Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18499 del 02/09/2014
Civile Sent. Sez. 6 Num. 18499 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO
SENTENZA
sentenza con motivazione
semplificata
sul ricorso proposto da:
COMITO Pietro Paolo (MT PRP 731129 A091J), rappresentato e
difeso, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Gaetano Apicella, domiciliato in Roma, via
Somma Campagna n.9, presso lo studio dell’Avvocato Oreste
Carracino;
– ricorrente contro
L
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
pro
tempore;
– intimato –
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli
depositato in data 17 ottobre 2012.
Data pubblicazione: 02/09/2014
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20 maggio 2014 dal Presidente relatore Dott.
Stefano Petitti;
senti.to l’Avvocato Gaetano Apicella.
2012 presso la Corte d’appello di Napoli, Comito Pietro
Paolo chiedeva la condanna dal Ministero della giustizia
al pagamento dei danni non patrimoniali derivanti dalla
irragionevole durata del processo penale a suo carico,
iniziato nel 2006 e definito con sentenza del 18 ottobre
2011;
che
l’adita
Corte
d’Appello
ha
dichiarato
inammissibile il ricorso ritenendo che lo stesso fosse
stato proposto oltre il termine semestrale previsto
dall’art. 4 della legge n. 89 del 2001;
che la decisione della Corte muove dalla
considerazione che il ricorso per l’equa riparazione era
stato depositato in data 11 maggio 2012, mentre il termine
ultimo andava individuato – ex art. 585 cod. proc. pen. nel 2 maggio 2012, atteso che, per tutte le parti presenti
in giudizio, il termine per l’impugnazione è di 15 giorni
decorrenti dalla lettura del provvedimento in udienza, e
tale circostanza, nel caso di specie, si era verificata il
18 ottobre 2012;
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Ritenuto che, con ricorso depositato in data 11 maggio
che per la cassazione di questo decreto Comito Pietro
Paolo ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo;
che l’intimato Ministero non ha svolto difese.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso il ricorrente deduce
violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 della
legge n. 89 del 2001, e degli artt. 648, 548, 570, 585 n.
2, lett. d), cod. proc. pen., per avere la Corte d’Appello
dichiarato il ricorso inammissibile non tenendo conto, ai
fini dell’individuazione del momento di definitività della
sentenza, del diverso termine d’impugnazione previsto per
il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello, il
quale decorre, ai sensi dell’art. 585 cod.
allo spirare del quindicesimo giorno
proc. pen.,
successivo
alla
avvenuta comunicazione dell’avviso di deposito,
effettuata, nel caso di specie, in data 11 novembre 2011;
che, pertanto, il termine utile per la proposizione
del ricorso
per equa
riparazione
avrebbe
dovuto essere
individuato nel 26 maggio 2011, con la conseguenza che il
ricorso dichiarato inammissibile era ancora in termini;
che la doglianza è fondata, e merita accoglimento;
che, ai sensi dell’art. 4 della legge n. 89 del 2001,
la domanda di equa riparazione per irragionevole durata
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della motivazione semplificata nella redazione della
del processo deve essere proposta, a pena di decadenza,
nel termine di sei mesi dal momento in cui la decisione
che
conclude il medesimo procedimento è divenuta
definitiva;
individuata nel momento di formazione del c.d. giudicato
formale, a partire da tale data decorrendo il termine
semestrale per la proposizione del ricorso;
che, per consolidato orientamento di questa Corte, “in
tema di equa riparazione per violazione del termine
ragionevole di durata del processo, ai fini
dell’individuazione della data di decorrenza del termine
di decadenza di sei mesi per la proponibilità della
domanda, la decisione conclusiva del procedimento, nel
quale la violazione si assume verificata, diventa
“definitiva” con il passaggio in giudicato della sentenza
che lo definisce” (Cass. n. 1775 del 2012);
che, affinché si configuri il passaggio in giudicato
di un provvedimento, è necessario che sia spirato, per
tutte le parti legittimate a farlo, il termine per
proporre impugnazione, altrimenti il procedimento risulta
ancora pendente, data la possibilità che lo stesso
prosegua in un ulteriore grado;
che, in base al dettato dell’art. 585, lett. d), cod.
proc. pen., il termine per proporre impugnazione decorre,
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che la definitività del provvedimento presupposto, va
per il procuratore generale presso la orte di appello, dal
giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la
comunicazione dell’avviso di deposito con l’estratto del
provvedimento, rispetto ai provvedimenti emessi in udienza
dalla corte di appello;
che, nel caso di specie, la comunicazione al
Procuratore Generale dell’avviso di deposito del
provvedimento era stata effettuata in data 11 novembre
2011;
che solo a partire da questo momento decorrevano i 15
giorni per la proposizione dell’impugnazione;
che, dunque, ha errato la Corte partenopea nel non
considerare la circostanza di cui sopra ai fini della
individuazione del momento di definitività del
provvedimento conclusivo del procedimento presupposto;
che, pertanto, il dies a quo del termine semestrale di
decadenza per la proponibilità della domanda per l’equa
riparazione da irragionevole durata decorreva non a
partire dal 2 novembre 2011, in quanto allora il termine
per l’impugnazione del provvedimento era ancora pendente
per il procuratore generale, bensì dal 26 novembre 2011,
e, di conseguenza, il termine ultimo per la domanda di
equa riparazione spirava il 26 maggio 2012, e la domanda
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da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso
presentata in data 15 maggio 2012 andava considerata
ammissibile;
che, in conclusione, il ricorso deve essere accolto,
con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio
composizione, la quale provvederà anche alla
regolamentazione delle spese del presente-giudizio.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte
impugnato e
accoglie
rinvia
il ricorso;
cassa
il decreto
la causa, anche per le spese del
giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Napoli in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione,
della causa alla Corte d’appello di Napoli in differente