Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18469 del 21/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 21/09/2016, (ud. 19/05/2016, dep. 21/09/2016), n.18469

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26708/2012 proposto da:

S.C.N., S.L., C.G.,

elettivamente domiciliate in ROMA VIA DUILIO 13, presso lo studio

dell’avvocato CARLO PISANI, che le rappresenta e difende giusta

delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 12/2011 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 20/01/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/05/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per le ricorrenti l’Avvocato CAPOZZI per delega dell’Avvocato

PISANI che si riporta al ricorso e alla memoria;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’accoglimento per quanto di

ragione del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle Entrate ha notificato a C.G., S.L. e S.C.N. avviso di liquidazione per imposta relativa alla successione di S.G., nonchè imposta ipotecaria, catastale e INVIM sulla base di decisione, passata in giudicato, della commissione tributaria provinciale di Roma n. 106/50/22 depositata il 9 aprile 2002.

I contribuenti hanno impugnato l’avviso innanzi alla commissione tributaria provinciale di Roma, eccependo essere la liquidazione basata su una rendita superiore a quella accertata con la predetta sentenza definitiva, nonchè erroneo calcolo degli interessi, corrispondendo peraltro quanto ritenuto dovuto per imposte e interessi.

La sentenza di primo grado che li ha visti vittoriosi è stata appellata dall’ufficio contribuente ed è stata riformata dalla commissione tributaria regionale del Lazio in Roma, accogliendosi la pretesa dell’ufficio limitatamente agli interessi.

Avanzata da una delle parti in data 19 marzo 2012 istanza telematica di definizione della lite pendente a norma del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, essa è stata rigettata con provvedimento notificato il 28 settembre 2012.

Avverso questo provvedimento di diniego la parte contribuente propone impugnazione, dedicando a tale profilo il primo motivo dell’atto processuale, con contestuale ricorso per cassazione avverso la sentenza della commissione regionale, affidato a ulteriori tre motivi, rispetto al quale l’agenzia non svolge difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il testo del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, come risultante dal D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, art. 29, comma 16-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2012, n. 14, dispone che “al fine di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie e quindi concentrare gli impegni amministrativi e le risorse sulla proficua e spedita gestione del procedimento di cui al comma 9 le liti fiscali di valore non superiore a 20.000 Euro in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 31 dicembre 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensi della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16”. La lett. c) del comma 12 dell’art. 39 ha previsto anche la sospensione dei termini “… per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio”.

2. – Ciò posto, nel caso di specie, essendo il valore della lite pari al differenziale tra la somma pretesa con avviso di Euro 23.152,77 e l’importo corrisposto in quanto incontestato di Euro 17.848,11, l’istanza di definizione avanzata durante la pendenza della lite è stata rigettata dall’ufficio con riferimento motivazionale, nel provvedimento, al punto 4.4 della circolare n. 48/E, ove si fa menzione della non definibilità, in via ordinaria, in ordine alle pretese scaturenti da atti meramente liquidativi, conseguenti cioè all’applicazione di meri criteri matematici, come in materia di imposta di successione.

3. – Al riguardo, va chiarito che come già affermato da questa corte (cfr. sez. 5 n. 20898 del 2014) in tema di condono fiscale la controversia concernente l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione emanato sulla base di dichiarazione proveniente dagli eredi, senza rettifica di valori e senza irrogazione di sanzioni, da parte dell’Amministrazione, effettivamente esula dal concetto normativo di lite pendente e, quindi, dalla possibilità di definizione agevolata ai sensi dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16, atteso che in tal caso l’atto assume una funzione di mera liquidazione del tributo in base ad un semplice calcolo contabile. Viceversa, come affermato ad es. da sez. 5 n. 8196 del 2011 oltre altre, ferma la non definibilità delle controversie aventi ad oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale dell’Amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni, rientra nell’ambito applicativo del beneficio la controversia conseguente all’impugnazione dell’avviso di liquidazione dell’imposta di successione il quale partecipi nella sostanza alla funzione propria dell’accertamento, ad es. in quanto emesso previa rettifica da parte dell’ufficio finanziario (caso della decisione ult. cit.) o in quanto applicata una imposta in luogo di altra caso (caso esaminato da sez. 5 n. 22846 del 2010) o per essere viziato l’atto impositivo (nella ipotesi esaminata da sez. 5 n. 5938 del 2009, per l’inosservanza di termine).

4. – Su tali basi, non pare dubbio che le contestazioni circa l’avere l’ufficio applicato una rendita catastale in luogo di altra corretta, ovvero avere erroneamente calcolato gli interessi qualificano l’atto come non meramente liquidativo, rendendo definibile la lite, a prescindere dal fondamento delle contestazioni (così sez. 5 ult. cit.).

5. – Va dunque accolta l’impugnazione del diniego di definizione, con assorbimento dell’esame del ricorso per cassazione e dichiarazioni di estinzione del giudizio, restando fermo il potere dell’amministrazione di verificare la correttezza del corrisposto e altri profili non investiti della disamina in sede giudiziaria (v. sez. 5 n. 22043 del 2006).

6. – Vanno alla luce della tipologia di decisione compensate le spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso avverso il diniego di condono e dichiara estinto il giudizio; compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 19 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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