Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18487 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 09/06/2017, dep.26/07/2017),  n. 18487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. GAI Emanuela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15341/2011 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

F.O., F.A. e F.C., tutti nella

qualità di eredi di F.M., il primo anche in proprio,

rappresentati e difesi dall’Avv. Raffaella Mancuso, con domicilio

eletto in Roma, Via Bergamo, n. 3, presso lo studio dell’Avv. Andrea

Serreti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia, n. 72/26/2010 depositata il 21 maggio 2010;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 giugno 2017

dal Consigliere Emilio Iannello.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza depositata in data 21/5/2010, la C.T.R. della Lombardia ha rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando la decisione di primo grado che, su ricorso dei germani F.O. e F.M., aveva annullato gli avvisi di accertamento nei confronti di ciascuno di essi emessi per il recupero a tassazione separata, a fini Irpef per l’anno 2000, della plusvalenza che l’Ufficio riteneva essere stata realizzata, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, con la cessione a titolo oneroso di un terreno edificabile sito nel Comune di (OMISSIS) con atto stipulato in data 14/7/2000: cessione operata, per la quota indivisa di un mezzo già di pertinenza di F.M., da F.O. (che se n’era reso donatario con atto del 14/6/2000) e, per le restanti quote di un quarto ciascuna, da F.A. e F.C., figli di F.O. (ai quali quest’ultimo aveva a sua volta donato l’altra quota già di sua pertinenza con lo stesso atto di donazione del 14/6/2000).

Secondo la C.T.R., posto che “l’Ufficio non indica alcun elemento dal quale possa desumersi che la somma percepita dai donatari in sede di compravendita dell’immobile sia stata, sia pure in parte, incassata dai donanti”, “il solo elemento costituito dall’atto di donazione in favore di familiari cui sia seguito nel volgere di breve tempo la vendita dell’immobile donato non… (è)… sufficiente a provare l’esistenza di un’interposizione fittizia tra donante e donatario; interposizione fittizia che può ritenersi sussistente soltanto ove vi siano elementi che provino la cointeressenza dei donanti nell’atto di compravendita”.

2. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi; resistono F.O., F.A. e F.C., tutti nella qualità di eredi di F.M., il primo anche in proprio, depositando controricorso.

3. Con istanza del 19/10/2012 l’amministrazione ricorrente, premesso che con nota prot. n. 92271 del 16/7/2012 la Direzione Provinciale di Varese ha comunicato la regolare definizione della lite ai sensi del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, conv. con modif. dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, limitatamente all’avviso di accertamento n. R2 W010B00271-2007 emesso nei confronti di F.M., ha chiesto dichiararsi l’estinzione parziale nel giudizio in relazione al predetto accertamento.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37,comma 3, nonchè del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 67 e 68, per avere ritenuto che nella fattispecie in esame non ricorrano elementi presuntivi tali da far ritenere integrato un fenomeno di interposizione fittizia di persona. Rileva che, come ampiamente rimarcato nell’atto d’appello, i fratelli F.M. e O., già comproprietari del terreno edificabile per successione dal padre, avevano donato le rispettive quote, in data 14/6/2000, nei seguenti termini: la prima aveva donato la propria quota al fratello O.; quest’ultimo aveva a sua volta donato la propria quota ai propri figli C. e A.. Successivamente, appena un mese dopo tali donazioni, in data 14/7/2000, i donatari ( O. per 1/2, C. e A. per 1/4 ciascuno) hanno venduto a terzi l’immobile per un corrispettivo sostanzialmente corrispondente al valore dichiarato nell’atto di donazione. Sostiene che, in tale contesto, legittimamente l’Ufficio ha ritenuto le donazioni mero espediente utilizzato allo scopo di eludere la tassazione della plusvalenza che, ai sensi degli artt. 67 e 68 t.u.i.r., si sarebbe prodotta in caso di vendita diretta dell’immobile da parte dei donanti e che, pertanto, si fosse in presenza di un fenomeno di interposizione fittizia con conseguente imputazione ai donanti della plusvalenza in questione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente prospetta la medesima doglianza, quale vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Lamenta che la C.T.R. non ha congruamente motivato sugli elementi indiziari, quali sopra evidenziati, offerti dall’Ufficio a giustificazione dell’accertamento.

3. Va preliminarmente dichiarata l’estinzione del giudizio, con integrale compensazione delle spese, in dipendenza della comunicata regolare definizione della lite ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 11, in quanto relativa alla controversia nascente dall’impugnazione proposta da F.M. avverso l’avviso di accertamento nei suoi confronti emesso.

4. Il primo motivo di ricorso – da esaminare conseguentemente solo con riferimento alla controversia nascente dall’impugnazione proposta da F.O. avverso l’avviso di accertamento nei suoi confronti emesso – è fondato, ancorchè per motivi diversi da quelli prospettati dalla stessa amministrazione ricorrente.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare, in pronunce relative a fattispecie analoghe alla presente (meccanismo negoziale caratterizzato dalla donazione di un terreno da parte del titolare ai figli o comunque a prossimi congiunti, poco tempo prima della vendita ad un terzo, poi effettuata da questi ultimi, ritenuti soggetti interposti), la possibilità di dichiarare inopponibili all’amministrazione finanziaria i benefici fiscali derivanti dalla combinazione di operazioni a ciò volte, ove sussistano elementi che lascino fondatamente presumere lo scopo elusivo dell’operazione, e ciò in applicazione di un principio generale antielusivo desumibile dall’art. 53 Cost., ma anche dai principi comunitari.

E’ stato al riguardo più volte precisato che la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta: ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione fittizia di persona, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo anche mediante operazioni effettive e reali.

Da quanto esposto consegue che il carattere reale, e non simulato, dell’operazione di vendita e l’effettiva percezione del prezzo da parte dei venditori-donatari, non sono sufficienti ad escludere lo scopo elusivo dell’intera operazione negoziale posta in essere, nella sequenza donazione-vendita (v. ex aliis Cass. n. 14470 del 2016; n. 25671 del 2013; n. 449 del 2013 e precedenti ivi richiamati).

Nel caso di specie la C.T.R., erroneamente postulando che la questione posta riguardasse il più ristretto orizzonte valutativo della sussistenza del carattere simulato del negozio traslativo posto in essere tra la contribuente e i propri familiari, non si è conformata alla esposta interpretazione delle norme rilevanti nella fattispecie.

Il primo motivo va pertanto accolto, rimanendo assorbito l’esame del rimanente.

La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata anche per le spese alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che procederà ad un nuovo esame della controversia (diversa da quella definita per condono) alla luce dei principi sopra enunciati.

PQM

 

Dichiara estinto il giudizio nei confronti degli eredi di F.M.. Compensa le spese dell’intero processo.

Accoglie, nei termini di cui in motivazione, il primo motivo di ricorso proposto nei confronti di F.O.; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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