Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18486 del 21/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 21/09/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 21/09/2016), n.18486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17151-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. PISANELLI 4,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE GIGLI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALDO SCALETTARIS giusta delega a

margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 42/2010 della COMM.TRIB.REG. di TRIESTE,

depositata il 03/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALASCIANO che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato SCALETTARIS che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, con un unico motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia con la quale era stato respinto l’appello dell’Ufficio avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Udine che aveva riconosciuto a M.A., ex dirigente ENEL, il diritto al rimborso della differenza tra la maggiore ritenuta subita e quella del 12,50% sulle somme liquidate al M. a titolo di previdenza integrativa aziendale.

Il giudice d’appello condivideva le argomentazioni del primo giudice secondo cui il capitale erogato quale trattamento pensionistico integrativo aziendale a seguito dell’accordo ENEL/FNDAI doveva considerarsi il risultato di un beneficio finanziario di natura patrimoniale – e non di natura reddituale – e pertanto non soggetto al regime fiscale del trattamento di fine rapporto.

Resiste con controricorso M.A., il quale ha anche depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso viene riproposta la questione del regime fiscale delle somme dovute dal datore di lavoro al lavoratore ex dirigente dell’ENEL – a titolo di conversione del trattamento pensionistico integrativo aziendale.

L’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per avere erroneamente attribuito natura di reddito di capitale, anzichè natura di reddito di lavoro dipendente, alle prestazioni erogate, senza considerare il dato testuale dell’accordo ENEL/FNDAI del 16.4.1986 nonchè la circostanza che il contratto di assicurazione sulla vita – posto a fondamento della decisione – non era stato mai stipulato, avendo l’accordo ENEL/FNDAI sostituito la polizza vita con una forma di previdenza complementare con efficacia retroattiva.

2. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

La questione oggetto della presente controversia è stata affrontata e risolta alle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 13642/2011, nella quale si è affermato il seguente principio di diritto: “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino a 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R.), solo per quanto riguarda la “sorte capitale” corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (T.U.I.R.)”. Secondo la Corte, dunque, essendo stata operata dal legislatore “una scelta netta per una tassazione tout court analoga a quella applicata sui redditi di lavoro”, solo con il D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 11, (la c.d. riforma Dini), riservandone però l’applicazione “alle sole prestazioni erogate in forma capitale a favore di soggetti iscritti ad enti di previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto”, deve ritenersi che, per gli iscritti in epoca precedente, il trattamento tributario delle prestazioni erogate dipende strettamente “dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse”, che, nel caso di un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti ed a causa previdenziale prevalente, sono composte “da una sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (ed in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, cosicchè possono essere tassate in modo analogo al trattamento di fine rapporto “esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale”, mentre, alle somme corrispondenti al rendimento di polizza, si deve applicare la tassazione nella misura del 12,50% ai sensi della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 (ogni distinzione di trattamento essendo, peraltro, cessata alla data del 1 gennaio 2001, a norma del D.Lgs. n. 47 del 2000, a decorrere dalla quale non è più consentito distinguere tra capitale e rendimento e le polizze, o meglio gli importi maturati successivamente a tale data, vanno assoggettate nella loro interezza al regime della tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 T.U.I.R., art. 16, comma 1, lett. a).

Alla stregua di tale principio, il meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno successivo al decimo) si applica, a coloro che siano iscritti al fondo di previdenza complementare aziendale FONDENEL o P.I.A. da epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite, a titolo di liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, solo limitatamente agli importi, maturati entro il 31.12.2000, che provengano dalla liquidazione del rendimento del capitale, per tale dovendosi intendere, come espressamente precisato nella parte motiva della citata sentenza delle Sezioni unite, il “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da parte del Fondo, del capitale accantonato” (da ultimo, Cass. nn. 4298 e 15627 del 2015).

Va inoltre osservato che ciò rileva ai fini dell’applicabilità della disciplina del regime fiscale della ritenuta del 12,50% è che sia stato applicato dal soggetto tenuto al pagamento un modello gestionale di tipo assicurativo (in questo senso, Cass. n. 23520/12; Cass. n. 5614/15).

In conclusione, in conformità dei principi espressi da questa Corte, è necessario accertare se e quando, sulla base delle norme contrattuali applicabili, i capitali rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente investiti sul mercato, quali siano stati i risultati dell’investimento ed in qual modo sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle singole posizioni individuali; sulla scorta di tale indagine, occorrerà quantificare la parte della somma complessivamente erogata al contribuente corrispondente al rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato del capitale accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e, quindi, calcolare l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente, l’ammontare del suo credito restitutorio) applicando, solo a tale parte, l’aliquota del 12,50, secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, fermo restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17 (Cass. n. 2577/14).

3. Il ricorso, nei termini sopra indicati, va dunque accolto.

La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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