Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18482 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 06/06/2017, dep.26/07/2017),  n. 18482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19742/2010 R.G. proposto da:

Icla Costruzioni generali S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv.

Stefano Petrecca e Rosamaria Nicastro, con domicilio eletto in Roma,

via di Giovanni Paisiello, presso lo studio dell’avv. Di Tanno e

Associati – Studio Legale Tributario;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

Equitalia Sud S.p.A., Agente della riscossione della Provincia di

Frosinone, rappresentata e difesa dall’avv. Emanuela Ranelli, con

domicilio eletto in Roma, via Giorgio Baglivi 8, presso lo studio

dell’avv. Alessandro Brozzi;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 222/40/09, depositata l’8 giugno 2009;

Letta la memoria depositata dal pubblico ministero, che ha concluso

chiedendo il rigetto del ricorso.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 maggio

2017 dal Consigliere Giuseppe Tedesco.

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la contribuente ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio (Ctr), che ne aveva rigettato l’appello contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale, la quale aveva a sua volta rigettato il ricorso contro cartella di pagamento notificata nel domicilio privato del liquidatore in Roma, in data 21 aprile 2006;

che il ricorso, al quale l’Agenzia delle entrate e l’Agente della riscossione hanno reagito con controricorso, è proposto sulla base di un unico motivo, il quale deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, anche in combinato disposto con l’art. 145, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, concludendosi con il seguente quesito di diritto: dica la Corte se viola al disposizione di cui all’art. 60 D.P.R. e art. 145 c.p.c. (nel testo previgente), prescritti in materia di notificazione degli atti tributari alle persone giuridiche, la procedura di notifica di una cartella di pagamento, direttamente indirizzata presso la residenza del liquidatore, il cui domicilio fiscale non sia compreso nel domicilio fiscale dell’ente stesso, oltre tutto senza preventivo tentativo di notifica presso la sede legale della società e con consegna a mani del portiere dello stabile;

che il passaggio motivazionale oggetto di censura è il seguente: “non può accogliersi il sesto motivo d’impugnazione: la notificazione, effettuata con consegna dell’atto a persona fisica legata da un rapporto qualificato, è infatti regolarmente compiuta anche nel caso che detta persona venga reperita in luogo diverso dalla sede della società ed in ogni caso la notificazione potrebbe essere considerata al più nulla, e pertanto la proposizione del ricorso ne sana l’eventuale vizio”;

che ciò posto è evidente che la motivazione della sentenza sul punto esprime una duplice ratio decidendi: la notificazione è valida e, in ogni caso, l’eventuale vizio, costituente ragione di nullità della notificazione, sarebbe stato sanato per raggiungimento dello scopo;

che il motivo invece è interamente inteso a sostenere la contrarietà della notificazione eseguita nella specie alle norme indicate nella rubrica, mentre non si misura minimamente con la seconda ratio della decisione, il che avrebbe richiesto che la ricorrente avesse preso posizione teorica sulle conseguenze del vizio ritenuto sussistente nel caso di specie, in termini tale da escludere l’applicabilità dell’istituto della sanatoria;

che d’altra parte le considerazioni proposte dalla sentenza su questo punto (esatte dal punto di vista teorico, essendosi verificata con l’impugnazione della cartella l’evento a cui la notificazione era preordinata, cfr. Cass. n. 6678/2017), sono sufficienti a reggere da sole la decisione, conseguendone pertanto l’inammissibilità del ricorso, in applicazione del seguente principio: “Il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass., S.U., n. 7931/2013)”;

che si ritiene di aggiungere che la censura è proposta con riferimento al testo previgente dell’art. 145 c.p.c., laddove la presente fattispecie è disciplinata dal testo attuale della norma, entrata in vigore l’1 marzo 2006 (nel ricorso la cartella si assume notificata il 21 aprile 2006);

che in conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

PQM

 

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore delle controricorrenti, che liquida, quanto all’Agenzia delle entrate, in Euro 22.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; e in Euro 22.000,00, quanto a Equitalia Sud S.p.A., oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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