Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18471 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. II, 04/09/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 04/09/2020), n.18471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. PECARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. CASADONE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19892/2019 proposto da:

H.J., rappresentato e difeso dall’avv. Ripa Barbara;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2942/2018 della Corte di Appello di Ancona,

depositata il 22.12.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15.01.2020 dal Consigliere Dr. Elisa Picaroni.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. H.J., nato in (OMISSIS), ricorre per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 2942/2019, pubblicata il 12 dicembre 2019, che ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona in data 8 novembre 2017, che aveva confermato la decisione della Commissione territoriale per la protezione internazionale di Ancona, di diniego di ogni forma di protezione.

2. La Corte d’appello ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento sia dello status di rifugiato sia della protezione sussidiaria, ed ha negato altresì la protezione umanitaria per assenza di specifiche situazioni soggettive sussumibili nelle previsioni di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

3. Il ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata è articolato in tre motivi. Non ha svolto difese l’intimato Ministero dell’interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8 e art. 14, lett. c), nonchè omesso esame di fatti decisivi, e si contesta il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

Il ricorrente richiama le sentenze della Corte di giustizia n. 172 del 2009 Elgafaji c. Paesi Bassi, e n. 285 del 2014 Diakitè c. Commissaire general aux refugies et aux apatrides, e le nozioni ivi enucleate di situazione di violenza indiscriminata e di conflitto armato interno, che a suo dire la Corte d’appello non avrebbe applicato correttamente. Il ricorrente contesta il mancato esercizio di poteri istruttori officiosi al fine di accertare la situazione attuale del Paese d’origine, connotata dalla generalizzata conflittualità per ragioni etnico-religiose e dalla mancanza di protezione da parte dell’autorità statale.

In ogni caso, la motivazione della Corte d’appello sarebbe erronea anche nella prospettiva secondo cui le ragioni dell’allontanamento del ricorrente dal Paese d’origine erano riconducibili all’ambito familiare. In tale ipotesi sarebbe stato necessario che la Corte verificasse, anche avvalendosi dei poteri istruttori officiosi, se nell’area di provenienza del ricorrente sia possibile ottenere protezione dalle autorità locali.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, art. 19, comma 2, e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, comma 3, e si lamenta il diniego della protezione umanitaria.

Il ricorrente evidenzia il carattere residuale della tutela indicata – ulteriormente avvalorato dalla L. n. 3 del 2017, che ha aggiunto al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 il comma 1.1. – finalizzata a proteggere la persona che si trovi in situazione di vulnerabilità attuale o possa trovarvisi come conseguenza del rimpatrio.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 6, D.Lgs. n. 25 del 2008 art. 14 e 8, artt. 2 e 3 CEDU, e si lamenta che la Corte d’appello avrebbe rigettato la domanda (di protezione sussidiaria) senza avere verificato se nel paese d’origine del richiedente, la Nigeria, vi sia controllo delle autorità statali sulle situazioni di violenza diffusa.

4. I motivi sono privi di fondamento ove non inammissibili.

4.1. La Corte d’appello ha evidenziato che, in base a quanto raccontato dal sig. H., l’allontanamento dal paese d’origine era stato programmato per ragioni personali di natura economica; che, in ogni caso, non sussistevano elementi sufficienti per ritenere fondato il timore di persecuzioni ovvero, in via gradata, il timore che il medesimo H. in caso di rientro nel paese d’origine subisse un danno grave.

In particolare, dopo avere chiarito il significato della previsione normativa in tema di protezione sussidiaria, alla luce della giurisprudenza sia sovranazionale (Corte di giustizia U.E., n. 172/2009, Elgafaji, nonchè n. 285/2012, Diakitè) sia di legittimità (ex plurimis, Cass. 21/07/2017, n. 18130), la Corte d’appello ha escluso che l’area di provenienza del richiedente, il Delta State della Nigeria, rientrasse tra le zone direttamente interessate da attacchi terroristici e disordini generalizzati.

L’affermazione, supportata dal riferimento puntuale alla situazione geopolitica della Nigeria con richiamo a report affidabili (sito istituzionale del Ministero degli esteri e Amnesty International 2016-2017), risulta immune dai vizi denunciati con il primo e con il terzo motivo.

5. La Corte d’appello ha poi argomentato il diniego della protezione umanitaria evidenziando che non vi erano elementi per apprezzare il grado di integrazione raggiunto in Italia dal richiedente (non risultava attestato lo svolgimento di attività), e che dal suo racconto neppure si poteva desumere che egli fosse coinvolto in situazioni connotate da compressione dei diritti umani. La Corte di merito ha dunque ritenuto insussistente la condizione di vulnerabilità.

A fronte di tale giudizio, il ricorrente censura la mancata valutazione comparativa tra la condizione raggiunta nel paese di accoglienza e quella in cui di troverebbe a vivere rientrando nel paese d’origine, ma non allega nè descrive quali sarebbero le circostanze di fatto, personali e peculiari, diverse da quelle poste a fondamento delle altre domande di protezione, giustificative della richiesta di protezione umanitaria.

Il motivo di ricorso si rivela pertanto inammissibile per difetto di rilevanza (ex plurimis, Cass. 07/08/2019, n. 21123).

6. Il ricorso è rigettato senza statuizione sulle spese, in assenza di attività difensiva del Ministero dell’interno. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

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