Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18472 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 09/07/2019), n.18472

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 307-2018 proposto da:

SACED – SOCIETA’ APPALTI COSTRUZIONE EDILI SRL IN LIQUIDAZIONE, in

persona del liquidatore legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI N.

103, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PALMA, rappresentata e

difesa dagli avvocati ERNESTO DE MARIA, LUCA MIGLIORE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del

Ministro pro tempore, domiciliato ex lege in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ex lege;

– controricorrente –

e contro

PROVVEDITORATO INTERREGIONALE DELLE OPERE PUBBLICHE PER LA CAMPANIA,

IL MOLISE, LA PUGLIA, LA BASILICATA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4319/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 05/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARULLI

MARCO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con il ricorso in atti la s.r.l. S.A.C.E.D. impugna l’epigrafata sentenza con la quale la Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame da essa proposto avverso la decisione di primo grado, che ne aveva rigettato ogni pretesa relativa alle riserve afferenti al contratto d’appalto rep. (OMISSIS) del 2.2.1990, ha riformato l’impugnata decisione nel capo in cui questa aveva disconosciuta la riserva 1 (Oneri conseguenti alla maggiore durata della prestazione contrattuale) – ridimensionandone, peraltro, l’ammontare – e ne ha confermato viceversa la statuizione di rigetto in relazione alla riserva 2 (Ritardata emissione dello Stato finale).

S.A.C.E.D. chiede ora la cassazione di detta sentenza sul rilievo 1) della violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e/o 5 degli artt. 1176 e 1375 c.c. in combinato disposto con il D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, art. 26, con il R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 54 e “ove occorra” con il D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 165 nonchè del D.P.R. n. 1063 del 1962, artt. 13 e 14 poichè a suo giudizio la motivazione adottata dal decidente onde accogliere solo parzialmente il motivo di appello afferente alla riserva 1 “presenta profili di illegittimità nell’applicazione e nell’interpretazione delle norme regolatrici delle pubbliche commesse che hanno portato ad una motivazione illogica ed incongrua anche nel calcolo dei giorni di ritardo a carico dell’amministrazione committente”, manifestatisi tanto nel ridurre i giorni di ritardo nella conclusione dell’opera da 100 a 64 che nel disconoscere il maggior costo dovuto alla ridotta produttività di una squadra tipo; 2) della violazione e falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e/o 5 degli artt. 1176 e 1375 c.c. in rapporto alla L. 10 dicembre 1981, n. 741, art. 5, al D.P.R. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 187 e al D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 38 nonchè dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il mancato riconoscimento dei costi generali di sede, dovuti viceversa per la protrazione del vincolo contrattuale dopo l’esecuzione del contratto senza che intervenisse il previsto collaudo e del fatto che “l’appaltatore non è liberato dei propri obblighi nei confronti del committente fino a quando il collaudo non è approvato”.

Resiste al ricorso l’Amministrazione intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il primo motivo di ricorso è affetto da plurime ragioni di inammissibilità.

Esso opera inizialmente un’impropria mescolanza di mezzi di impugnazione affatto eterogenei, non essendo invero consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili quale quello afferente alla pretesa violazione di norme di diritto, che presuppone che gli elementi di fatto della vicenda scrutinata siano incontroversi, e quello che, argomentando, come qui, una mera anomalia motivazionale – tanto da indurre il deducente a parlare come visto di motivazione “illogica ed incongrua” – quegli elementi intende mettere invece in discussione (Cass., Sez. I, 23/09/2011, n. 19443), a nulla valendo in contrario appellarsi al principio di effettività della tutela giurisdizionale, in ossequio al quale si reputa non incompatibile con il regime di tassatività dei motivi di ricorso la prospettazione nello stesso motivo di distinte questioni, ciò postulando che la sua illustrazione renda possibile identificare con chiarezza le diverse questioni sollevate (Cass., Sez. U, 6/05/2015, n. 9100), circostanza che nella specie è manifestamente manchevole, atteso il sopra riportato tenore della doglianza.

Contravviene, poi, laddove lamenta l’erroneità in diritto della decisione, lo statuto di censurabilità per cassazione dell’errore di diritto, giacchè, anche quando sopravanzando la sola indicazione delle norme violate contenuta nella rubrica, si dà cura di richiamare talune di esse nell’illustrazione del motivo, viene meno al precetto secondo cui il vizio in parola deve essere dedotto, non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione (Cass., Sez. I, 29/11/2016, n. 24298).

Sollecita, infine, un’indiretta valutazione del sindacato di fatto operato dal decidente riguardo all’estensione del ritardo e al costo non riconosciuto pari all’intera produttività di una squadra tipo, entrambe le doglianze risolvendosi nell’opporre al giudizio esternato dal decidente il proprio e nel chiedere a questa Corte di farsi nuovamente arbitro della contesa, quantunque non sia notoriamente questo l’ufficio a cui è preposta dall’ordinamento processuale la Corte di Cassazione (Cass., Sez. V, /28/11/2014, n. 25332).

3. Anche il secondo motivo è fulminato parimenti di inammissibilità rilevabile sotto più profili.

Esso, considerato previamente che il decidente del grado si è indotto a confermare la decisione di primo grado in ordine al rigetto delle pretese inerenti alla riserva 2 osservando, in primo luogo, che “trattasi di voci e oneri che, prima ancora che provate, neanche risultano specificatamente dettagliate”, per poi prendere posizione riguardo all’applicazione della L. n. 741 del 1981, art. 5, omette di confrontarsi con tutte le ragioni della decisione, astenendosi dal replicare in particolare con il primo assunto declinato, sicchè l’interlocuzione in cui si intrattiene il motivo, allegando solo che la decisione si porrebbe in urto con i precetti ritraibili dalla L. n. 741 del 1981, art. 5, non esaurisce tutte le diverse rationes decisionali per gli effetti preclusivi già sanciti da questa Corte (Cass., Sez. 1, 18/09/2006 n. 20118).

Ostenta, poi, una denuncia motivazionale, che oltre ad assommare in sè profili già incompatibili sotto il vigore del soppresso dettato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., Sez. I, 23/09/2011, n. 19443), è resa ora tanto più inattuale dalla riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione conseguente alla novellazione di quel dettato ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.

Incorre, infine, nei medesimi vizi di cui si è fatto richiamo per l’innanzi, giacchè le censure in diritto sono esposte solo con parziale riferimento ad affermazioni operate in sentenza ed è per contro manifesto il tentativo di addivenire ad una diversa lettura delle risultanze processuali sollecitando una revisio prioris stardiae che non è nelle corde del giudizio di legittimità.

4. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

5. Spese alla soccombenza.

6. Ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 4100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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