Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18474 del 08/09/2011
Cassazione civile sez. VI, 08/09/2011, (ud. 30/06/2011, dep. 08/09/2011), n.18474
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. RORDORF Renato – rel. Consigliere –
Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –
Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 25068/2009 proposto da:
FALLIMENTO DI LAVORAZIONI TESSILI GIOIOSA DI CATANIA CARMELO & C.
SNC
(OMISSIS) in persona del Curatore pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FASANA 16, presso lo studio dell’avvocato
ROSARIO RAO, rappresentata e difesa dall’avvocato TRIMBOLI Santi,
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA in persona del Direttore Titolare
dell’Area Territoriale Sociale della Banca Monte dei Paschi di Siena
SpA e come tale, legale rappresentante della Banca per gli affari
delle Filiali dell’Area stessa dipendenti, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA BOEZIO 6, presso lo studio dell’avvocato LUCONI MASSIMO,
rappresentata e difesa dall’avvocato TRIFILO’ Laura, giusta procura a
margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 497/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del
22.6.09, depositata il 14/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
30/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RENATO RORDORF;
udito per la controricorrente l’Avvocato Massimo Luconi (per delega
avv. Laura Trifilò) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ANTONIETTA
CARESTIA che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.
Fatto
FATTO E DIRITTO
Il relatore designato a norma dell’art. 377 c.p.c., ha depositato una relazione del seguente tenore:
“1. La Corte d’appello di Messina, con sentenza depositata il 14 luglio 2009, riformando una precedente decisione del Tribunale di Patti, ha rigettato la domanda con la quale il curatore del fallimento della Lavorazioni Tessili Gioiosa di Catania Carmelo & C. s.n.c. aveva chiesto fossero revocati i pagamenti effettuati dalla società fallita mediante rimesse in conto corrente, nell’anno anteriore al fallimento, in favore della Banca Monte dei Paschi di Siena.
La corte messinese ha ritenuto che non fosse stata adeguatamente dimostrata, la consapevolezza, da parte della banca, dello stato d’insolvenza in cui la società correntista si trovava, non potendo la relativa prova esser dedotta dalla mera qualità soggettiva dell’istituto di credito nè dall’andamento del conto corrente, alterno e comunque non particolarmente anomalo.
Il curatore del fallimento ha proposto ricorso per cassazione, lamentando vizi di motivazione della sentenza impugnata.
La banca intimata ha resistito con controricorso.
2. Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380-bis e 375 c.p.c., poichè è prospettabile la sua manifesta infondatezza.
La curatela ricorrente insiste nell’evidenziare gli elementi indiziari che, a suo parere, dimostrerebbero la sussistenza nel caso di specie del requisito della scientia decoctionis postulato dalla L. Fall., art. 67, comma 2, traendo argomento dalla particolare funzione e dalla competenza degli istituti di credito nella valutazione delle condizioni patrimoniali dei propri clienti e dall’andamento del rapporto di conto corrente intrattenuto con la società poi fallita.
Si tratta però di valutazioni di merito, che non intaccano la tenuta logica del ragionamento svolto dalla corte d’appello, la quale ha tuttavia apprezzato diversamente quei medesimi elementi.
Non essendo perciò ravvisabili nè vizi logici interni alla motivazione del provvedimento impugnato, nè l’omessa considerazione di circostanze decisive risultanti dall’istruttoria e evidenziate nel ricorso, questo non appare accoglibile”.
La corte condivide tali considerazioni, che non appaiono idoneamente scalfite dai rilievi formulati nella memoria successivamente depositata dal ricorrente, il quale insiste nel ravvisare una contraddizione logica nel fatto che la corte d’appello abbia riconosciuto la posizione privilegiata in cui si trovano gli istituti di credito nel valutare i sintomi di insolvenza dei propri debitori poi però svalutando il significato indiziario di tali sintomi. Ma la contraddizione non sussiste, avendo l’impugnata sentenza correttamente osservato che l’indubbia capacità degli istituti di credito di monitorare meglio di altri le condizioni patrimoniali dei propri clienti non implica che la banca, sol perchè tale, sia sempre a conoscenza dello stato d’insolvenza del debitore. Per il resto, la valutazione compiuta dalla corte territoriale in ordine alla rilevanza indiziaria degli elementi acquisiti al giudizio e la cernita di quelli dotati o meno di reale significatività si risolve in un giudizio di merito al quale questa corte non potrebbe sovrapporre il proprio.
Al conseguente rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 30 giugno 2011.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2011