Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18468 del 12/07/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 18468 Anno 2018
Presidente: MANNA ANTONIO
Relatore: LORITO MATILDE

ORDINANZA
sul ricorso 18604-2016 proposto da:
AMOROTTI PAOLO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DEGLI

SCIPIONI

N.268/A,

presso

lo

studio

dell’avvocato GIORGIO ANTONINI, rappresentato e
difeso dagli avvocati PIERGIOVANNI ALLEVA e MICHELE
DI CHIO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2018
1701

GIACOMO BRODOLINI SOC. COOP. A R.L., in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo
studio dell’avvocato GERARDO VESCI, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati

Data pubblicazione: 12/07/2018

GERMANO DONDI e ANDREA RONDO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 567/2016 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 23/05/2016, R. G. N.

72/2016;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

n.r.g.18604/2016

RILEVATO CHE

A fondamento del decisum, per quanto in questa sede rileva, osservava
che:
a) l’atto di incolpazione concerneva la indebita fruizione di un permesso
sindacale, che ridondava in termini di ingiustificata assenza dal lavoro;
b) il licenziamento intimato non aveva introdotto elementi di novità
rispetto a quelli enunciati in sede di contestazione disciplinare;
c) dalla esperita attività istruttoria, era emersa la prova che il lavoratore
non avesse svolto attività sindacale, non solo nei giorni 13-15 novembre
2014 (come attestato all’esito della attività investigativa predisposta dal
datore di lavoro), ma anche nei giorni10-12 novembre, nei quali il
lavoratore aveva dedotto di essere rimasto presso la propria abitazione a
reperire materiale necessario al dibattito sul tema jobs act, cui avrebbe
dovuto partecipare, senza, tuttavia, dimostrare l’assunto;
d) la società aveva quindi dimostrato che l’assenza ingiustificata dal lavoro
si era protratta per almeno quattro giorni, legittimando, in coerenza con le
previsioni del c.c.n.l. di settore, l’irrogazione della massima sanzione
disciplinare che rinveniva comunque fondamento nella gravità della
mancanza – anche in relazione al ruolo sindacale rivestito dal lavoratore idonea ad inficiare l’elemento fiduciario ponendo in dubbio il futuro
corretto adempimento degli obblighi correlati al rapporto di lavoro.
Avverso tale decisione interpone ricorso per cassazione l’Amorotti affidato
a cinque motivi. Resiste con controricorso la società intimata.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art.60 comma 1 c.c.n.l. per i dipendenti di imprese e società esercenti
servizi ambientali del 21/3/2012. La disposizione contrattuale prevede che

La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza pubblicata in data 23/5/2016,
in riforma della pronuncia resa dal Tribunale della stessa sede, rigettava le
domande proposte da Amorotti Paolo nei confronti della società Giacomo
Brodolini Cooperativa a r.l. volte a conseguire la declaratoria di
illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli in data
29/12/2014.

n. r.g. 18604/2016

i permessi sindacali possano essere richiesti oltre che per la partecipazione
alla assemblea politica, in cui consiste propriamente il Direttivo, anche per
la partecipazione a gruppi di studio-lavoro, convegni, congressi. La
richiesta di permessi sindacali era dunque, valida per un corso formativo
quindi nessuna falsa attestazione circa i “Direttivi “da celebrarsi per una
settimana era stata mai inviata dal coordinatore sindacale.

Come le Sezioni Unite insegnano, l’onere del deposito degli atti
processuali, dei documenti e dei contratti c degli accordi collettivi sui quali
si fonda il ricorso, sancito, a pena di sua improcedibilità, dall’art. 369, co.
2, n. 4, c.p.c., è soddisfatto: a) qualora il documento sia stato prodotto
nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di quelle
fasi, mediante il deposito di quest’ultimo, specificandosi, altresì, nel
ricorso l’avvenuta sua produzione e la sede in cui quel documento sia
rinvenibile; b) se il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla
controparte, mediante l’indicazione che lo stesso è depositato nel relativo
fascicolo del giudizio di merito, benché, cautelativamente, ne sia
opportuna la produzione per il caso in cui quella controparte non si
costituisca in sede di legittimità o la faccia senza depositare il fascicolo o
lo produca senza documento; c) qualora si tratti di documento non
prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od
all’ammissibilità del ricorso, oppure attinente alla fondatezza di
quest’ultimo e formato dopo la fase di merito e comunque dopo
l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante il suo deposito, previa
individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso
(Cass. SS.UU. 7/11/2013 n. 25038; Cass., SS. UU. 25/3/2010 n. 7161;
conformi fra le altre Cass.26/9/2016 n.18866, Cass.18/9/2017 n.21554).
Inoltre questa Corte, sempre a Sezioni Unite, con sentenza del
23/10/2010 n. 20075 ha sancito che il richiamato art. 369 c.p.c., comma
2, n.4, deve interpretarsi nel senso che, allorché il ricorrente denunci la
violazione o falsa applicazione di norme dei contratti e accordi collettivi
nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il deposito
suddetto deve avere ad oggetto, a pena d’improcedibilità, non già solo
l’estratto recante le singole disposizioni collettive su cui il ricorso si fonda,
ma anche il testo integrale del contratto o accordo collettivo di livello
nazionale contenente tali disposizioni.
Si è, infatti, statuito (Cass. Sez. Lav. 4/3/2015 n. 4350) che “nel giudizio
di cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art.369, secondo
2

2. Il motivo presenta una causa di improcedibilità, riferibile alla dedotta
violazione delle richiamate norme collettive.

n. r.g. 18604/2016

comma, n.4, cod. proc. civ., nella formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio
2006, n. 40 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo
integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla funzione

Nello specifico il ricorrente ha prodotto solo estratti di contratto di settore
come da indice analitico in calce al ricorso, onde la censura non si sottrae,
per quanto sinora detto, ad un giudizio di improcedibilità.
3. Con il secondo ed il terzo motivo si prospetta violazione dell’art.7
1.300/70 e dell’art.24 Cost. Si critica la sentenza impugnata per aver
denegato la discrepanza esistente fra la imputazione di assenza
ingiustificata prolungata, contenuta nella lettera di contestazione e
l’esplicazione della giusta causa di recesso contenuta nella lettera di
licenziamento, in termini di rappresentazione falsa della realtà. La società,
in violazione dei principi statutari e di rango costituzionale, avrebbe
mutato il comportamento contestato come illecito; (da abusiva richiesta
di permessi per un Direttivo inesistente a mancata coincidenza temporale
tra permessi e svolgimento di corsi).
4. I motivi, che possono congiuntamente trattarsi siccome connessi,
vanno disattesi.
Ed invero, in tema di interpretazione del contratto – ed in ragione del
rinvio ad esse operato dall’art. 1324 cod. civ., anche dei negozi unilaterali
– il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in
sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di
merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di
ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con
conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà
negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa
valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (vedi
Cass.10/02/2015 n. 2465).
Deve infatti essere ribadito che in materia di interpretazione del contratto,
l’accertamento della volontà della parte in relazione al contenuto del
negozio – che per quelli unilaterali (cfr. Cass.6/5/2015 n.9127) va
modulata in relazione all’intento proprio del soggetto che ha posto in
essere il negozio, restando fermo il criterio dell’ interpretazione
3

nomofilattica defla Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del
canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 cod. civ.; né, a tal fine, può
considerarsi sufficiente il mero richiamo, in calce al ricorso, all’intero
fascicolo di parte del giudizio di merito, ove manchi una puntuale
indicazione del documento nell’elenco degli atti.

n. r.g. 18604/2016

Ne discende che la possibilità di censurare tale accertamento in sede di
legittimità – a parte l’ipotesi (qui di certo non ricorrente) in cui la
motivazione sia cosi inadeguata da non consentire la ricostruzione dell’iter
logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire all’atto negoziale
un determinato contenuto – è limitata al caso di violazione delle norme
ermeneutiche, violazione da dedursi con la specifica indicazione nel ricorso
per cassazione del modo in cui il ragionamento del’ giudice si sia da esse
discostato, poiché in caso contrario la critica alla ricostruzione del
contenuto della comune volontà si traduce nella proposta di
un’interpretazione diversa, inammissibile come tale in sede di legittimità
(v., per tutte, Cass., 26/3/2001, n.4342).
In altri termini, il ricorso in sede di legittimità, riconducibile, in linea
generale, al modello dell’argomentazione di carattere confutativo, laddove
censuri l’interpretazione del contratto accolta dalla sentenza impugnata,
non può assumere tutti i contenuti di cui quel modello è suscettibile,
dovendo limitarsi a evidenziare l’invalidità dell’interpretazione adottata
attraverso la allegazione (con relativa dimostrazione) dell’inesistenza o
della assoluta inadeguatezza dei dati tenuti presenti dal giudice di merito
o anche solo delle regole giustificative (anche implicite) che da quei dati
hanno condotto alla conclusione accolta, non potendo invece affidarsi alla
mera contrapposizione di un risultato diverso sulla base di dati
asseritamente più significativi o di regole di giustificazione prospettate
come più congrue (vedi Cass. 23/8/2006 n.18375).
5. Nello specifico, non può tralasciarsi di considerare che il ricorrente ha
prospettato una esegesi della lettera di contestazione e dell’atto di recesso
intimato dalla società datoriale, in chiave meramente contrappositiva
rispetto a quella resa dalla Corte distrettuale, senza addurre
argomentazioni tali da ritenere che la struttura argomentativa che
innervava l’impugnata sentenza, si traducesse in effettiva violazione dei
canoni ermeneutici che attengono agli atti negoziali, secondo i principi
innanzi enunciati.
I giudici del gravame hanno infatti argomentato che la lettera di
licenziamento non aveva introdotto inammissibili elementi di novità
rispetto a quelli enunciati nella lettera di contestazione disciplinare (in
termini di prolungata assenza dal lavoro priva di giustificazione),
essendosi limitata a rappresentare una pualificazione giuridica dei fatti
stessi – consistenti nel!’ “avere ottenuto indebitamente il permesso
4

complessiva dell’atto – si traduce in un’indagine di fatto affidata in via
esclusiva al giudice di merito.

n. r.g. 18604/2016

La statuizione della Corte di merito, coerente con il dato documentale ed
in sé del tutto congrua, si pone in continuità con l’insegnamento di questa
Corte secondo cui, ai fini del rispetto delle garanzie previste dalla L. 20
maggio 1970, n. 300, art. 7, per la contestazione dell’infrazione in
relazione alla quale può essere applicata la sanzione disciplinare, il
contraddittorio sul contenuto dell’addebito mosso al lavoratore può
ritenersi violato (con conseguente illegittimità della sanzione stessa,
irrogata per causa diversa da quella enunciata nella contestazione) solo
quando vi sia stata una sostanziale immutazione del fatto addebitato,
inteso con riferimento alle modalità dell’episodio ed al complesso degli
elementi di fatto connessi all’azione del dipendente, ossia quando il
quadro di riferimento sia talmente diverso da quello posto a fondamento
della sanzione da menomare concretamente il diritto di difesa.
Il principio della immutabilità della contestazione attiene, invero, solo alla
relazione tra i fatti contestati e quelli che motivano il recesso; non
riguarda, pertanto, la qualificazione giuridica dei fatti stessi, in relazione
all’indicazione delle norme violate (cfr. Cass. 29/7/1994 n. 7105 ed in
motivazione, Cass. 7/2/2013 n.2935).
6. Il quarto e quinto motivo prospettano travisamento della prova con
riferimento alla Statuizione relativa alla compatibilità fra orari di lavoro ed
orari dei corsi relativi al permesso sindacale conseguito, in relazione
all’art.360 comma primo n.5 c.p.c.. Ci si duole che la Corte di merito abbia
conferito peculiare peso probatorio alle dichiarazioni di un testimone il
quale aveva dichiarato di non avere avuto necessità di fruire del permesso
sindacale per partecipare al corso serale, trascurando di considerare che
la posizione del teste, in termini di orario lavorativo, non era equiparabile
a quella del ricorrente; per di più ritenendo compatibile con l’orario di
lavoro del ricorrente che terminava alle ore 18,30, quello del corso
oggetto di permesso che iniziava alle ore 20, sulla base di elementi di
prova privi di fondamento.
7. Anche tali motivi non sono consentiti in questa sede, perché incidono
sulla valutazione dei fatti elaborata dai giudici del gravame.
La valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità
dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle
ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti
di fatto riservati al giudice di merito, il quale è liberò di attingere il proprio
convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere

sindacale” nel senso della loro particolare gravità, tale da integrare le
nozione di giusta causa.

n. r.g. 18604/2016

accolti, anche se allegati dalle parti (vedi ex aliis, Cass. 4/7/2017 n.
16467). Col novellato testo dell’art.360 comma primo n.5 c.p.c. la scelta
operata dal legislatore è stata quella di limitare la rilevanza del vizio di
motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie
nelle quali esso si converte in violazione di legge: e ciò accade solo
quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare la nullità
della sentenza per “mancanza della motivazione”. L’omesso esame di
elementi istruttori non integra, poi, di per sé, vizio di omesso esame di un
fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque
preso in considerazione dal giudice, bencné la sentenza non abbia dato
conto di tutte le risultanze probatorie.
Nell’ottica descritta lo scrutinio del vizio attinente alla valutazione del
quadro probatorio si arresta entro il confine segnato dal novellato art.360,
co. 1, n. 5, c.p.c., così come rigorosamente interpretato da Cass. SS.UU.
nn. 8053 e 8054 del 7 aprile 2014.
8. Orbene, nello specifico l’iter motivazionale che innerva l’impugnata
sentenza non risponde ai requisiti dell’assoluta omissione, della mera
apparenza ovvero della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità
manifesta, che avrebbero potuto giustificare l’esercizio del sindacato di
legittimità, avendo la Corte dato contezza della esegesi delle acquisizioni
probatorie, laddove ha concluso che, anche sotto il profilo della
compatibilità fra orario di lavoro ed orario dei corsi serali che il ricorrente
avrebbe dovuto frequentare in relazione ai permessi sindacali, l’assenza
del lavoratore non poteva ritenersi giustificata.
Tale accertamento investe pienamente la quaestio facti e non è
suscettibile di essere inficiato dalle critiche formulate.
In definitiva, alla luce delle superiori argomentazioni, il ricorso è respinto.
Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.
Essendo stato il presente ricorso proposto successivamente al 30 gennaio
2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art.1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater
all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della
sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione.
P.Q.M.

6

tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non

n. r.g. 18604/2016

la Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del presente giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro
4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e
accessori di legge.

Così deciso in Roma nella Adunanza camerale del 18 aprile 2018.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115\02, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.

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