Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18477 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 04/05/2017, dep.26/07/2017),  n. 18477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27033-2010 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI

PAISIELLO 15, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI BELLOMO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO DAMASCELLI giusta

delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/2009 della COMM.TRIB.REG. della PUGLIA

depositata l’11/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2017 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DAMASCELLI che ha chiesto

l’accoglimento.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

P.F., titolare della omonima ditta individuale avente ad oggetto attività di commercio di rottami metallici, ricorre per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Puglia, n. 108/6/09 dep. 11 novembre 2009, che, su ricorso contro avviso di accertamento emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, a seguito di tre processi verbali di constatazione della Guardia di finanza, in rettifica della dichiarazione dei redditi per l’anno 1998 ai fini Irpef e Irap, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto l’appello del contribuente.

La C.T.R. ha ritenuto che la Commissione di primo grado avesse implicitamente escluso la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, dedotta dal contribuente, ritenuta palesemente infondata in base alle informazioni, sia contabili che extracontabili, assunte dai verificatori e alla luce delle accertate e gravi irregolarità riscontrate nella tenuta delle scritture contabili.

Per il resto il giudice d’appello ha considerato l’accertamento motivato e fondato nel merito, in relazione: a) ai costi indeducibili, per violazione del principio di competenza; b) ai costi non inerenti, per mancanza dei requisiti di certezza, competenza e determinabilità (ex art. 109, comma 5 TUIR); c) legittimo, anche in base ad accertamenti bancari (D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32), il recupero dei corrispettivi per le prestazioni di servizi (ex art. 75, comma 2, lett. a) e b) TUIR) e dei costi per operazioni inesistenti – in base a una serie di elementi, quali: controlli incrociati; inesistenza di diversi intestatari di autofatture; disconoscimento di altri fornitori -; d) non contrastanti con il divieto di prova testimoniale nel processo tributario l’utilizzazione delle dichiarazioni fornite da terzi fornitori alla GGFF, comportando solo l’inversione dell’onere della prova; e) mancato automatico effetto sul processo tributario degli esiti del processo penale, conclusosi con l’assoluzione del contribuente perchè il fatto non sussiste, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha fondato l’accertamento. Di contro la C.T.R. ha fondato il proprio convincimento su fatti direttamente accertati e su indizi complessivamente valutati, apprezzandone l’attitudine probatoria nell’ambito specifico del processo tributario, non scalfiti peraltro dalle mere asserzioni opposte dal contribuente.

L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso. P.F. ha depositato successiva memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, lett. c) e d); dell’art. 2729 c.c., comma 1 e dell’art. 2702 c.c., non contenendo l’avviso di accertamento i presupposti previsti dalla legge per l’accertamento analitico induttivo. (In particolare in quanto: non sono stati richiesti i documenti previsti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, nn. 2, 3 e 4; è mancata la conoscenza da parte del contribuente delle ispezioni eseguite presso alcuni fornitori; sono state violate le regole sul contraddittorio relativamente alla scrittura privata disconosciuta dal sottoscrittore; non sussistevano nelle presunzioni i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.).

2. Il motivo è infondato, avendo la C.T.R. analizzato e congruamente motivato sulla ricorrenza dei presupposti per l’accertamento analitico induttivo.

2.1. Sul tema questa Corte ha individuato il discrimine tra l’accertamento condotto con metodo analitico extracontabile e quello condotto con metodo induttivo (Cass. n. 17952 del 2013, n. 24278 del 2014, n. 1951 del 2015), affermando che la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), qualora la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente inattendibile. In tali casi, pertanto, è consentita una ricostruzione induttiva di singoli elementi, attivi o passivi, di cui risulti provata aliunde l’inesattezza o la mancanza (cfr. fra le altre Cass. n. 23550 del 2014; n. 22176 del 2016).

2.2. Nella specie, non è contestato che si sia trattato di un accertamento analitico-induttivo e non di un accertamento induttivo extracontabile e che, pertanto, esso andava giudicato legittimo anche in presenza di contabilità formalmente regolare (cfr. Cass. n. 8639/2015, in analoga fattispecie relativa alle stesse parti per diverse annualità).

2.3. Orbene, nel caso concreto – come dianzi detto – la CTR, ha singolarmente analizzato e motivato su ciascuno degli elementi posti a base dell’accertamento, quali: il mancato rispetto dei principi di inerenza e congruenza di costi, ritenuti per questo indeducibili (ex art. 109, comma 5 TUIR); le risultanze degli accertamenti bancari (D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 32); il recupero dei corrispettivi per le prestazioni di servizi (ex art. 75, comma 2, lett. a) e b) TUIR) e dei costi per operazioni inesistenti, risultanti da controlli incrociati con altre imprese aventi rapporti con il P., inesistenza di diversi intestatari di autofatture e disconoscimento di alcune fatture da parte di altri fornitori.

2.4. La CTR ha pertanto correttamente statuito, fondando il proprio convincimento su fatti e indizi complessivamente valutati, non superati dalle mere asserzioni opposte dal contribuente, che non risulta abbia dunque fornito alcun elemento di prova di segno contrario.

3. Col secondo motivo si deduce insufficiente motivazione su un fatto decisivo, costituito dall’avere assegnato fonte probatoria all’apparato indiziario riportato dai verificatori e agli indizi ritenuti non contrastanti fra loro, ma in difetto: sia della specifica indicazione degli atti che si assumono esaminati; sia del contenuto dinamico del processo di formazione del giudizio.

4. Col terzo motivo si deduce omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione al mancato esame della documentazione prodotta, idonea a vincere la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, che, se esaminata, avrebbe determinato un diverso esito del giudizio.

5. I due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono infondati e vanno respinti.

Va qui ribadito che con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, essendo l’apprezzamento dei fatti e delle prove, sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr. Cass. n. 8639/2015 cit.; n. 7921/2011).

Nella specie i giudici di merito hanno ritenuto che, nella fattispecie, i dati riscontrati dai verificatori integrassero una pluralità di elementi indiziari dotati di efficacia probante, costituenti un’idonea prova, non superata da elementi contrari opposti dal contribuente.

6. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.

7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 1.200,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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