Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1847 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 28/01/2021), n.1847

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Aldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14680-2019 proposto da:

F.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE D’ALESSANDRO;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEL VIGNOLA

36, presso lo studio dell’avvocato GENNARO LEONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARIA TERESA SCIALANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 176/2018 della CORTE D’APPUI D di POTENZA,

depositata il 06/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

OSSERVA

– il Tribunale di Lagonegro rigettò la domanda, che qualificò fondata sull’art. 1079 c.c., con la quale G.A. aveva chiesto, nei confronti di F.N., che fosse rimosso l’ostacolo (la costruzione di un muro) frapposto alla percorribilità con mezzi meccanici di una strada, attraverso la quale si giungeva a un appezzamento, attrezzato a campi da tennis, di sua proprietà, non avendo essa attrice soddisfatto l’onere probatorio a suo carico, non essendo sufficiente la esistenza della strada a dimostrare il diritto di passaggio;

– la Corte d’appello di Potenza, accoglieva l’impugnazione della G. ritenendo che costei non avesse agito a tutela di una servitù di passaggio, bensì al fine di potere mantenere il libero accesso alla strada comunale, costituente unico percorso per raggiungere la proprietà di sua appartenenza, strada comunale la cui esistenza il convenuto non aveva negato (si era limitato a sostenere che aveva costruito un muro a protezione della sua proprietà, invasa dal percorso pubblico) e la non percorribilità era stata causata dalla deviazione posta in essere dall’appellato con l’edificazione del muro, di talchè trovava applicazione il principio enunciato da Cass. n. 3707, 14/2/2013, Rv. 625069;

– con il ricorso, fondato su un unico motivo, contro il quale resiste con controricorso la G., il F. prospetta “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per avere omesso di considerare un fatto decisivo; omessa e contraddittoria motivazione”, assumendo che la sentenza d’appello non aveva tenuto conto delle condizioni della strada (sterrata e accidentata, tale da non essere praticabile), che era transitabile solo perchè invadeva la di lui proprietà (fino alla costruzione del muro, posto a difesa dei propri confini) e la sentenza d’appello aveva “erroneamente ritenuto consolidata e non usurpativa la modificazione del tratto stradale”, errando ulteriormente a riqualificare la domanda attorea da actio confessoria servitutis d’azione a tutela del pubblico transito;

– la doglianza non supera il vaglio d’ammissibilità, in quanto:

a) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (si rimanda alla sentenza delle S.U. n. 8053/2014); non residuano spazi per ulteriori ipotesi di censure che investano il percorso motivazionale, salvo, appunto, l’ipotesi, che qui non ricorre e, peraltro, neppure viene adombrata, del difetto assoluto di motivazione;

b) in disparte è utile soggiungere che ove la doglianza intendesse investire, poi, l’apprezzamento delle prove effettuato dal giudice del merito, questo non è qui sindacabile, neppure attraverso l’escamotage dell’evocazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto, come noto, una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr., da ultimo, Sez. 6-1, n. 27000, 27/12/2016, Rv. 642299);

c) correttamente la Corte di Potenza ha richiamato il principio di diritto espresso da questa Corte, secondo il quale se alcuni proprietari, che fruiscono del passaggio di uso pubblico su una strada vicinale, convengono in giudizio un soggetto che ne compromette illegittimamente il godimento al fine di sentirlo condannare alla rimozione dell’ostacolo, senza chiedere tuttavia l’accertamento di un diritto di servitù, non risulta proposta una “confessoria servitutis” e, pertanto, non sussiste il litisconsorzio necessario tra tutti i titolari degli immobili serviti dalla strada (Sez. 2, n. 3707, 14/2/2013, Rv. 625069); principio di diritto enunciato, ove si legga la sentenza per esteso, a soluzione di un caso largamente sovrapponibile, venendo in rilievo, anche in quella ipotesi, la transitabilità pubblica di una strada vicinale;

d) non è, infine, sindacabile il giudizio di qualificazione della domanda operata dal giudice, denunziata, invece che su un allegato e specifico vizio processuale (per una elencazione di tali ipotesi si veda Cass. n. 11103/2020), operando una ricostruzione fattuale alternativa.

Diritto

CONSIDERATO

che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (seni. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che il regolamento delle spese segue la soccombenza e le stesse vanno liquidate, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle svolte attività, siccome in dispositivo;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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