Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18480 del 21/09/2016

Cassazione civile sez. trib., 21/09/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 21/09/2016), n.18480

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6395/2012 proposto da:

S.S.M.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIA

SISTINA 121, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PANUCCIO, che

lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI ROMA (OMISSIS),in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 57/2011 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 22/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. MARINA MELONI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PANUCCIO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato GENTILI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.S.M.C. aveva acquistato con contratto in favore delle figlie minorenni S.G. e S.R. un immobile destinato ad abitazione principale chiedendo l’applicazione delle imposte con aliquota agevolata.

L’Agenzia delle Entrate Ufficio di Roma con avviso di liquidazione d’imposta ed irrogazione di sanzioni accertava che le contribuenti S.G. e S.R. avevano indebitamente usufruito delle agevolazioni edilizie previste per l’acquisto della prima casa di cui alla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 131, in quanto l’immobile di cui erano divenute proprietarie sito nel comune di (OMISSIS) in virtù del contratto a favore di terzo doveva essere considerato di lusso perchè avente superficie utile superiore a 240 mq, e pertanto ne disponeva il recupero applicando interessi di legge e sanzioni.

Avverso l’avviso di recupero d’imposta S.S.M.C. propose ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma che lo respinse con sentenza appellata dal soccombente davanti alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. I giudici di secondo grado respinsero l’appello ritenendo che nel computo della superficie totale dell’immobile dovesse essere inclusa anche la superficie utile ma non abitabile.

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha proposto ricorso per cassazione S.S.M.C. con sette motivi. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 1411 c.c., con riferimento alle norme sulla legittimazione passiva e la rappresentanza dei minori perchè la CTR ha ritenuto sanata la notifica dell’avviso di liquidazione diretto a S.R. minorenne, effettuata nelle mani del padre S.S.M., non nella qualità ma in proprio, sebbene la rappresentanza dei minori spetti ad entrambi i genitori e quindi anche alla madre.

Infatti, secondo il ricorrente, la notifica andava effettuata ad entrambe le proprietarie S.G. e S.R. minorenni e per esse ai genitori con due distinti atti di notifica in quanto esercenti la potestà genitoriale.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 60 c.p.c. e art. 156 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè la CTR ha ritenuto valida la notifica dell’avviso di liquidazione effettuata direttamente alle minori e non ai genitori esercenti la potestà, avendo il padre ricevuto l’atto in proprio e non quale esercente la potestà.

Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c. ed art. 160 c.p.c. e 156 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè la CTR ha ritenuto valida la notifica dell’avviso di liquidazione effettuata direttamente alle minori e non ai genitori esercenti la potestà, avendo il padre ricevuto l’atto in proprio perchè casualmente presente in casa in quel momento e non quale esercente la potestà.

Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 320 c.c., con riferimento alle norme sulla legittimazione passiva e la rappresentanza dei minori perchè la CTR ha ritenuto sanata la notifica dell’avviso di liquidazione diretto a S.R. minore, effettuata nelle mani del padre S.S.M., non nella qualità ma in proprio, sebbene la rappresentanza dei minori spetti ad entrambi i genitori e quindi anche alla madre.

Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la CTR ha ritenuto erroneamente che l’immobile fosse maggiore di 240 mq mentre al contrario l’Ufficio non ha adempiuto all’onere probatorio posto a suo carico di dimostrare l’assenza dei requisiti necessari per godere dell’agevolazione in quanto non allegato un verbale di sopralluogo o una propria relazione.

Con il sesto motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1985, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la CTR ha ritenuto erroneamente che i due vani aggiuntivi da condonare dovessero essere inclusi nella superficie utile perchè abitabili mentre al contrario dovevano essere esclusi proprio per la loro specifica ed effettiva destinazione a soffitta e cantina.

Con il settimo motivo di ricorso il ricorrente lamenta violazione di legge e falsa applicazione del D.M. 2 agosto 1969, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la CTR ha ritenuto erroneamente che i due vani aggiuntivi da condonare dovessero essere inclusi nella superficie utile perchè abitabili mentre al contrario dovevano essere esclusi perchè rientrano pienamente nell’ambito definitorio del D.M. 2 agosto 1969, art. 6, in quanto adibiti a ripostigli, soffitte e cantine.

Il ricorso proposto è infondato e deve essere respinto in ordine a tutti i motivi.

Con i primi quattro motivi di ricorso il ricorrente lamenta sostanzialmente la nullità della notifica per violazione delle norme sulla notifica ai minori e sulla rappresentanza in giudizio in quanto l’avviso era stato notificato direttamente alle minori e non ad entrambi i genitori esercenti la potestà, avendo il padre S.S. ricevuto l’atto in proprio e non quale esercente la potestà.

Le censure sono infondate. Infatti fondatamente la CTR pur riconoscendo la irritualità della notifica ne ha ritenuto la sanatoria per effetto del raggiungimento dello scopo.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, la natura sostanziale e non processuale degli atti impositivi, quale l’avviso di accertamento, non osta che ad essi sia applicabile il regime di sanatoria della nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo dell’atto, previsto per gli atti processuali dagli artt. 156 e 160 c.p.c., considerato anche l’espresso richiamo alle norme sulla notificazioni dettate dal codice di procedura civile contenuto nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60 (Sez. 5, Sentenza n. 2272 del 31/01/2011, Rv. 616401). A maggior ragione la regola della sanatoria della nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo dell’atto è applicabile alla cartella di pagamento, atto della riscossione avente la duplice natura di comunicazione dell’estratto del ruolo e di intimazione ad adempiere (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, comma 2), di contenuto corrispondente al titolo esecutivo e dell’atto di precetto del processo di esecuzione disciplinati dal codice di rito. (conforme Sez. 2, Sentenza n. 4018 del 21/02/2007, Rv. 596730, che ha ritenuto l’applicabilità della sanatoria ex art. 156 c.p.c., alla nullità della notifica della cartella di pagamento.

Nella fattispecie la notifica dell’avviso era diretta correttamente a S.R. proprietaria dell’immobile e minorenne coobbligata in solido con la sorella G. anch’essa minorenne. La circostanza che l’atto non sia stato notificato per esse minorenni ad entrambi i genitori esercenti la potestà costituisce di sicuro una nullità ma tale nullità è sanata dalla notifica e ricevimento dell’atto proprio al padre S.S.M.C. (proprio il soggetto al quale avrebbe dovuto essere notificato nella sua qualità) il quale, sebbene in proprio e non nella qualità, ha ricevuto ed accettato l’atto in quanto presente in casa in quel momento, e successivamente ha proposto ricorso avverso l’avviso entrando anche nel merito della controversia.

La tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso la cartella di pagamento produce l’effetto di sanare “ex tunc” la nullità della relativa notificazione, per raggiungimento dello scopo dell’atto, ex art. 156 c.p.c.. La mancata notifica dell’atto anche alla madre, anch’essa esercente la potestà, non è circostanza che può essere fatta valere da S.S. soggetto terzo ed estraneo non legittimato a far valere l’eventuale lesione del diritto di ricevere la notifica da parte della madre anch’essa esercente la potestà.

Il quinto motivo di ricorso appare infondato in quanto i giudici di merito hanno motivato in ordine alla prova del superamento della metratura di 240 mq che si evince dalla valutazione eseguita dallo stesso tecnico di parte contribuente che ha calcolato la superficie totale in mq 233,83 al netto dei due vani asseritamente adibiti a soffitta e cantina mentre, al contrario, includendo anche tali vani nel calcolo secondo le loro dimensioni così come emergenti dalla mappa si verifica il superamento del limite di 240,00 mq.

Il sesto e settimo motivo, da trattarsi congiuntamente, sono infondati. Infatti questa Corte ha avuto modo di stabilire che l’elencazione dei locali esclusi dal computo dei 240 mq di superficie utile prevista dal D.M. 2 agosto 1969, art. 6 (cantine, soffitte, terrazzi e balconi) è tassativa. Infatti (sez. 5, Sentenza n. 861 del 17/01/2014) “In tema di imposta di registro, ipotecarie o catastali, per stabilire se un’abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici per l’acquisto della prima casa ai sensi della tariffa 1, art. 1, nota 2 bis, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la sua superficie utile – complessivamente superiore a mq. 240 – va calcolata alla stregua del D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, n. 1072, che va determinata in quella che dall’estensione globale riportata nell’atto di acquisto sottoposto all’imposta – residua una volta detratta la superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e del posto macchina, non potendo, invece, applicarsi i criteri di cui al D.M. Lavori Pubblici 10 maggio 1977, n. 801, richiamato dalla L. 2 febbraio 1985, n. 47, art. 51, le cui previsioni, relative ad agevolazioni o benefici fiscali, non sono suscettibili di un’interpretazione che ne ampli la sfera applicativa.

Esattamente i giudici di appello hanno ritenuto computabile la superficie dei due vani condonati che non rientrano nella tipologia di locali sopra indicati (vedi anche Sez. 5, Sentenza n. 10807 del 28/06/2012) in quanto deve ritenersi che anche la cantina e la soffitta, con accesso dall’interno dell’abitazione ed essa indissolubilmente legati, siano computabili ai fini della superficie utile complessiva non risultando tra l’altro nemmeno dalla perizia di parte che trattasi di vano a fruibilità ridotta e non computabile.

Sul punto si è espressa anche Sez. 5, Sentenza n. 25674 del 15/11/2013 che in caso analogo ha affermato in riferimento alla “Utilizzabilità” della superficie: “In tema di imposta di registro, per stabilire se una abitazione sia di lusso e, quindi, sia esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della “prima casa”, di cui all’art. 1, comma 3, Parte prima, Tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n.131, occorre fare riferimento alla nozione di “superficie utile complessiva” di cui al D.M. Lavori Pubblici 2 agosto 1969, art. 6, in forza del quale è irrilevante il requisito dell'”abitabilità” dell’immobile, siccome da esso non richiamato, mentre quello dell'”utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di una abitazione. Ne consegue che è legittima la revoca del beneficio ove, mediante un semplice intervento edilizio, possa computarsi nella superficie “utile” un vano deposito di un immobile (nella specie, in concreto non abitabile perchè non conforme ai parametri aero-illuminanti previsti dal regolamento edilizio), assumendo rilievo – in coerenza con l’apprezzamento dello stesso mercato immobiliare – la mancata potenzialità abitativa dello stesso.”

Per quanto sopra il ricorso deve essere respinto e parte ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente S.S.M.C. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di Agenzia delle Entrate, che si liquidano in Euro 6.000,00 complessivamente oltre spese accessorie come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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