Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18479 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. II, 04/09/2020, (ud. 20/01/2020, dep. 04/09/2020), n.18479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2340-2016 proposto da:

TREVI SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI,

23, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELA FASANO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BRESAOLE PINI SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E.FAA BRUNO

4 (TEL (OMISSIS)), presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALLESCHI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI NOVELLINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4340/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Trevi S.r.l. otteneva decreto ingiuntivo dal Tribunale di Milano nei confronti della Bresaole Pini S.r.l. per il pagamento della somma di Euro 10.985,30 quale saldo del prezzo di vendita di 50 tonnellate di carne congelata, ancora non corrisposto sulla fattura numero (OMISSIS) del (OMISSIS).

1.1 La Bresaole Pini proponeva opposizione, precisando di aver acquistato dalla Trevi, oltre le 50 tonnellate di merce di cui alla fattura del decreto ingiuntivo anche un altro quantitativo di merce non sdoganata in dollari usa per cui era stata emessa la fattura numero 91 del 5 novembre 2004 da saldare contro documenti, stante tale clausola la Trevi avrebbe dovuto pagare alla propria venditrice il prezzo onde ottenere la documentazione necessaria da consegnare poi alla Bresaole Pini la quale a quel punto avrebbe dovuto saldare il prezzo.

La Trevi non aveva rispettato gli impegni e il prezzo era stato pagato direttamente dalla Bresaole Pini, con spese a proprio carico per oneri di sosta ai magazzini di Genova, sicchè quest’ultima aveva emesso due note di addebito in data 10 febbraio 2005, respinte dalla Trevi, e aveva poi trattenuto sulla fattura n. 88 la somma di Euro 10.985,30 oggetto del decreto ingiuntivo.

In definitiva la Bresaole Pini, avanzando eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. ed assumendo la responsabilità extracontrattuale della Trevi per il discredito commerciale subito, chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo e in via riconvenzionale la condanna al pagamento della somma di Euro 10.985,30, nonchè di Euro 5000 ex art. 2043 c.c..

2. Il Tribunale di Milano, espletata l’istruttoria, rigettava l’opposizione ritenendo che nessun inadempimento poteva essere addebitato all’opposta. Infatti, trattandosi di consegna contro documenti, era onere dell’acquirente importatrice Bresaole Pini di provvedere al pagamento del carico una volta ricevuto l’avviso dell’arrivo della merce al porto di destinazione.

3. La Bresaole Pini proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

4. La Corte d’Appello di Milano accoglieva in parte l’impugnazione e, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, condannava la Trevi al pagamento della somma di Euro 10.985 in favore della Bresaole Pini S.r.l., confermando nella restante parte la sentenza impugnata.

In particolare, la Corte d’Appello riteneva che la controversia avesse ad oggetto due distinti rapporti, il primo, derivante da un contratto relativo alla vendita di 50 tonnellate di carne parzialmente non saldato per l’importo monitoriamente azionato e, il secondo, relativo ad un quantitativo di carne proveniente dal Brasile venduta dalla Trevi contro documenti di cui alla fattura numero 91 del 2004.

4.1 Sull’asserito inadempimento di tale secondo contratto la Bresaole Pini pretendeva la compensazione mediante decurtazione della somma di Euro 10.090 985 dal prezzo da pagare in relazione al primo.

La Corte d’Appello evidenziava che, con riguardo al primo contratto, la prestazione era stata puntualmente eseguita e l’eccezione di inadempimento sollevata riguardo al secondo contratto non era idonea a paralizzare la pretesa monitoria ex art. 1460 c.c. dal momento che si riferiva ad un titolo diverso, sicchè, avendo la Bresaole Pini di sua iniziativa effettuato una compensazione del proprio debito con un credito negato dalla controparte il residuo prezzo richiesto dalla Trevi con l’ingiunzione doveva ritenersi dovuto con conferma della sentenza impugnata in punto di rigetto dell’opposizione. Rimaneva tuttavia la controversia introdotta dalla Bresaole Pini con riferimento al secondo contratto, per la quale vi era domanda riconvenzionale intesa al pagamento della somma di Euro 10.985 a titolo di danni derivanti dall’inadempimento.

Secondo la Bresaole Pini, poichè la vendita era cash against documents essa, quale acquirente, era tenuta al pagamento del prezzo solo al momento della disponibilità dei titoli rappresentativi della merce resa possibile dalla venditrice. Poichè la Trevi non aveva adempiuto alla sua obbligazione, non avendo corrisposto il prezzo alla originaria venditrice brasiliana, se non dopo il versamento da parte di Bresaole Pini, per sua colpa era trascorso notevole tempo tra l’arrivo della merce in porto e l’effettiva consegna della stessa e conseguentemente le spese di sosta determinate da inadempimento dell’appellata dovevano addossarsi a quest’ultima.

4.2 Secondo la Corte d’Appello emergeva che si trattava di una vendita contro documenti per cui ex art. 1528 c.c. il pagamento del prezzo andava effettuato nel momento della consegna dei documenti da parte del venditore. Risultava dagli atti che il pagamento del prezzo mediante bonifico bancario era avvenuto da parte della Bresaole Pini anteriormente alla consegna dei documenti in data 21 dicembre 2014.

La teste S. aveva confermato tale circostanza così come il legale rappresentante dell’appellata in sede di interrogatorio formale.

Pertanto, stante l’obbligo della Trevi di mettere a disposizione delta Bresaole Pini i documenti dietro il pagamento del prezzo, tale obbligo non era stato assolto per tempo secondo le clausole contrattuali, e le spese di sosta della merce erano imputabili alla Trevi a titolo risarcitorio, sussistendo il nesso di causalità con il suo ritardo operativo. Dunque, il rimborso delle spese richieste dalla Bresaole Pini doveva essere riferito a titolo di danno alla ritardata e non puntuale prestazione della controparte. In conclusione, veniva riconosciuta la somma di Euro 10.985,30 alla Bresaole Pini a titolo di risarcimento danni per inadempimento.

5. La Trevi S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.

6. Bresaole Pini S.r.l. ha resistito con controricorso.

7. La ricorrente con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 1528 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La ricorrente eccepisce la violazione dell’art. 1528 c.c. perchè la Corte d’Appello avrebbe fatto applicazione della norma senza tener conto che la stessa prevede le modalità del pagamento salvo patto o usi contrari.

Nella specie era prevista la clausola contrattuale cash against documents (CAD). Tale clausola nella contrattazione internazionale è una clausola a garanzia del venditore; con tale forma di pagamento l’acquirente acquisisce il diritto alla consegna dei documenti necessari per ritirare la merce solo dopo il pagamento dell’ammontare della fattura relativa alla fornitura alla Banca d’appoggio del venditore che, nel caso che ci occupa, era la Banca Popolare di Milano per conto della ricorrente Trevi.

Nella specie la Corte d’Appello avrebbe erroneamente attribuito rilevanza al rapporto tra la venditrice e la sua fornitrice esportatrice brasiliana che, tuttavia, era del tutto estranea al rapporto tra la Trevi e la Bresaole Pini.

Con il regolamento a mezzo rimessa documenti il compratore sa di dover effettuare il pagamento quando la merce si trova in viaggio o è già pervenuta nel paese di destinazione senza avere la possibilità di esaminarla, con il rischio per il cessionario dei beni viaggianti di ritirare merce danneggiata non corrispondente agli accordi contrattuali.

La merce viaggiante può essere consegnata solo dopo che l’acquirente ha pagato quanto dovuto, acquisendo in tal modo il diritto a ottenere i documenti e a ritirare la merce.

La circostanza che il bene appartenga eventualmente ad altri, infatti, non si traduce in una riduzione di tutela per il compratore relativamente alle garanzie che discendono in capo al venditore, dalla disciplina della vendita.

La Corte d’Appello, dunque, avrebbe confuso la presentazione dei documenti con la consegna degli stessi dopo il pagamento.

Trevi ha comunicato la disponibilità della merce e dei documenti il 5 novembre 2004, contestualmente all’emissione e alla trasmissione della fattura n. (OMISSIS) all’acquirente.

Trevi, conformemente agli accordi riportati nella fattura, ha legittimamente trattenuto i documenti sino al pagamento del prezzo che Bresaole Pini ha dilazionato a proprio uso e consumo.

1.2 Il primo motivo di ricorso è infondato.

La Corte d’Appello ha tenuto presente la clausola CAD, evidenziando, tuttavia, che la Trevi non aveva adempiuto alla sua obbligazione nei confronti della venditrice brasiliana di pagamento del prezzo fino a quando Bresaole Pini non aveva a sua volta effettuato il bonifico, sicchè era a causa della condotta della Trevi che la merce era rimasta ferma in porto per un notevole lasso di tempo. D’altra parte, anche il legale rappresentante della odierna ricorrente in sede di interrogatorio formale aveva riferito che la Trevi con il denaro ricevuto dalla Bresaole Pini aveva pagato l’esportatore estero, ottenendo così i documenti da consegnare. Su questi fatti, non sindacabili in sede di legittimità, si fonda l’accertamento dell’inadempimento della Trevi, la quale non aveva assolto l’obbligo di mettere a disposizione i documenti tempestivamente dietro pagamento del prezzo secondo le clausole contrattuali e, pertanto le spese di sosta della merce presso il porto erano ad essa imputabili a titolo di risarcimento.

Risulta pertanto infondata la censura di violazione dell’art. 1528 c.c. perchè la clausola contrattuale derogava a quanto ivi previsto, fondandosi invece la ratio decidendi dell’impugnata sentenza sull’accertata responsabilità della Trevi nel ritardo della consegna dei documenti all’acquirente Bresaole Pini.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: omessa, insufficiente, contraddittoria, nonchè incongruente motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio ex art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il ricorrente ritiene che la testimonianza della signora S.M. debba essere letta diversamente da quanto effettuato dalla Corte d’Appello che, peraltro, non ha preso in considerazione la deposizione del teste B.D. che aveva confermato che era necessario un certo tempo tra il pagamento e lo sdoganamento della merce.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a fatti controversi e decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La Bresaole Pini non aveva pagato direttamente l’esportatrice brasiliana ma aveva pagato la Trevi con bonifico bancario presso la sua banca d’appoggio. Peraltro, il bonifico, seppur ordinato il 21 dicembre 2004, era divenuto effettivo solo il 28 dicembre 2004, sicchè sarebbe contraddittorio addebitare a Trevi tutto il periodo di sosta della merce, dal 5 novembre 2004 al 28 dicembre 2004, in quanto Bresaole Pini si sarebbe potuta attivare prima ex art. 1227 c.c..

Inoltre, in ordine alla clausola FOB, la Corte d’Appello avrebbe omesso ogni motivazione, definendola semplicemente irrilevante perchè riferentesi alle condizioni di trasporto e consegna e non a quelle di pagamento.

E, tuttavia, in virtù di tale clausola tutte le spese successive all’arrivo della merce al porto di destinazione sono a carico dell’acquirente, compresi i costi di assicurazione. Per quanto concerne la responsabilità della merce, questa passa dal venditore compratore al momento in cui la merce stessa supera fisicamente la verticale della murata della nave.

3.1 Il secondo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, sono inammissibili.

Il ricorrente formula entrambe le censure in relazione alla formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, precedente le modifiche introdotte dalla L. n. 134 del 2012, a seguito delle quali il vizio denunciabile con il ricorso per cassazione è limitato all’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione fra le parti, essendo stata così sostituita la precedente formulazione (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio).

La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata (a prescindere dal confronto con le risultanze processuali).

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. S.U. 8053/2014).

Pertanto, non possono essere sollevate doglianze per censurare, ai sensi dell’art. 360, n. 5 citato, la correttezza logica del percorso argomentativo della sentenza, a meno che non sia denunciato come incomprensibile il ragionamento ovvero che la contraddittorietà delle argomentazioni si risolva nella assenza o apparenza della motivazione (in tal caso, il vizio è deducibile quale violazione della legge processuale ex art. 132 c.p.c.).

Le Sezioni Unite (Cass. 8054/2014) hanno altresì sottolineato che “L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze istruttorie”.

Sulla base di quanto detto, risulta evidente l’inammissibilità della richiesta di rivalutazione delle testimonianze rese dalla signora S.M. e circa la rilevanza di quella di B.D. che, peraltro, appare tutt’altro che decisiva.

La censura avente ad oggetto la contraddittorietà della decisione, nella parte in cui ha riconosciuto i danni per tutto il periodo di sosta della merce dal 5 novembre 2004 al 28 dicembre 2004, mentre Bresaole Pini poteva attivarsi prima ex art. 1227 c.c. è del tutto nuova. Pertanto trova applicazione il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui: “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio” (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 6-1, Ord n. 15430 del 2018).

Infine con riferimento alla censura relativa all’omessa motivazione della c.d. clausola FOB, il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata. Non può che evidenziarsi, infatti, che la Corte d’Appello ha affermato che la suddetta clausola non poteva assumere alcuna rilevanza nel caso di specie posto che essa non riguardava le condizioni ed i termini di pagamento del prezzo, ma le condizioni relative al trasporto alla consegna e alle spese connesse dal momento dell’arrivo a destino della merce, comunque necessarie. Il rimborso delle spese richieste dalla Bresaole Pini doveva invece riferirsi al danno da ritardata e non puntuale prestazione della controparte.

5. Il ricorso è rigettato.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000 più 200 per esborsi;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile, il 20 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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