Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18478 del 01/09/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 18478 Anno 2014
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 25244-2009 proposto da:
MAGAZZINI GENERALI SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L. C.E.
03943580823, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO
UGONIO 3, presso lo studio dell’avvocato LUIGI
ISABELLA VALENZI, rappresentata e difesa dall’avvocato
2014

GIUSEPPE FERRARO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2367

contro

t
1.

I.N.P.S.
_

– ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE,

C.F.

80078750587,

in persona del suo

Data pubblicazione: 01/09/2014

Presidente e legale rappresentante pro temPore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.
05870001004,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

LUIGI CALIULO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, giusta
delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

SERIT

SICILIA S.P.A.

(già MONTEPASCHI

SE.RI.T.

S.P.A.);
– intimata –

avverso la sentenza n. 1717/2008 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 19/11/2008 r.g.n.

1332/2005

+ 2;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

03/07/2014

dal Consigliere Dott. ANTONIO

MANNA;
udito l’Avvocato FERRARO GIUSEPPE;
udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE per delega SGROI
ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso

per il rigetto del ricorso.

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

R.G. n. 25244/09
Ud. 3.7.14
Magazzini Generali Soc. Coop. a r.l. c. INPS +1

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 19.11.08 la Corte d’appello di Palermo confermava la
sentenza n. 1221/04 del Tribunale di Palermo che aveva rigettato l’opposizione
proposta da Magazzini Generali Soc. Coop. a r.l. contro una cartellQ esattoriale con

cui l’istituto previdenziale aveva esercitato la propria pretesa creditoria per indebiti
sgravi contributivi invocati dalla società e, in parziale riforma della sentenza n.
1222/04 dello stesso Tribunale (gli appelli contro tali sentenze eranp stati riuniti),
condannava la società predetta a pagare all’INPS altre differenze contributive
relative a personale dipendente per cui erano stati indebitamente applicati sgravi ex
lege n. 1089/68, mentre per altre differenze rigettava la pretesa dell’istituto
previdenziale.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre Magazzini Generali Soc. Coop. a r.l.
affidandosi a dieci motivi.
L’INPS, in proprio e quale mandataria della S.C.C.I — Società di
Cartolarizzazione dei Crediti INPS, resiste con controricorso.
SERIT Sicilia S.p.A. — anche nei confronti della quale si sono celebrati i gradi di
merito — è rimasta intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 416 ult.
co . prima parte c.p.c. e 167 co. 1° c.p.e. per avere la Corte territoriale deciso solo in
base ai documenti in atti circa l’esistenza dei requisiti per il godimento degli sgravi
contributivi ex lege n. 1089/68, nonostante che il tipo di attività della società
ricorrente, descritto nell’atto introduttivo del giudizio, non fosse stato contestato
dall’INPS.
Analoga doglianza viene fatta valere anche con il sesto motivo, sotto forma di
violazione e falsa applicazione dell’art. 3 cc. 4° legge n. 48/88 e degli artt. 1 e ss.
d.P.R. n. 602/70 in riferimento all’art. 416 ult. co . prima parte c.p.c. e 167 co. 1°
c.p.c., relativamente alla mancata contestazione da parte dell’INPS dell’attività
svolta dai soci della ricorrente ai fini del riconoscimento degli sgravi contributivi.
I due motivi — da esaminarsi congiuntamente perché connessi — vanno disattesi.
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Magazzini Generali hoc. Coop. a r.L c. INPS +1

pur vero che il sistema di preclusioni su cui si fonda il rito del lavoro (come il
rito civile riformato) comporta per entrambe le parti l’onere di collaborare, fin dalle
prime battute processuali, a circoscrivere la materia controversa, evidenziando con
carico di una delle parti (attore o convenuto che sia) un onere di allegazione (e di
prova), il corretto sviluppo della dialettica processuale impone che l’altra parte
prenda posizione in maniera precisa rispetto alle affermazioni della parte onerata,
nella prima occasione processuale utile (e perciò nel corso dell’udienza di cui all’art.
420 cod. proc. civ., se non ha potuto farlo nell’atto introduttivo), atteso che il
principio di non contestazione, derivando dalla struttura del processo e non soltanto
dalla formulazione dell’art. 416 c.p.c., è applicabile, ricorrendone i presupposti,
anche riguardo all’attore, ove oneri di allegazione (e prova) gravino anche sul
convenuto (v. in tal senso Cass. 5.3.03 n. 3245).
Ma nel caso di specie è dirimente il rilievo che la società ricorrente non ha
neppure allegato o trascritto — così violando il principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione — le difese svolte in primo grado dall’INPS per dimostrare la
asserita non contestazione da parte dell’istituto previdenziale.
Inoltre, proprio in base a quanto dedotto dalla ricorrente la sua attività risulta di
natura commerciale (v. infra) e sulla valutazione come commerciale od industriale
della natura d’una data attività economica non si dà neppure problema di
applicazione del principio di non contestazione, pur sempre limitato ai fatti storici e
non estensibile alle relative qualificazioni giuridiche.

2- Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta violazione falsa
applicazione dell’art. 208 c.p.c. per essere stata dichiarata decaduta dalla prova
nonostante che la mancata intimazione dei testi ammessi per l’udienza dell’8.7.08
dipendesse unicamente dall’improvviso decesso dell’avv. Tommaso D’Angelo,
corrispondente su Palermo dell’avv. Giuseppe Ferraro del Foro di Caltanissetta,
difensore della Magazzini Generali Soc. Coop. a r.1., evento a cagione del quale
l’avv. Ferraro non aveva potuto avere tempestiva notizia dell’udienza (alla quale
non era comparso nessuno per la Magazzini Generali Soc. Coop. a r.1.).

chiarezza gli elementi in contestazione; ne consegue che ogni volta che sia posto a

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Analoga doglianza viene svolta con il terzo motivo (erroneamente rubricato come
secondo, in ricorso) sotto forma di violazione falsa applicazione dell’art. 104 disp.
att. c.p.c. e con il quarto motivo sotto forma di vizio di motivazione.
Tali motivi — da esaminarsi congiuntamente perché connessi — sono ;infondati.

Premesso che la decadenza di cui agli artt. 104 disp. att. c.p.c. e 208 c.p.c. può
essere impedita se la mancata intimazione dei testi sia, rispettivamente, giustificata
o derivante da causa non imputabile alla parte, è appena il caso di ricordare che per
costante giurisprudenza di questa S.C. — ‘cui va data continuità – spetta
esclusivamente al giudice del merito valutare se sussistono giusti motivi per
revocare l’ordinanza di decadenza della parte dal diritto di far escutere i testi per sua
mancata comparizione all’udienza in proposito fissata ovvero per omessa citazione
degli stessi, esulando dai poteri della Corte di cassazione accertare se l’esercizio di
detto potere discrezionale sia avvenuto in modo opportuno e conveniente (cfr. Cass.
n. 14098/06; Cass. n. 5119/90; Cass. n. 2745/79).
Nel caso di specie la Corte territoriale ha ritenuto — con motivazione immune da
vizi logici o giuridici – che il decesso dell’avv. D’Angelo non giustificasse la
mancata intimazione dei testi da parte dell’altro difensore, avv. Ferraro.
Si aggiunga che per “causa non imputabile” deve intendersi un evento esterno alla
sfera di controllo della parte o del suo difensore e non anche un mero difetto di
organizzazione (cfr. Cass. n. 15908/06). Nel caso di specie, se è certamente estranea
a qualsiasi controllo la morte di uno dei due procuratori costituiti, non altrettanto
può dirsi riguardo alla mancata verifica dell’esito dell’udienza dell’8.7.08 da parte
dell’altro difensore, non avendone avuta notizia dal collega deceduto.

3- Con il quinto motivo si prospetta violazione e falsa applicazione degli artt. 18
legge n. 1089/68 e 115 e 116 c.p.c. nella parte in cui la gravata pronuncia ha negato
natura industriale all’attività svolta dalla società ricorrente, nonostante che essa non
sia qualificabile come meramente commerciale, consistendo non già: nella semplice
ricezione di merce e nella successiva sua consegna, ma in un unico servizio
composto da operazioni di carico e/o scarico della merce, nell’inventario della
stessa, nel suo stoccaggio nei magazzini o nei silos in attesa del ritiro, nella pesatura
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a fini di controllo e in una ulteriore in caso di richiesta di consegne parziali, nonché
nel ricarico della merce al momento del ritiro, anche parziale, previo controllo delle
quantità.
Come questa S.C. ha già avuto modo di statuire, per stabilire se un’impresa abbia
o meno carattere industriale ai fini dell’applicabilità degli sgravi contributivi previsti
dall’art. 18 di. 30.8.68 n. 918, convertito in legge 25.10.68 n. 1089, occorre far
riferimento ai criteri generali contenuti nell’art. 2195 c.c., atteso che la suddetta
disciplina speciale non detta al riguardo un proprio criterio, né rinvia ad altre
specifiche disposizioni.
Ai sensi dell’art. 2195 c.c. sono da comprendere nel settore industriale le attività
dirette alla produzione di beni o servizi mediante realizzazione di un risultato
economico nuovo ottenuto utilizzando, elaborando e trasformando i fattori
produttivi.
pur vero che la natura industriale di un’impresa può riscontrarsi anche in ipotesi
di semplice trattamento della materia prima operato nell’esercizio di un’attività
economica organizzata, senza che sia necessario che la materia stessa subisca
modificazioni nelle sue proprietà intrinseche, quando risulti prevalente sotto il
duplice profilo economico e funzionale il momento della trasformazione della
materia prima e della produzione di servizi, preordinati alla commercializzazione di
un bene direttamente utilizzabile per il consumo con caratteristiche diverse da
quelle del bene originario: è questo il caso — ad esempio — dell’assemblaggio di
componenti di prodotto già da altri realizzate (cfr. Cass. n. 6383/11).
Ma non è il caso — invece — del mero spostamento topico-temporale della merce,
che non modifica in alcun modo le caratteristiche del bene o di talune sue
componenti.
Pertanto, i suddetti sgravi non spettano alle imprese che svolgono l’attività di
ricezione, deposito e consegna di merce e, dunque, di mera intermediazione
(espressamente in questi termini v., da ultimo, Cass. 8.3.12 n. 3643; cfr. altresì
Cass. 12.8.96 n. 7484).

Il motivo è infondato.

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Questa, infatti, essendo caratterizzata dall’intermediazione tra cliente e vettore a
fini di trasmissione della merce, è attività commerciale e non industriale, che non
muta natura sol perché le operazioni di cui necessita abbiano maggiore o minore

grado di complessità.
4- Con il settimo motivo si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa
pronuncia, da parte dei giudici di merito, sull’eccezione relativo al condono
previdenziale con cui la società aveva regolarizzato la propria esposizione debitoria
relativa ai contributi dovuti fino a tutto il 31.12.96, così come la sua Posizione circa
le somme aggiuntive relative al mese di aprile 1998.
Il motivo è inammissibile perché non autosufficiente, non avendo la ricorrente
indicato né trascritto l’atto in cui assume di aver sollevato (e coltivato) l’eccezione
relativa al condono previdenziale e alle somme aggiuntive relative al,mese di aprile
1998.
5- Con l’ottavo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2909
c.c. e 324 c.p.c. nella parte in cui l’impugnata sentenza non ha confermato
l’esistenza del giudicato derivante dal rilievo che, con il saldo chiesto dall’INPS in
sede di precedenti ricorsi in via monitoria, l’istituto aveva logicamente ed
implicitamente riconosciuto gli sgravi contributivi invocati dalla società.
Il motivo è inammissibile perché generico, giacché non confuta con specifiche
argomentazioni le — peraltro corrette – ragioni svolte dalla decisione impugnata,
secondo cui l’INPS aveva azionato in via monitoria soltanto i crediti supportati da
un titolo idoneo ad attivare la procedura di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c.
Ciò di per sé non importa affatto — contrariamente a quanto sostenuto dalla
società ricorrente — un implicito riconoscimento del diritto della Magazzini
Generali Soc. Coop. a r.l. agli sgravi contributivi, demandandone l’INPS il
recupero ad un momento successivo (come poi avvenuto) e non potendo rientrare
fra il “deducibile” coperto da giudicato i crediti per sgravi illegittimamente pretesi
dalla società, per i quali vi era bisogno di altra e diversa certificazione da parte del
direttore della competente sede dell’istituto previdenziale.
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6- Con il nono motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e
342 c.p.c. nella parte in cui la Corte territoriale ha riformato la sent ienza di primo
grado in tema di sanzioni, che nella sentenza n. 1222/04 erano state calcolate dal

Tribunale secondo la legge n. 662/96, senza che la relativa statuizione fosse stata
impugnata.
Il motivo è infondato perché, in realtà, entrambe le parti hanno appellato tale
sentenza: la Magazzini Generali — sia detto in sintesi — aveva insistito per il totale
riconoscimento del diritto agli sgravi per l’intero periodo controverso e l’INPS
aveva chiesto — invece — il contrario. Per l’effetto, l’impugnazione di entrambe le
parti ha lasciato ancora sub iudice ogni aspetto della materia del contendere, così
impedendo la formazione di qualsiasi giudicato progressivo e consentendo alla
Corte d’appello l’autonoma individuazione della normativa applicàbile (grazie al
principio iura novit curia).

7- Con il decimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazibne dell’art. 1,
commi da 217 a 224, legge n. 662/96 e dell’art. 116, co. 18, legge n. 388/2000 in
ordine al regime sanzionatorio applicabile nel caso di specie, che secondo parte
ricorrente è quello, più favorevole, di cui all’art. 116, co. 18, legge n.1388/2000.
Al contrario, questa S.C. ha avuto modo di statuire ripetutamente (cfr., ex aliis,
Cass. n. 11529/13 ; Cass. n. 17099/2010, Cass. n. 22414/2009, Cass. n. 2385/2007),
con orientamento cui va data continuità, che, in tema di sanzioni civili per omissioni
contributive, la legge n. 388/2000, in deroga al principio tempus regit actum, ha
sancito la generalizzata applicazione del sistema sanzionatorio previsto dalla legge
n. 662/96 a tutte le omissioni contributive, in qualunque tempo verificatesi, purché
esistenti ed accertate alla data del 30.9.2000. In tal modo risulta contemperata la
voluntas legis, da un lato, di applicare con effetto retroattivo la nuova disciplina più
favorevole agli obbligati di cui all’art. 116, commi da 8 a 17 e, dall’altro, di evitare
di interferire sulle attività di cartolarizzazione e di iscrizione a ruolo già effettuate in
base alla disciplina precedente, mantenendosi ferme le penalità di cui alla legge n.

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662/96, ma riconoscendo alle aziende sanzionate in modo più consistente un credito
contributivo allo scopo di alleggerirne l’impatto.
Nel caso di specie le omissioni contributive erano state già accertate alla data del

8- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
Le spese del giudizio di legittimità in favore dell’INPS, liquidate come da
dispositivo, seguono la soccombenza della società ricorrente.
Non è dovuta pronuncia sulle spese riguardo a SERIT Sicilia S.p.A., rimasta
intimata.

P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità
liquidate in curo 100,00 per esborsi ed euro 10.000,00 per compensi professionali,
oltre accessori come per legge.
Nulla per spese riguardo a SERIT Sicilia S.p.A.
Così deciso in Roma, in data 3.7.14.

30.9.2000.

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