Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18486 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 09/06/2017, dep.26/07/2017),  n. 18486

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. GAI Emanuele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26843/2010 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

Fondazione Alario per Elea Velia, rappresentata e difesa dall’Avv.

Francesco Chirico, con domicilio eletto in Roma, Via Confalonieri,

n. 5, presso lo studio dell’Avv. Luigi Manzi;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 132/18/10 depositata il 28 maggio 2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 giugno 2017

dal Consigliere IANNELLO Emilio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, con unico mezzo, nei confronti della Fondazione Alario per Elea Velia (che resiste con controricorso), avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha respinto l’appello dell’Ufficio ritenendo illegittimo il provvedimento di cancellazione di quest’ultima dall’anagrafe unica delle ONLUS;

che i giudici d’appello hanno infatti ritenuto tale provvedimento tardivo “e, quindi, nullo”, in quanto comunicato al di là dei termini fissati dal D.M. 18 luglio 2003, n. 266, artt. 3 e 6, (recante “Regolamento concernente le modalità di esercizio del controllo relativo alla sussistenza dei requisiti formali per l’uso della denominazione di ONLUS, in attuazione del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, art. 11, comma 3”), rilevando in particolare che, benchè il decorso di detti termini non pregiudichi l’ulteriore azione accertatrice in base al D.M. cit., art. 5, nel caso di specie tuttavia il provvedimento risulta espressamente emesso con riferimento all’art. 6 il quale diversamente dispone che, trascorsi 40 giorni dall’invio da parte dell’ente (soggetto al regime transitorio) della dichiarazione integrativa richiesta, la sua iscrizione nell’anagrafe deve intendersi automaticamente confermata;

che la controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1;

considerato che con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.M. n. 266 del 2003, art. 6,commi 2, 4 e 5; art. 5, commi 1 e 5; art. 3, commi 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto che l’inosservanza dei termini fissati dal combinato disposto del D.M. cit. artt. 3 e 6 precluda all’Ufficio di notificare, anche dopo l’avvenuta iscrizione del soggetto nell’anagrafe ed oltre i termini predetti, gli esiti di un controllo che evidenzino la mancanza di uno dei requisiti formali, con conseguente cancellazione dell’organizzazione dell’anagrafe delle ONLUS;

ritenuto che la censura è fondata e merita accoglimento;

che non si ricava invero dalle norme citate alcun argomento, nè testuale, nè sistematico, che possa giustificare l’assunto secondo cui, nel caso – quale quello in esame – di ente già iscritto all’anagrafe delle ONLUS anteriormente alla entrata in vigore del D.M. n. 266 del 2003 e come tale soggetto alla disciplina transitoria dettata dall’art. 6 del medesimo testo normativo, il mancato rispetto da parte della Direzione regionale delle entrate dei termini ivi dettati per le determinazioni in merito alla conferma dell’iscrizione, comporti la preclusione per l’amministrazione dal potere di disporre successivamente la cancellazione dell’ente ove all’esito di controllo cui l’amministrazione deve ritenersi comunque in ogni tempo legittimata, risulti la mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti, anche formali, richiesti per l’iscrizione;

che, come può ricavarsi dalla stessa rubrica dell’art. 3 (richiamato dall’art. 6 e del quale quest’ultimo rappresenta un pendant diretto a equiparare la posizione delle Onlus iscritte prima a quelle iscritte dopo l’entrata in vigore del D.M. n. 266 del 2003) e, comunque, da una corretta lettura dei rapporti tra gli artt. 3 e 6, da un lato, e l’art. 5, dall’altro, i predetti termini attengono invero al controllo della documentazione e dei requisiti formali richiesti ai fini dell’iscrizione (o della conferma della iscrizione), ma non pregiudicano la possibilità e anzi il dovere per le competenti D.R. di procedere, indipendentemente dall’esito del predetto iniziale controllo formale, alla successiva cancellazione ove emerga la mancanza dei requisiti pur inizialmente considerati – espressamente o tacitamente – sussistenti;

che ciò del resto risulta espressamente riconosciuto anche dal giudice a quo (attraverso il conferente richiamo in sentenza dell’esplicita indicazione desumibile dalla clausola posta in apertura dell’art. 3: “senza pregiudizio per l’ulteriore azione accertatrice…”), il quale però senza alcun fondamento logico o normativo attribuisce rilievo ostativo alla circostanza che, nella parte dispositiva del provvedimento impugnato, l’Ufficio richiami l’art. 6 (anzichè l’art. 5), sull’implicito ma erroneo assunto secondo cui tale clausola di riserva vada riferita esclusivamente ai controlli sostanziali di cui all’art. 5 e ai relativi esiti ma non invece ai controlli formali di cui agli artt. 3 e 6, rispetto ai quali i termini ivi indicati sarebbero posti a carico dell’Ufficio a pena di decadenza con la conseguenza che il loro inutile decorso lo priverebbe del potere di verificarne successivamente la originaria insussistenza;

che tale valenza normativa non si trae invero dal disposto letterale delle norme predette, nelle quali mai si prevede una siffatta sanzione, ricavandosi piuttosto il ben diverso significato secondo cui il decorso dei detti termini – senza che l’Ufficio abbia comunicato le proprie determinazioni circa l’iscrizione o la conferma dell’iscrizione o all’opposto il diniego delle stesse – comporterà esclusivamente, alla stregua del meccanismo tipico del silenzio assenso, l’effetto dell’iscrizione (o della conferma dell’iscrizione) automatica dell’ente richiedente nell’anagrafe delle ONLUS, ma non priverà tuttavia l’Ufficio del potere di far valere, all’esito di un successivo controllo, o anche all’esito del medesimo controllo non eseguito entro i predetti termini, di disporre la cancellazione della ONLUS (sul presupposto ovviamente che la stessa debba considerarsi già iscritta nell’anagrafe, ancorchè solo per effetto di provvedimento tacito);

che ciò del resto si trae espressamente dall’art. 5, comma 4, del ripetuto regolamento, prevedendosi in esso testualmente che “la cancellazione conseguente all’accertamento della mancanza, fin dal momento dell’iscrizione, anche solo di uno dei requisiti formali di cui al D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, art. 10, determina la decadenza dalle agevolazioni fiscali fruite. Qualora, invece, la cancellazione sia conseguente al venir meno di uno o più requisiti, la ONLUS decade dalle agevolazioni fiscali fruite successivamente alla data in cui gli stessi requisiti sono venuti meno”;

che si trae con ogni evidenza da tale disposizione che l’iscrizione -sia essa avvenuta con provvedimento espresso o per silenzio assenso (ossia, come detto, per effetto dell’inutile decorso dei termini dettati dall’art. 3) – non preclude comunque all’amministrazione di accertare successivamente la mancanza “anche solo di uno dei requisiti formali” di cui al D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 10, e di accertarla come persino risalente al momento dell’iscrizione, facendo in tal caso venir meno sin da tale momento e, quindi, con effetto ex tunc, le agevolazioni fiscali fruite;

che nessun fondamento trova poi nelle norme citate la tesi secondo cui, il mancato rispetto dei termini previsti dall’art. 6 imporrebbe all’amministrazione, prima di provvedere alla cancellazione, l’obbligo di instaurare un preventivo contraddittorio con l’ente, non essendo previsto un tale adempimento, tanto meno a pena di nullità dell’accertamento;

che la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio al giudice a quo perchè provveda all’esame nel merito della controversia, in relazione ai motivi di gravame rimasti assorbiti, nonchè al regolamento delle spese, anche del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

accoglie il ricorso; cassa la sentenza; rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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