Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18466 del 21/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 21/09/2016, (ud. 18/05/2016, dep. 21/09/2016), n.18466

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21771/2015 proposto da:

MASSERIA MACCHIA DI S.M. SAS in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

IPPOLITO NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato ENNIO MAZZOCCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO PANCALLO giusta delega

in calce;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO DI BONIFICA DI BRADANO E METAPONTO, in persona del

Commissario Straordinario, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

GIUNIO BAZZONI 5, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO CLAUDIO

CIRIGLIANO, che lo rappresenta e difende giusta delega in calce;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 275/2015 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA,

depositata il 07/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/05/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MANCINELLI per delega

dell’Avvocato PANCALLO che si riporta al ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato CIRIGLIANO che si riporta al

controricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – La Masseria Macchia s.a.s. di S.M., proprietaria di immobili ricompresi nel perimetro del Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto, ha impugnato innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Matera cartella di pagamento per contributi di bonifica dovuti in relazione all’anno 2012, deducendo l’inesistenza del presupposto impositivo per il mancato conseguimento di un beneficio diretto e specifico derivante dall’inclusione dei beni nel comprensorio di bonifica indicato nel piano di classifica.

2. – La commissione tributaria provinciale di Matera ha accolto il ricorso, con sentenza che ha dichiarato non dovuto il contributo; avverso detta sentenza il consorzio ha proposto appello, accolto dalla commissione tributaria regionale della Basilicata in Potenza, che ha ritenuto che il presupposto dell’obbligazione tributaria risiedesse nella proprietà di immobile incluso nel comprensorio.

3. – Avverso la sentenza della commissione tributaria regionale la parte contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi esposti unitariamente. Il consorzio di bonifica di Bradano e Metaponto resiste con controricorso, cui replica la contribuente con memoria. Anche il consorzio deposita memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con due motivi di ricorso formulati unitariamente la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L.R. Basilicata n. 33 del 2001, art. 9 e, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, difetto di motivazione per omesso esame circa un punto decisivo della controversia.

Specificamente, con deduzioni riconducibili al primo motivo, la parte ricorrente denuncia che l’affermazione della commissione regionale secondo cui il presupposto dell’obbligazione tributaria risiede nella proprietà di immobile incluso nel comprensorio violerebbe l’art. 9 della L.R. predetta, secondo la quale norma l’obbligo del pagamento sorgerebbe per i proprietari di immobili siti nel comprensorio “e che godono di un beneficio specifico derivante dalle opere di bonifica effettuate dal Consorzio”. Almeno per la regione Basilicata, dunque, la semplice inclusione nel perimetro di contribuenza non sarebbe sufficiente a determinare l’assoggettamento a contributo, non potendosi prescindere dallo specifico beneficio derivante dalle opere apprestate e tenute in buono stato manutentivo.

Con deduzioni, poi, riconducibili al secondo motivo, la ricorrente denuncia che nella motivazione della sentenza (ove è dato atto che l’appellante non aveva “effettivamente ed adeguatamente contestato l’inesistenza dei benefici”) non si sarebbe tenuto conto che la parte contribuente, negli atti di primo e di secondo grado, aveva indicato le opere che avrebbero dovuto recare beneficio al terreno e le cause del non idoneo funzionamento di esse, documentato anche da relazioni peritali, una delle quali trascritta nel ricorso.

2. – Il ricorso proposto è in parte infondato e in parte inammissibile e deve quindi essere rigettato.

3. – Giova richiamare preliminarmente che questa corte, con giurisprudenza consolidata, ha affermato che il consorzio di bonifica è esonerato dalla prova del beneficio fondiario tutte le volte in cui sussista un piano di classifica, approvato dalla competente autorità, recante i criteri di riparto della contribuenza degli immobili compresi sia nel perimetro consortile, sia nel comprensorio di bonifica (cfr., tra le altre, sez. 5, n. 21176 del 2014; n. 4671 e 9099 del 2012; tutte nel solco delle pronunce n. 26009, 26010 e 26012 del 2008, nonchè n. 11722 del 2010 rese dalle sezioni unite di questa corte). Non è perciò onere del consorzio fornire la prova di avere adempiuto a quanto indicato nel piano di classifica, approvato dall’autorità regionale, dovendo intendersi presunto il vantaggio diretto ed immediato per i fondi del consorziato in ragione della pacifica comprensione degli immobili nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente, dà fornirsi mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo dell’assenza di qualsivoglia beneficio diretto e specifico per i fondi di proprietà del contribuente (si vedano le già citate sez. 5 n. 21176 del 2014 e n. 9099 del 2012). Preliminarmente rispetto all’espletamento dell’onere probatorio, il consorziato è tenuto ad assolvere compiutamente all’onere di allegazione, formulando la contestazione in modo specifico; quanto all’onere probatorio stesso, il consorziato deve indicare specificamente e sollecitare l’esperimento dei necessari mezzi di prova (sez. 5, n. 9100 del 2012).

L’indicata interpretazione della regola di riparto ha ricevuto ulteriore precisazione nelle decisioni rese a sezioni unite, dianzi richiamate, che hanno circoscritto la presunzione di persistenza del diritto del consorzio, avente titolo nel provvedimento di perimetrazione, alla ipotesi in cui il consorziato non contesti specificamente la legittimità del piano di classificazione e riparto o la inesattezza del suo contenuto: in tal caso, infatti, venendo meno il presupposto che determina la presunzione di legittimità della pretesa contributiva, viene conseguentemente meno anche la giustificazione dell’inversione dell’onere probatorio che fa gravare sul consorziato la prova della difformità della pretesa rispetto all'”an” od al “quantum” dovuto in base ai criteri stabiliti dagli atti amministrativi presupposti: ne consegue che in detta ipotesi, non applicandosi la presunzione derivante dall’inclusione nella perimetrazione, va applicata la generale disciplina ex art. 2697 c.c., secondo cui colui che intende far valere un diritto (il consorzio) è tenuto a fornire la prova dei fatti costitutivi della pretesa.

4. – Ciò posto in via preliminare, può rilevarsi che a tali statuizioni giurisprudenziali, formatesi nel solco delle disposizioni del R.D. n. 215 del 1993, recante il testo unico delle norme sulla bonifica integrale, e degli artt. 857 e segg., non risulta apporti innovazioni – diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente – la L.R. Basilicata n. 33 del 2001 (modificata con L.R. n. 31 del 2008) emanata nell’esercizio della potestà legislativa alle regioni concessa in materia. Invero, l’invocato art. 9 di detta legge, sotto la rubrica “Contributi di bonifica”, è così formulato al comma 1: “Sono obbligati al pagamento del contributo consortile i proprietari di immobili agricoli ed extragricoli siti nel comprensorio di contribuenza, che godono di un beneficio specifico derivante dalle opere di bonifica gestite dal Consorzio.” L’espressione “che godono di un beneficio ecc.” – su cui la parte ricorrente appunta l’attenzione al fine di sostenere – nell’ambito del primo motivo – che, almeno per la regione Basilicata, la semplice inclusione nel perimetro di contribuenza non sarebbe sufficiente a determinare l’assoggettamento a contributo, essendo ulteriormente necessario il sussistere di uno specifico beneficio derivante dalle opere apprestate e tenute in buono stato manutentivo – non è infatti idonea a sostenere l’interpretazione complessiva della norma auspicata dalla parte contribuente. Invero, la citata espressione dell’art. 9 è del tutto compatibile con una lettura della disposizione, diversa e più consona rispetto ai lineamenti generali anche codicistici, secondo cui il beneficio cui è fatto riferimento è sempre quello potenziale – come risultante dalla tradizione dell’istituto del consorzio di bonifica e da consolidato insegnamento della giurisprudenza – derivante dalla stessa inclusione nel comprensorio di bonifica. Indubbia conferma di ciò si ha, peraltro, dalla lettura del comma 2, immediatamente successivo, dello stesso art. 9 cit., a mente del quale “Il Consorzio di bonifica a tal fine elabora… un piano di classifica degli immobili che individua i benefici derivanti dalle opere di bonifica, stabilisce i parametri per la quantificazione dei medesimi e determina l’indice di contributo di ciascun immobile. Al piano è allegata una cartografia che definisce il comprensorio di contribuenza al cui interno sono ricompresi gli immobili che traggono beneficio dall’attività di bonifica.” Dalla disamina di tale disposizione si evince, dunque, con chiarezza che il beneficio – cui è fatto riferimento nel comma 1 – è quello non già soggettivamente percepito dal consorziato, ma quello oggettivamente anche se solo potenzialmente fruibile in base al piano di classifica, il quale – sotto il controllo delle autorità preposte – “individua i benefici” e quantifica, in base ad apposito indice, la suscettività di contribuzione dei fondi in relazione ai benefici potenziali individuati. Dovendo già per quanto detto respingersi la censura sollevata, stante il ben diverso significato della disposizione regionale, può la corte esimersi dal valutare se sia consentito alla legislazione regionale incidere sul predetto tratto dell’istituto del consorzio di bonifica.

5. – Quanto, poi, alla contestazione – su cui si incentra il secondo motivo – del fatto che nella motivazione della sentenza (ove è dato atto che l’appellante non aveva “effettivamente ed adeguatamente contestato l’inesistenza dei benefici”) non si sarebbe tenuto conto che la parte contribuente, negli atti di primo e di secondo grado, aveva indicato le opere che avrebbero dovuto recare beneficio al terreno e le cause del non idoneo funzionamento di esse, documentato anche da relazioni peritali, una delle quali trascritta nel ricorso, deve rilevarsi che la relativa censura è inammissibile. Al di là della congiunta invocazione nella intestazione del motivo anche del parametro di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, la stessa parte indica come fondamento effettivo della doglianza il parametro del n. 5 della stessa norma.

6. – Al riguardo, va tenuto conto che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è stato novellato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 (convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 83), sostituendosi la precedente formulazione con una nuova (sostanzialmente identica a quella originaria del codice del 1940, prima che la stessa fosse modificata dal legislatore del 1950) che e ammette la proposizione del ricorso per cassazione per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti”. La nuova disciplina si applica alla presente controversia sia “ratione temporis” (in quanto applicabile ai ricorsi avverso le “sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione” del decreto – cfr. D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3 – e cioè dall’11 settembre 2012) sia “ratione materiae”, siccome disciplinante i ricorsi per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie, in quanto l’art. 54, comma 3 bis, della citata disciplina secondo cui “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546” riguarda solo il processo tributario vero e proprio (primo e secondo grado) delineato dalla L. n. 546 del 1992, mentre il giudizio di cassazione, anche ove verta in materia tributaria, non è qualificabile “processo tributario” ed è disciplinato dalle disposizioni del codice di procedura civile (cfr. sez. 6-5, n. 23273 del 2013 e sez. un. n. 8053 del 2014).

La riformulazione è stata sottoposta al vaglio delle sezioni unite di questa corte, che hanno chiarito (n. 19881 del 2014) che il nuovo vizio vede la riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, in quanto è denunciabile in sede di legittimità solo l’anomalia motivazionale che si traduce in violazione di legge costituzionalmente rilevante, cioè quella relativa all’esistenza della motivazione in sè e per sè considerata, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali. Mentre dunque non ha alcuna rilevanza il difetto di “sufficienza” della motivazione, rilevano la “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, la “motivazione apparente”, il “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, la “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”. L’omesso esame, in cui si concreta il vizio di motivazione rilevante, deve avere ad oggetto un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, che cioè, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia. L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie. La parte ricorrente dovrà indicare – nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” (nel quadro processuale) tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti, e la “decisività” del fatto stesso.

7. – Applicando tali principi al caso di specie, è evidente che nell’ambito della formulazione del motivo il vizio motivazionale non è riconducibile ad una omissione di esame, sussistendo esame delle circostanze dedotte, seppure ritenuto inappagante ad avviso della parte (si contesta il brano della sentenza ove si afferma che l’appellante non aveva “effettivamente ed adeguatamente contestato l’inesistenza dei benefici”, in quanto secondo la ricorrente non si sarebbe tenuto conto che essa, negli atti di primo e di secondo grado, aveva indicato le opere che avrebbero dovuto recare beneficio al terreno e le cause del non idoneo funzionamento di esse, documentato anche da relazioni peritali, una delle quali trascritta nel ricorso). Inoltre, l’omesso esame, ove sussistente, non concernerebbe un fatto storico (neppure specificamente indicato), bensì valutazioni; ciò che esime dal valutare se del fatto sia indicata la decisività.

6. – In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore del controricorrente, che liquida in euro duemilacinquecento oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 18 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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