Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18480 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2019, (ud. 19/03/2019, dep. 09/07/2019), n.18480

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20896-2017 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MANUELA MASSA, NICOLA VALENTE,

LUIGI CALIULO;

– ricorrente –

contro

B.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AGRI 1,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO NAPPI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 62/2017 del TRIBUNALE di BELLUNO, depositata

il 05/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

LUCIA.

Fatto

RILEVATO

Che il Tribunale di Belluno, decidendo a seguito di opposizione ad ATP, accertava che B.F. aveva subito una diminuzione superiore a 2/3 della capacità lavorativa in occupazioni confacenti alle proprie attitudini e condannava l’Inps a corrispondergli le prestazioni di cui alla L. n. 222 del 1994;

che avverso la sentenza ricorre per cassazione l’Inps con unico motivo;

che B.F. resiste con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che con unico motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 rilevando che, ancorchè non fossero in discussione le malattie di cui era portatore l’assicurato (deficit visivo), il giudice aveva espresso il giudizio in rapporto esclusivo all’attività lavorativa di conducente di veicoli e di macchine operatrici, giudicandolo invalido per l’accertata impossibilità di guidare, senza valutare la sussistenza di capacità lavorative residue in altre occupazioni pure in precedenza svolte dall’assicurato (operatore ecologico dal 2008 al 30/9/2015) o in attività diverse da quelle svolte fino ad allora e comunque confacenti alle sue attitudini;

che, secondo il costante orientamento della Corte di legittimità, il criterio di riferimento ai fini del conseguimento del diritto all’assegno ordinario di invalidità non è quello della riduzione della generica capacità lavorativa, secondo quanto previsto dalla L. 30 marzo 1971, n. 118 per i mutilati ed invalidi civili, bensì la riduzione della capacità lavorativa in occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato (Cass. n. 22737 del 04/10/2013);

che, di conseguenza, “ai fini del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dalla L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 1, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell’assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, deve essere verificata in riferimento non solo alle attività lavorative sostanzialmente identiche a quelle precedentemente svolte dall’assicurato (e nel corso delle quali si è manifestato il quadro patologico invalidante), ma anche a tutte quelle occupazioni che, pur diverse, non presentano una rilevante divaricazione rispetto al lavoro precedente, in quanto costituiscono una naturale estrinsecazione delle attitudini dell’assicurato medesimo, tenuto conto di età, sesso, formazione professionale e di ogni altra circostanza emergente nella concreta fattispecie, che faccia ragionevolmente presumere l’adattabilità professionale al nuovo lavoro, senza esporre l’assicurato ad ulteriore danno per la salute” (Cass. n. 15265 del 06/07/2007);

che, pertanto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, affinchè il giudice del rinvio compia una nuova valutazione riguardo alle capacità residue dell’assicurato in relazione a un più ampio ambito di attività confacenti alle sue attitudini, in applicazione dei principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Belluno, diverso giudice del lavoro.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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