttivo, nè possono dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito, in quanto ne risulterebbe violato il diritto di difesa della controparte (S.u. 15.05.06 n. 11097 e, a sez. semplice, 28.08.07 n. 18195). Ne consegue che con la memoria è stata dedotta una questione nuova, inammissibilmente proposta ed estranea al presente giudizio di legittimità.

5. Ciò posto, si deve passare all’esame dei motivi i quali possono esaminarsi congiuntamente in quanto pongono questioni di interpretazione delle leggi che delineano l’intero quadro normativo che disciplina la materia dei trattamenti pensionistici erogati dalla CNRP. A fondamento della decisione debbono richiamarsi i seguenti principi enunciati dalle Sezioni unite con la sentenza 16.09.15 n. 18136 a composizione di un contrasto giurisprudenziale insorto nell’ambito della Sezione ordinaria.

A. Nel regime dettato dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12 (di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche apportare dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), art. 1, comma 763, alla disposizione dell’art. 3, comma 12 Legge di riforma, e quindi con riferimento alle prestazioni pensionistiche maturate prima del 10 gennaio 2007, la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata – il cui rispetto è prescritto per gli enti previdenziali privatizzati ex D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, quale è la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti – ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei criteri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare degli enti suddetti. Pertanto con riferimento alle modifiche regolamentari adottate dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003), che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regolamentare, la quota A di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota 5, calcolata con il criterio contributivo, opera – per il calcolo della quota A dei trattamenti pensionistici liquidati fino al 31 dicembre 2006 – il principio del pro rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio di calcolo della pensione.

B. Invece per i trattamenti pensionistici maturati a partire dal 10 gennaio 2007 trova applicazione il medesimo L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, ma nella formulazione introdotta dalla citata L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, “avendo presente” – e non più rispettando in modo assoluto – il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni, con espressa salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. n. 296 del 2006. Tali atti e deliberazioni, in ragione della disposizione qualificata di interpretazione autentica recata dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine. Consegue che è legittima la liquidazione dei trattamenti pensionistici fatta dalla Cassa con decorrenza del 10 gennaio 2007 nel rispetto della citata normativa regolamentare interna (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 novembre 2003)”.

C. L’applicazione di tali principi non dà luogo alla violazione di quelli enunciati dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo paventata dalla parte intimata con la memoria di costituzione. Al riguardo può farsi rinvio alla motivazione della sentenza delle Sezioni unite 8.09.15 n. 17742 che, con riferimento alla fattispecie in esame esclude la violazione di detti parametri.

6. Tenendo conto di tali principi, deve rilevarsi che nella fattispecie in esame l’assicurato ha maturato il diritto a pensione a decorrere dal dall'(OMISSIS), e che, quindi, risultano rilevanti tanto la modifica apportata alla L. n. 335, art. 3, comma 12, dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, quanto l’interpretazione data dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488.

7. Il ricorso è, dunque, fondato e deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e – ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 – pronunzia di rigetto della domanda. In ragione dell’incertezza della giurisprudenza e dei dubbi interpretativi che hanno sollecitato l’intervento delle Sezioni Unite, sussistono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.

8. Deve darsi atto che non sussistono le condizioni richieste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di G.B.. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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