Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18495 del 10/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 10/07/2019, (ud. 16/04/2019, dep. 10/07/2019), n.18495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12044-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 974/5/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

20/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 16/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso una sentenza della CTR della Sicilia, sezione staccata di Catania, di accoglimento dell’appello proposto dal contribuente B.G. avverso una decisione della CTP di Ragusa, di rigetto del ricorso da quest’ultimo proposto avverso il diniego di rimborso del 90% dell’IRPEF da lui versata negli anni 1990, 1991 e 1992 su redditi di lavoro subordinato, per essere egli residente in uno dei Comuni colpiti dagli eventi sismici del dicembre 1990; invero la CTR aveva ritenuto che detto rimborso spettasse al contribuente, ai sensi dell’art. 9 comma 17 della L. n. 289 del 2002.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a tre motivi;

che, con il primo motivo, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,19 e 21, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere la CTR dichiarato inammissibile l’appello proposto dal contribuente per omessa indicazione, nell’istanza di rimborso, del quantum chiesto; invero le domande prive dell’indicazione degli importi chiesti in restituzione non potevano considerarsi giuridicamente valide e non erano idonee alla formazione di un silenzio rifiuto impugnabile;

che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17; della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 (c.d. legge di stabilità 2015); della VI Dir. n. 77/388/CEE, come interpretata dalla Corte di giustizia delle comunità Europee con la sentenza del 17 luglio 2008 in causa C132/06; dell’ordinanza della sesta sezione della Corte di giustizia delle Comunità Europee del 15 luglio 2015 in causa C-82/14; del Trattato del Funzionamento dell’Unione Europea, art. 107 e art. 108, par. 3, nonchè della decisione della Commissione Europea C/2015, 5549 final, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente la CTR aveva ritenuto come dovuto un rimborso, legittimamente negato al contribuente in primo grado; invero era pacifico che il contribuente negli anni in discussione era soggetto economico che aveva svolto attività d’impresa, si che il rimborso di imposte effettuato in suo favore era da qualificare come aiuto di Stato, contrario all’ordinamento dell’unione Europea, avendo la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, escluso dal beneficio in esame i soggetti che svolgevano attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione era stata sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’unione Europea; ed il concetto di attività d’impresa era da intendere in modo estensivo, si che erano da ritenere esercenti attività d’impresa anche i soggetti, che, come il contribuente, avevano percepito, negli anni 1990, 1991 e 1992, redditi di partecipazione, come poteva evincersi dalle dichiarazioni dei redditi (modello 740), presentate dal contribuente negli anni anzidetti; anche detti redditi rientravano infatti nel concetto di attività d’impresa, così come delineato dalla normativa nazionale e dalla giurisprudenza Europea;

che, con il terzo motivo, l’Agenzia lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, così come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, normativa quest’ultima applicabile al presente giudizio, atteso che la sentenza impugnata era stata depositata il 18 settembre 2017 e quindi dopo l’entrata in vigore del D.L. n. 91 del 2017, citato art. 16 octies(13 agosto 2017); invero tale articolo era da ritenere applicabile a tutti i giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore ed era riferibile a tutte le istanze presentate, si che le somme da corrispondere erano destinate a ridursi in percentuale, nel caso che gli importi complessivamente dovuti eccedessero le risorse stanziate in bilancio;

che il contribuente non si è costituito;

che è opportuno trattare inizialmente il secondo motivo di ricorso, il quale è fondato;

che, invero la sentenza impugnata ha accolto il ricorso del contribuente senza pronunciarsi sulla questione preliminare, consistente nella qualificazione della natura dei redditi percepiti dal contribuente, se cioè si trattava di redditi da lavoro dipendente ovvero di redditi da impresa, spettando solo ai primi il rimborso di quanto indebitamente versato;

che, invero, la L. n. 123 del 2107, art. 16 octies, comma 1, lett. b), di conversione con modifiche del D.L. n. 91 del 2017, ha modificato la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, specificando espressamente che fra i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, i quali abbiano versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10% previsto dall’art. 9, comma 17 e successive modificazioni, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato solo i titolari di redditi di lavoro dipendente nonchè i titolari di redditi equiparati ed assimilati a quelli di lavoro dipendenti in relazione alle ritenute subite;

che sono da ritenere esclusi pertanto dai benefici fiscali in esame i soggetti che abbiano percepito redditi da impresa;

che, nel delineare la categoria dei soggetti percettori di redditi da impresa, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 29905 del 2017; Cass. n. 3070 del 2018) ha chiarito come la nozione Eurounitaria d’impresa include qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detto soggetto e dalle sue modalità di finanziamento, dovendosi qualificare come economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (Corte giustizia: 23/04/1991, Hofner & Elser; 16/11/1995, Federation francaise des societes d’assurances; 11/12/1997, Job Centre; 16/06/1987, Commissione vs. Italia; 01/07/2008, Motoe; 26/03/2009, Selex Sistemi Integrati);

che quanto sopra si raccorda sia con la normativa fiscale Europea, la quale stabilisce che è soggetto passivo d’IVA chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività (Dir. UE, n. 2006/112/CE, art. 9, par. 1,; conf. Dir. UE, n. 77/388/CE, art. 4), sia con la normativa Europea sugli appalti pubblici, laddove si stabilisce che i termini imprenditore, fornitore e prestatore di servizi designano una persona fisica o giuridica o un ente pubblico o un raggruppamento di persone e/o enti che offra sul mercato, rispettivamente la realizzazione di lavori e/o opere, prodotti e servizi (Dir. UE, n. 2004/18/CE, art. 1, par. 8);

che, pertanto, la CTR avrebbe dovuto preliminarmente accertare se il reddito prodotto dal contribuente fosse da qualificare come reddito da lavoro subordinato ovvero come reddito d’impresa, atteso che lo svolgimento di un’attività inquadrabile in quella d’impresa costituisce limite all’applicabilità del beneficio in esame, previsto dalla L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, prima parte, posto che il diritto al rimborso delle imposte versate per il triennio 1990-1992 in misura superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, in favore dei soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’ord. del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, art. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, è espressamente escluso per “quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea”, atteso che la Corte di giustizia, con la sentenza del 17/07/2008, in causa C-132/06, aveva già rilevato l’incompatibilità delle disposizioni condonistiche, di cui alla L. n. 289 del 2002, con il sistema comunitario dell’IVA, in quanto, introducendosi rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano, si finiva per alterare il principio della neutralità fiscale;

che, alla stregua delle considerazioni che precedono, il motivo di ricorso in esame va accolto, non essendosi la CTR attenuta ai principi sopra descritti, avendo essa riconosciuto al contribuente il diritto al rimborso fiscale senza accertare se il medesimo svolgesse o meno attività d’impresa; invero la CTR si è pronunciata solo su differenti questioni e cioè sulle modalità con cui poteva avvenire la definizione automatica della posizione fiscale del contribuente, nonchè sul termine entro il quale poteva essere presentata l’istanza di rimborso;

che il terzo motivo di ricorso, concernente violazione e falsa applicazione della L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, così come modificato dal D.L. n. 91 del 2017, art. 16 octies, convertito dalla L. n. 123 del 2017, è infondato, in quanto i provvedimenti amministrativi, che dovranno fissare i criteri di assegnazione dei limitati fondi stanziati in bilancio, da destinare ai rimborsi anzidetti, opereranno entro i limiti delle risorse stanziate, si che le questioni connesse ai conseguenziali provvedimenti liquidatori che saranno emessi dall’Agenzia delle entrate verranno in rilievo solo nella fase esecutiva ovvero nell’eventuale fase dell’ottemperanza (cfr., in termini, Cass. n. 29906 del 2017);

che l’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata e la rimessione degli atti alla CTR della Sicilia, sezione distaccata di Catania, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

che è da ritenere assorbito il primo motivo di ricorso.

P.Q.M.

la Corte, rigettato il terzo motivo di ricorso e ritenuto assorbito il primo, accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Sicilia, sezione distaccata di Catania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2019

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