Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18491 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. II, 04/09/2020, (ud. 11/02/2020, dep. 04/09/2020), n.18491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 33871-2018 proposto da:

Z.A., rappresentato e difeso dall’Avvocato SILVESTRO

PIERO PLUMARI, presso il cui studio a Troina, corso Campania 12,

elettivamente domicilia, per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.F. e P.A.V., rappresentati e difesi

dall’Avvocato ANTONINO MANCUSO, presso il cui studio a Troina, via

Carlo Marx 2, elettivamente domiciliano, per procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 998/2018 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO,

depositata il 16/5/2018;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica

dell’11/2/2020 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale della Repubblica PEPE ALESSANDRO, il quale ha concluso per

l’accoglimento del ricorso;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato SILVESTRO PLUMARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha dichiarato inammissibile la domanda con la quale Z.A. aveva chiesto di condannare C.F. e P.A.V. alla restituzione della somma di Euro 4.400,00, dallo stesso versata in esecuzione della condanna al pagamento delle spese legali contenuta nella sentenza della corte d’appello di Caltanissetta n. 342 del 2006, cassata con rinvio dalla Corte di cassazione con sentenza n. 13211 del 2013.

La corte, in particolare, ha ritenuto che, a norma dell’art. 389 c.p.c., la domanda doveva essere necessariamente proposta innanzi al giudice di rinvio quale giudice funzionalmente ed inderogabilmente competente a decidere sulle domande di restituzione o di riduzione in pristino conseguenti al giudizio di cassazione.

Z.A., con ricorso notificato il 16/11/2018, ha chiesto, per un motivo, la cassazione della sentenza, dichiaratamente non notificata.

Con controricorso notificato il 28/12/2018, hanno resistito C.F. e P.A.V. i quali, in particolare, hanno dedotto che, nelle more, il giudice di rinvio, con sentenza del 26/6/2017, ritenendosi investito del compito di regolare le spese di tutti i gradi di giudizio, ha interamente compensato le spese di tutti i gradi del giudizio, e che questa sentenza era stata dagli stessi impugnata per cassazione.

Gli stessi controricorrenti, infine, con le “note autorizzate” del 31/10/2019, hanno dedotto che la sentenza del giudice di rinvio è stata a sua volta cassata con ordinanza della Corte di cassazione n. 20670 del 31/7/2019 con ulteriore rinvio alla corte d’appello di Palermo anche per regolare le spese del giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con l’unico motivo che ha articolato, il ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 389 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato l’inammissibilità della domanda, che lo stesso aveva proposto, di restituzione della somma versata in esecuzione della condanna al pagamento delle spese legali contenuta nella sentenza della corte d’appello di Caltanissetta n. 342 del 2006, poi cassata con rinvio.

1.2. Così facendo, infatti, ha osservato il ricorrente, la corte d’appello ha omesso di considerare che la domanda di restituzione e di riduzione in pristino di cui all’art. 389 c.p.c. è del tutto diversa, quanto a causa petendi e petitum, rispetto alla domanda proposta nel giudizio di rinvio ai sensi dell’art. 392 c.p.c., e che, pertanto, la domanda di restituzione delle somme versate in forza di una sentenza successivamente cassata può essere proposta anche con un’azione autonoma e, dunque, al di fuori del giudizio di rinvio relativo alla causa principale.

2.1. Il motivo è fondato. Questa Corte, invero, ha già avuto modo di affermare il principio per cui, in tema di cassazione con rinvio, le domande di restituzione o di riduzione in pristino di cui all’art. 389 c.p.c. possono essere proposte al giudice designato ai sensi dell’art. 383 c.p.c. anche in via autonoma rispetto a quelle oggetto del giudizio di rinvio (Cass. SU n. 12190 del 2004; Cass. n. 13454 del 2011; Cass. n. 25355 del 2018). Nel codice di rito, in effetti, non si rinviene alcun divieto o impedimento a promuovere separatamente, innanzi al giudice designato a norma dell’art. 383 c.p.c., il giudizio di rinvio e quello per le restituzioni o la riduzione in pristino, essendo, anzi, tale possibilità desumibile dall’espressa previsione, contenuta nell’art. 389 c.p.c., di un giudizio autonomo per la restituzione o la riduzione in pristino.

2.2. Nè, ove i due giudizi promossi separatamente non vengano riuniti, sussiste violazione dell’art. 273 c.p.c. (o dell’art. 274 c.p.c.) ed, a seguito della decisione separata, del principio del ne bis in idem, in quanto le causae petendi dei due giudizi sono diverse posto che, nel giudizio di restituzione (o di riduzione in pristino), il diritto che ne è l’oggetto è solo quello a conseguire tali effetti laddove, al contrario, nel giudizio di rinvio ha luogo, nei limiti della disposta cassazione, una nuova pronuncia sul thema decidendi della controversia ed, in ragione del suo esito, sulle relative spese processuali.

2.3. La domanda di restituzione (o di riduzione in pristino) della parte che ha eseguito delle prestazioni in base a sentenza cassata, prevista dall’art. 389 c.p.c., può essere, in definitiva, proposta nello stesso giudizio di rinvio oppure in separata sede, ed, in tale seconda ipotesi, il giudice non è tenuto a riunire i due processi, perchè le domande di restituzione o riduzione in pristino sono del tutto autonome da quelle del giudizio di rinvio e prescindono completamente dalla fondatezza o meno di quest’ultima, assolvendo all’esigenza di garantire all’interessato la possibilità di ottenere al più presto la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, senza che la loro definizione debba essere procrastinata dall’istruzione e dalla risoluzione della lite principale (Cass. SU n. 12190 del 2004; Cass. n. 2480 del 2003; Cass. n. 13454 del 2011).

2.4. In effetti, allo scopo di garantire all’interessato la possibilità di ottenere al più presto la restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, questa Corte ha sempre ribadito l’autonomia delle domande di restituzione o riduzione in pristino da quelle del giudizio di rinvio, sottolineando: – che la loro definizione non deve essere ritardata dall’istruzione e risoluzione della lite principale; che non sussiste violazione dell’art. 273 c.p.c. qualora i due processi, separatamente promossi, non vengano riuniti; – che non si deve tener conto, in base al motivo della cassazione, se sussistono probabilità che in sede di rinvio il dispositivo della decisione cassata venga riconfermato.

2.5. L’unico limite alla reciproca autonomia tra il giudizio di rinvio e quello per le restituzioni è costituito dal caso in cui il giudizio di rinvio si concluda prima di quello sulle restituzioni, con una decisione identica a quella contenuta nella sentenza cassata: in tale ipotesi, infatti, il giudice delle restituzioni deve rigettare la domanda innanzi a lui proposta (Cass. n. 19153 del 2012). Quando il giudice di rinvio, con la sentenza che conclude il relativo giudizio, conferma la sentenza cassata prima che giunga a decisione la causa sulle restituzioni, si configura, infatti, secondo questa Corte, una deroga rispetto alla regola dell’autonomia delle due cause, in forza del principio per cui il giudice delle restituzioni può omettere la pronuncia di accoglimento della domanda restitutoria poichè, con la predetta decisione, viene nuovamente posto in essere il titolo giustificativo del pagamento (Cass. n. 7500 del 2007; Cass. n. 2480 del 2003). La pronuncia restitutoria (o di ripristino) di quanto una parte abbia dovuto eseguire, in forza di una sentenza di condanna poi cassata, può essere, in effetti, omessa dal giudice di rinvio quando, con la sentenza che conclude il relativo giudizio, sia posto nuovamente in essere il titolo giustificativo della condanna ad eseguire la medesima prestazione (Cass. n. 7500 del 2007). Tale ipotesi, tuttavia, non si riscontra nel caso in esame, se non altro perchè, secondo la ricostruzione offerta dagli stessi controricorrenti (v. il controricorso, p. 2, 3), la sentenza n. 1222 del 2017, pronunciata dalla corte d’appello quale giudice di rinvio (a sua volta cassata con rinvio con ordinanza di questa Corte n. 20670 del 2019), avrebbe disposto non già la condanna del ricorrente a pagare, in favore degli stessi, la somma di Euro 4.400,00 a titolo di spese di lite (così ripristinando, prima della pronuncia del giudice investito della domanda di restituzione, il titolo, in precedenza cassato, che aveva giustificato il relativo pagamento) ma, al contrario, l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite maturate nell’intero giudizio: dando così luogo, ed a fortiori, alla necessità di assicurare all’interessato, nelle more della definizione del giudizio di merito da parte del giudice di rinvio, la restituzione della somma versata in esecuzione della sentenza poi cassata.

3. Il ricorso dev’essere, pertanto, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio alla corte d’appello di Palermo che, in diversa composizione, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte così provvede: accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla corte d’appello di Palermo che, in diversa composizione, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

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