Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18472 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. II, 04/09/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 04/09/2020), n.18472

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19101-2019 proposto da:

B.H., rappresentata e difesa dall’Avvocato DAMIANO FIORATO,

presso il cui studio a Genova, via Dante 2/190, per procura speciale

rilasciata in data 24/5/2019 in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– resistente –

avverso il DECRETO n. 3777/2019 del TRIBUNALE DI MILANO, depositato

il 26/4/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/1/2020 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.H., con ricorso notificato il 27/5/2019, ha proposto ricorso per la cassazione del decreto con il quale, in data 26/4/2019, il tribunale di Milano ha rigettato la sua domanda di protezione internazionale.

Il ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Il ricorso è palesemente inammissibile ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il medesimo manca di un’esposizione dei fatti della causa che consenta alla Corte di comprendere l’oggetto della pretesa e il tenore del provvedimento impugnato in coordinamento con i motivi di censura (Cass. n. 24291 del 2016; Cass. n. 22860 del 2014).

1.2. In effetti, come questa Corte ha di recente ribadito, “l’art. 366 c.p.c., nel dettare le condizioni formali del ricorso, ossia i requisiti di “forma-contenuto” dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, configura un vero e proprio “modello legale” del ricorso per cassazione, la cui mancata osservanza è sanzionata con l’inammissibilità del ricorso stesso. Con particolare riferimento al requisito della “esposizione sommaria dei fatti della causa” (art. 366 c.p.c., n. 3), che deve avere ad oggetto sia i fatti sostanziali che i fatti processuali necessari alla comprensione dei motivi, va osservato che tale requisito è posto, nell’ambito del modello legale del ricorso, non tanto nell’interesse della controparte, quanto in funzione del sindacato che la Corte di cassazione è chiamata ad esercitare e, quindi, della verifica della fondatezza delle censure proposte. Esiste pertanto un rapporto di complementarità tra il requisito della “esposizione sommaria dei fatti della causa” di cui art. 366 c.p.c., n. 3 e quello – che lo segue nel modello legale del ricorso – della “esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione” (art. 366 c.p.c., n. 4), essendo l’esposizione sommaria dei fatti funzionale a rendere intellegibili, da parte della Corte, i motivi di ricorso di seguito formulati. In altri termini, secondo il “modello legale” apprestato dall’art. 366 c.p.c., la Corte di cassazione, prima di esaminare i motivi, dev’essere posta in grado, attraverso una riassuntiva esposizione dei fatti, di avere contezza sia del rapporto giuridico sostanziale originario da cui è scaturita la controversia, sia dello sviluppo della vicenda processuale nei vari gradi di giudizio di merito, in modo da poter procedere poi allo scrutinio dei motivi di ricorso munita delle conoscenze necessarie per valutare se essi siano deducibili e pertinenti; valutazione – questa – che è possibile solo se chi esamina i motivi sia stato previamente posto a conoscenza della vicenda sostanziale e processuale in modo complessivo e sommario, mediante una “sintesi” dei fatti che si fondi sulla selezione dei dati rilevanti e sullo scarto di quelli inutili. Perciò, il difensore chiamato a redigere il ricorso per cassazione – che, per legge, dev’essere un professionista munito di quella particolare specializzazione attestata dalla sua iscrizione nell’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione deve procedere ad elaborare autonomamente “una sintesi della vicenda fattuale e processuale”, selezionando i dati di fatto sostanziali e processuali rilevanti (domande, eccezioni, statuizioni delle sentenze di merito, motivi di gravame, questioni riproposte in appello, etc.) in funzione dei motivi di ricorso che intende formulare, in modo da consentire alla Corte di procedere poi allo scrutinio di tali motivi disponendo di un quadro chiaro e sintetico della vicenda processuale, che le consenta di cogliere agevolmente il significato delle censure, la loro ammissibilità e la loro pertinenza rispetto alle rationes decidendi della sentenza impugnata…. Per quanto rileva ai fini dello scrutinio del presente ricorso, va osservato che l’esposizione dei fatti della causa deve precedere i motivi di ricorso ed essere autonoma rispetto ad essi (cfr. Cass., Sez. 2, n. 18887 del 2017, non massimata); ciò si ricava dal significato della diversa e susseguente numerazione che, nell’ambito dell’art. 366 c.p.c. e del “modello legale” di ricorso da esso configurato, è attribuita a “l’esposizione sommaria dei fatti della causa” ed a “i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme su cui si fondano”, rispettivamente indicati ai nn. 3) e 4) della disposizione codicistica; e si ricava prima ancora dalla anzidetta funzione complementare e strumentale della esposizione sommaria dei fatti rispetto alla comprensione dei motivi. Deriva da ciò che la mancanza o la carenza dell’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato determina ex se l’inammissibilità del ricorso e non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, nè attraverso l’esame di altri atti processuali…” (così, Cass. n. 10072 del 2018).

1.3. Ora, nel caso di specie, la ricorrente ha così ricostruito il “fatto”: “con ricorso in primo grado davanti al Tribunale di Milano del 31.08.2017 la signora B.H. C.F…, cittadina della Repubblica Popolare Cinese, impugnava il provvedimento notificato con cui la Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di Genova rigettava ogni richiesta della ricorrente. All’esito dell’instaurato giudizio di primo grado… il Tribunale di Milano, con DECRETO DI RIGETTO 3777/2018 rigettava il ricorso proposto… DALLA Signora B.H. motivando apoditticamente per la non conoscenza degli elementi dalla Chiesa di Dio Onnipotente ed evitando di esaminare e pronunciarsi sulle prove all’uopo proposte dalla ricorrente”. Si tratta, com’è evidente, di una esposizione dei fatti (che l’illustrazione dei motivi integra solo in modo frammentario e disorganico e, come tale) del tutto insufficiente, nella quale, invero, la ricorrente, senza aver compiutamente riportato nè le domande nè le eccezioni delle parti, ha omesso del tutto di esporre quale sia stata la decisione della commissione territoriale, di precisare quale parte abbia proposto opposizione e per quali ragioni e, infine, di rappresentare quale sia stata la decisione del tribunale oggi impugnata con il ricorso. In tali condizioni, alla stregua delle ragioni e dei principi di diritto dianzi evidenziati, la Corte ritiene che il ricorrente non abbia compiutamente assolto l’onere previsto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, con la conseguenza che il ricorso è inammissibile.

2. Il ricorso dev’essere, quindi, dichiarato inammissibile.

3. Nulla per le spese di lite, in mancanza di effettiva ed idonea attività difensiva da parte del ministero resistente.

4. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione seconda civile, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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