Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18490 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 10/07/2017, dep.26/07/2017),  n. 18490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. ROCCHI Giacomo – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorso iscritto M n. 212/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

C.C.;

avverso la sentenza della Commi o tributaria regionale del Piemonte

n. 54/31/10, depositata il 18.7.2010;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 luglio

2017 dal Consigliere Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– La parte ricorrente propone ricorso per cassazione, affidando la sua impugnativa a cinque motivi di doglianza. Impugna l’Agenzia delle Entrate la sentenza emessa dalla C.T.R. del Piemonte che aveva respinto l’appello proposto sempre dall’Ufficio avverso la sentenza emessa dalla C.T.P. di Cuneo la quale, in prima istanza, aveva accordato ragione al contribuente (che aveva contestato la legittimità del diniego al rimborso Iva per l’anno 2001 a causa della cessazione dell’attività sulla base del presupposto giuridico della mancata maturazione del termine decennale di prescrizione del diritto ai sensi dell’art. 2946 c.c.);

– con il primo motivo di doglianza il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 medesimo codice; si evidenzia che l’Ufficio finanziario, proponendo appello avverso la sentenza emessa dalla C.T.P. di Cuneo, aveva espressamente impugnato la statuizione di primo grado in ordine alla irrilevanza, ai fini del rimborso, della mancata presentazione del modello VR; si osserva ancora che il giudice di appello non aveva in alcun modo esaminato la doglianza sollevata, sul punto, nel relativo motivo di gravame, incorrendo nella violazione dell’art. 112 codice di rito;

– con il secondo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21 in combinato disposto con il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60 nonchè con gli artt. 2946,2033,2041 e 2935 c.c.; si osserva che erroneamente la sentenza impugnata non aveva considerato applicabile alla fattispecie in esame il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, nonchè la connessa disciplina civilistica di cui agli artt. 2033 e 2041 c.c., e dunque il relativo termine decadenziale di due anni;

– con il terzo motivo si denunzia violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 91 e 92 medesimo codice; osserva la difesa erariale che la C.T.R. aveva accolto l’appello incidentale del contribuente che aveva chiesto l’integrale condanna dell’Ufficio finanziario al pagamento delle spese di lite, anzichè la compensazione delle stesse, come aveva statuito in prima istanza invece la C.T.P. di Cuneo; si sostiene che la compensazione delle spese di lite per giustificati motivi è il frutto di una scelta discrezione del giudice che non è sindacabile se logicamente motivata;

– con il quarto motivo si deduce la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.; dispiega la difesa dell’ufficio le medesime doglianze del precedente motivo nella veste, questa volta, di error in procedendo;

– con il quinto motivo si denunzia la sentenza impugnata per insufficiente motivazione su un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5; si osserva ancora che la motivazione resa dal giudice di appello, sempre in punto di regolamentazione delle spese di lite, sarebbe illogica e priva di fondamento;

– la parte resistente non si costituiva in giudizio e la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 10.7.2017.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– il ricorso è infondato;

– il primo motivo di doglianza è infondato in quanto deve ritenersi che la C.T.R. impugnata abbia implicitamente risposto alle doglianze sulle quali, oggi, la parte ricorrente avanza motivo di omessa pronuncia da parte del giudice di appello;

– il secondo motivo di doglianza è anch’esso infondato, e ciò alla luce della giurisprudenza di questa Corte che, anche in questo ambito decisorio, è intenzione del Collegio riaffermare;

– sul punto qui da ultimo in discussione, questa Corte ha invero affermato che – in tema d’IVA ed ai fini del rimborso dell’eccedenza d’imposta – è sufficiente la manifestazione di volontà mediante la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro “RX4”, sebbene non accompagnata dalla presentazione del modello “VR”, che costituisce solo un presupposto per l’esigibilità del credito, sicchè, anche in caso di cessazione d’attività, nella quale non è possibile portare in detrazione l’eccedenza l’anno successivo, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, non è applicabile il termine biennale di decadenza, previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, ma solo a quello ordinario di prescrizione decennale, di cui all’art. 2946 c.c. (Sez. 5, Sentenza n. 19115 del 28/09/2016, Rv. 641101 – 01; Sez. 5 -, Sentenza n. 4559 del 22/02/2017 (Rv. 643105 – 01);

– il terzo, quarto e quinto motivo di doglianza, in punto di regolamentazione delle spese di lite, rimangano assorbite in ragione della soccombenza della parte ricorrente;

– non vi è necessità di disposizioni per la liquidazione delle spese di giudizio del grado, stante la mancata costituzione del contribuente resistente.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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