Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1849 del 28/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2020, (ud. 23/01/2019, dep. 28/01/2020), n.1849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 11625/2014 proposto da:

COMMERCIAL DEPARTMENT CONTAINERS-C.D.C. S.P.A., in persona del

Presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via delle Quattro

Fontane n. 15, presso lo studio Tinelli & Associati,

rappresentata e difesa dall’Avv. Giovanni Contestabile, anche

disgiuntamente con l’Avv. Alessandro Marri, giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI-UFFICIO DELLE DOGANE DI LIVORNO,

in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 82/10/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA TOSCANA-SEZIONE STACCATA DI LIVORNO, depositata il

30 ottobre 2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23

gennaio 2019 dal Cons. Dott. MUCCI ROBERTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

MASTROBERARDINO PAOLA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avv. LORENZO TROMBELLA in sostituzione

dell’Avv. ALESSANDRO MARRI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato dello Stato MASSIMO

SANTORO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La CTR della Toscana-Sezione staccata di Livorno ha rigettato il gravame interposto da Commerciai Department Containers-C.D.C. s.p.a. (di seguito, CDC) avverso la sentenza della CTP di Livorno di rigetto del ricorso della medesima società contro l’avviso di rettifica dell’accertamento n. 25615 del 9 giugno 2009, emesso dalla Dogana di Livorno, relativo alla dichiarazione di importazione IMZ 29642/G di un quantitativo di calzature provenienti dalla Cina sottofatturato, con conseguente evasione del dazio.

2. CDC ha esposto di aver presentato nel 2007, in qualità di rappresentante indiretto in procedura di domiciliazione, la detta dichiarazione di importazione definitiva per la società Vittoria s.r.l. di Roma, con allegate la fattura relativa alla merce importata, emessa dalla società produttrice cinese, e il certificato di origine della merce stessa; nondimeno, a seguito di interpello delle autorità cinesi e procedimento penale per contrabbando aggravato e falso originato da indagini svolte dall’amministrazione doganale – procedimento cui era rimasta estranea CDC -, era emerso un maggior valore della merce importata rispetto al dichiarato, nonchè la diversità della data della fattura, donde l’emissione dell’avviso di rettifica ai sensi dell’art. 201, comma 3, del codice doganale comunitario (reg. CEE n. 2913/92 del 12 ottobre 1992) nei confronti di CDC quale rappresentante indiretto.

3. Ha ritenuto la CTR, per quel che qui rileva: a) l’infondatezza dei primi due motivi di appello, essendo nella specie applicabile l’art. 78 del codice doganale comunitario, così come l’omologa norma interna di cui al D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, quale disposizione generale sul controllo a posteriori delle dichiarazioni ancorchè affette da falsità, sicchè non è condivisibile l’interpretazione sostenuta da CDC secondo cui la locuzione normativa “elementi inesatti o incompleti” escluderebbe le falsità; b) inoltre, l’art. 202 del codice doganale comunitario, invocato da CDC, riguarda il diverso caso di introduzione irregolare della merce nel territorio doganale, ossia non attraverso la presentazione agli uffici doganali; c) l’infondatezza del quinto motivo, non potendo desumersi la buona fede “solo dal mancato concorso dello spedizioniere con il reato di contrabbando doganale dovendo lo stesso, secondo la diligenza esigibile da un operatore professionale, informarsi sui prezzi realmente esistenti sul mercato internazionale, soprattutto quando sceglie di operare attraverso il meccanismo della rappresentanza indiretta. Inoltre mancano gli altri presupposti per l’applicazione della norma che impedisce la contabilizzazione a posteriori perchè l’errore non è ascrivibile all’autorità doganale” (p. 6 della sentenza).

4. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione CDC affidato a due motivi, illustrati da memoria depositata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui replica l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo di ricorso CDC denuncia falsa applicazione dell’art. 201 e violazione dell’art. 202 del codice doganale comunitario: posta la detta qualità di rappresentante indiretto in procedura di domiciliazione e l’apparente genuinità della documentazione allegata alla dichiarazione di importazione definitiva (fattura di acquisto; certificato di origine; polizza di carico), l’art. 201 cit. sarebbe inapplicabile, difettando il presupposto della regolarità dell’introduzione della merce, laddove nella specie, per stessa ammissione dell’ufficio, si tratterebbe di introduzione “irregolare”, sussistendo artifici e raggiri caratterizzati anche dal falso documentale, sicchè sarebbe applicabile l’art. 202, ovvero l’art. 203 del codice doganale comunitario, con conseguente esclusione di qualsivoglia responsabilità della ricorrente per la sua conclamata estraneità alla frode doganale; in altri termini – secondo la ricorrente e diversamente da quanto ritenuto dalla CTR la presentazione della dichiarazione non renderebbe sempre e comunque “regolare” l’introduzione della merce nel territorio doganale, richiedendo l’art. 202 l’adempimento degli obblighi derivanti dagli artt. 38-41 del codice doganale comunitario (tra i quali la presentazione in dogana ai sensi dell’art. 40) e l’inesattezza delle dichiarazioni contenute nei documenti di accompagnamento (rilevata solo a posteriori a seguito di interpello delle autorità cinesi e qualificata nell’atto impugnato in termini di falsità) comporterebbe l’irregolarità dell’introduzione della merce; nè la CTR avrebbe valutato lo stato soggettivo di eventuale colpevolezza (o di ragionevole consapevolezza, secondo diligenza e professionalità esigibili) di CDC – che peraltro non si sarebbe potuta avvedere del falso -, stato soggettivo essenziale ai fini dell’applicazione dell’art. 202.

6. Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 2697 c.c., non essendo stata provata dall’amministrazione la presunta consapevolezza di CDC circa la natura fraudolenta delle operazioni poste in essere dagli importatori e, quindi, la non veridicità della documentazione esibita in dogana, con conseguente carenza di prova alla base dell’operato dell’ufficio.

7. I motivi – da esaminarsi congiuntamente poichè involgenti questioni all’evidenza connesse – sono infondati.

7.1. Per quanto qui strettamente rileva giova richiamare che, a mente dell’art. 201, parr. 1 e 2, del codice doganale comunitario, l’obbligazione doganale all’importazione sorge al momento dell’accettazione della dichiarazione in dogana in seguito all’immissione in libera pratica di una merce soggetta a dazi all’importazione. L’obbligazione grava sul dichiarante e, in caso di rappresentanza indiretta, sul soggetto per conto del quale è presentata la dichiarazione in dogana. Ove la dichiarazione sia redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione, totale o parziale, dei dazi dovuti per legge, le persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione, e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità, possono essere considerate debitori conformemente alle vigenti disposizioni nazionali (par. 3).

L’art. 202, invece, contempla la differente fattispecie del sorgere dell’obbligazione doganale all’importazione in seguito (par. 1) all’irregolare introduzione nel territorio doganale comunitario di una merce soggetta a dazi all’importazione, in quanto effettuata in violazione degli artt. 38-41 e 177, secondo trattino, del codice doganale comunitario (par. 2). L’irregolare introduzione, quindi, è ricollegata alla violazione delle disposizioni dettate dallo stesso codice in ordine all’introduzione delle merci nel territorio doganale comunitario, mediante conduzione delle stesse, senza indugio, all’ufficio doganale (o in una zona franca) (art. 38), dalla quale possono essere introdotte in altre parti del detto territorio doganale (art. 177, secondo trattino), salve le ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore (disciplinate dall’art. 39) e nel rispetto delle modalità di presentazione di cui all’art. 40 che, comunque, ex art. 41 non osta all’applicazione di disposizioni vigenti in merito alle merci trasportate dei viaggiatori o vincolate da un regime doganale senza essere presentate in dogana. Sono debitori, ex art. 202, par. 3, la persona che ha proceduto all’introduzione irregolare, le persone che hanno partecipato ad essa sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che era irregolare e le persone che hanno acquisito o detenuto la merce considerata e sapevano o avrebbero dovuto, secondo ragione, sapere allorquando l’hanno acquisita o ricevuta che si trattava di merce introdotta irregolarmente

L’art. 203 – per vero evocato dalla ricorrente senza spendere argomentazioni – ricollega il sorgere dell’obbligazione doganale alla sottrazione della merce al controllo. In tale fattispecie, ai sensi del par. 3, sono debitori la persona che ha sottratto la merce al controllo doganale, le persone che hanno partecipato a tale sottrazione sapendo o dovendo, secondo ragione, sapere che si trattava di una sottrazione di merce al controllo doganale e le persone che hanno acquisito o detenuto tale merce e sapevano o avrebbero dovuto, secondo ragione, sapere allorquando l’hanno acquisita o ricevuta che si trattava di merce sottratta al controllo doganale e, se del caso, la persona che deve adempiere agli obblighi che comporta la permanenza della merce in custodia temporanea o l’utilizzazione del regime doganale al quale la merce è stata vincolata.

7.2. L’obbligazione doganale ex art. 201 presuppone dunque la presentazione della dichiarazione ed è integrata dall’accettazione di essa con riferimento a merci introdotte regolarmente nel territorio doganale comunitario, cioè non in violazione delle prescrizioni di cui agli artt. 38-41 e 177, secondo trattino. I successivi artt. 202 e 203, invece, contemplano rispettivamente le differenti ipotesi dell’irregolare introduzione della merce nel territorio doganale, perchè in violazione degli artt. 38-41 e 177, secondo trattino, e della sottrazione della merce al controllo doganale.

Esula dunque dall’ipotesi disciplinata dall’art. 201, rientrando in quella regolata dall’art. 202, la presentazione in dogana di una dichiarazione avente ad oggetto beni diversi da quelli effettivamente importati, dovendo ritenersi mancante la dichiarazione con riferimento a questi ultimi: l’art. 202, quindi, differentemente dall’art. 201, presuppone l’assenza della dichiarazione doganale e l’introduzione in violazione delle dette prescrizioni; a sua volta, l’art. 203 presuppone l’introduzione regolare della merce e la successiva sottrazione di essa al controllo doganale.

Mette conto altresì osservare che, ai sensi dell’art. 199 del reg. CEE n. 2454/93 del 2 luglio 1993 (cd. D.A.C., recante norme di applicazione del codice doganale comunitario), la presentazione in un ufficio doganale di una dichiarazione firmata dal dichiarante o dal suo rappresentante è impegnativa per quanto riguarda l’esattezza delle indicazioni riportate nella dichiarazione, l’autenticità dei documenti acclusi e l’osservanza di tutti gli obblighi inerenti il vincolo delle merci al regime considerato.

7.3. Tali conclusioni poggiano sulla giurisprudenza unionale, sia pure per lo più inerente all’art. 202: si v., tra le tante, Corte di Giustizia, 25 gennaio 2017, in causa C-679/15, Ultra-Brag AG (punti 20 ss., in particolare 27 e 28); 17 novembre 2011, in causa C454/10, Jestel; 2 aprile 2009, in causa C-459/07, Veli Elshani; 15 settembre 2005, in causa C-140/04, United Antwerp Maritime Agencies NV; 3 marzo 2005, in causa C-195/03, Merabi Papismedov; 23 settembre 2004, in causa C-414/02, Spedition Ulustrans.

Per la giurisprudenza interna di legittimità si v., in particolare, Sez. 5, 18 gennaio 2018, n. 1142 (sul principio espresso da tale pronuncia, infra punto 7.5); Sez. 6-5, 12 aprile 2017, n. 9433; Sez. 5, 13 marzo 2013, n. 6246; Sez. 5, 23 aprile 2010, n. 9773.

7.4. E’ pertanto corretta la sussunzione della fattispecie operata dalla CTR nel paradigma normativo dell’art. 201: essa è infatti caratterizzata dalla presentazione in dogana, da parte del rappresentante indiretto CDC, della dichiarazione contenente un dato (il prezzo delle merci) tale da determinare la mancata parziale riscossione dei dazi dovuti per legge con riferimento a merci effettivamente importate, regolarmente introdotte nel territorio doganale (perchè non in violazione degli artt. 38-41 e 177, secondo trattino) e non sottratte al relativo controllo.

Il rappresentante indiretto, ex art. 201, par. 3, in quanto da considerarsi autore della dichiarazione in forza degli artt. 4 e 5 del codice doganale comunitario, nonchè 199 D.A.C. cit., è quindi stato correttamente ritenuto debitore della relativa obbligazione doganale, anche con riferimento alla mancata riscossione parziale dei dazi attribuibile all’indicazione, nella dichiarazione da lui presentata, di un minore prezzo dei beni il cui reale valore di transazione avrebbe dovuto accertare.

Deve difetti farsi riferimento ad un operatore accorto e alla esigibile diligenza qualificata, a norma dell’art. 1176 c.c., ragguagliata alla natura dell’attività professionale esercitata, che implica un obbligo di informazione, ma anche di attenta verifica dell’esattezza dei dati dichiarati, strumentali rispetto al corretto espletamento dell’incarico conferito (si v. sul punto, quanto al riferimento all’operatore diligente ed accorto, ancorchè in ordine alla fattispecie di cui all’art, 202, C.G.U.E. 17 novembre 2011, in causa C-454/10, Jestel, cit., punto 22, come anche chiarito, con riferimento all’art. 201, da Sez. 5, n. 1142/2018, cit.). In tale contesto va, in particolare, richiamata Sez. 5, 14 gennaio 2013, n. 9248 (e i precedenti in essa citati) per l’applicabilità dell’art. 201 anche nei confronti del rappresentante indiretto dell’importatore in procedura semplificata, nel caso di indicazione in dichiarazione di un valore inferiore dei beni.

7.5. Le osservazioni che precedono travolgono le argomentazioni di parte ricorrente in ordine alla pretesa rilevanza dello stato soggettivo di consapevolezza dell’artificio fraudolento.

Resta solo da aggiungere che la giurisprudenza invocata da CDC non è pertinente: non lo è Sez. 5, n. 9773/2010 cit., che, lungi dall’affermare quanto pretenderebbe la ricorrente, ribadisce il principio generale secondo cui “lo spedizioniere che abbia presentato merci in dogana per conto terzi, ma in nome proprio, beneficiando dell’ammissione alla procedura semplificata di cui alla L. n. 374 del 1990, art. 12, risponde, ai sensi dell’artt. 12 cit. e degli artt. 201 e 202 del Regolamento CEE n. 2913/92 (Codice doganale comunitario), in via solidale con il soggetto per conto del quale la merce medesima è stata presentata in dogana, di tutti i dazi, le imposte e gli accessori dovuti, a qualsiasi titolo, in relazione all’operazione commerciale, compresi gli interessi relativi, essendo tale figura di rappresentante indiretto, anche per la sua preparazione professionale, in grado di valutare la veridicità dei documenti trasmessigli, e dunque consapevole dell’irregolarità dell’introduzione delle merci nel territorio della Comunità (nella specie, dovuta a certificati d’origine poi accertati come contraffatti)”; nè lo è C.G.U.E., 3 marzo 2005, in causa C-195/03, Merabi Papismedov, cit., che non parla – come pretenderebbe CDC, proponendo una sorta di interpretazione estensiva della pronuncia – del “valore” della merce (p. 37 del ricorso), bensì tratta della “designazione inesatta” da un punto di vista materiale (nella fattispecie scrutinata dalla Corte di Giustizia “utensili da cucina” invece di “sigarette”) delle merci ai fini della loro destinazione doganale, agli effetti dell’introduzione irregolare ex art. 202 (punti 19-36 e 1 del dispositivo); infine, nemmeno è pertinente Sez. 5, n. 1142/2018 cit. (richiamata nella memoria) che, come detto, riguarda il solo art. 201 (non già gli artt. 202 e 203 invocati da CDC) e, con riferimento al disposto dell’art. 220, n. 2, lett. b), del codice doganale comunitario, ribadisce a p. 5 il principio (ripreso da Sez. 5, 6 luglio 2016, n. 13770) secondo cui “quando l’errore dell’Amministrazione sia consistito nella mera ricezione delle dichiarazioni inesatte dell’esportatore – in particolare sull’origine della merce (ma lo stesso è a dirsi, sul valore della stessa, come nel caso qui vagliato) – tale buona fede non sussiste e il debitore è tenuto a sopportare il rischio derivante da un documento commerciale che si riveli falso in occasione di un successivo controllo”.

7.6. Quanto precede assorbe il secondo mezzo e, comunque, ne giustifica il rigetto, essendo del resto la doglianza – meramente ripetitiva di censure già svolte nei gradi di merito – non correttamente confezionata in riferimento all’art. 202, come detto inapplicabile nella specie.

8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, dal che consegue la condanna alle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo, e il versamento del doppio contributo unificato secondo soccombenza.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 23 gennaio 2019.

Depositato in cancelleria il 28 gennaio 2020

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