Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18463 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. II, 04/09/2020, (ud. 05/12/2019, dep. 04/09/2020), n.18463

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16876-2016 proposto da:

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI

n. 114/B, presso lo studio dell’avvocato FERDINANDO EMILIO ABBATE,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati RANIERI RODA e

GIOVAMBATTISTA FERRIOLO.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il

29/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

udito il P.G., nella persona del Sostituto Dott. MISTRI CORRADO, che

ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato GIOVAMBATTISTA FERRIOLO per la parte ricorrente, il

quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ex L. n. 89 del 2001, art. 3 depositato presso la Corte di Appello di Firenze M.G. invocava la liquidazione dell’equo indennizzo previsto per l’irragionevole durata del processo in relazione ad un presupposto giudizio, esso pure intrapreso ai sensi della L. n. 89 del 2001 nel giugno 2010 e svoltosi innanzi la Corte di Appello di Perugia, la Corte di Cassazione ed il Tribunale di Roma in sede esecutiva.

Con decreto n. 64/2015 la Corte di Appello rigettava il ricorso.

Interponeva opposizione ai sensi della della L. n. 69 del 2001, art. 5-ter, la M. e la Corte fiorentina, con la decisione oggi impugnata, rigettava la domanda proposta in relazione al giudizio di merito, dichiarando invece la propria incompetenza territoriale, a favore della Corte di Appello di Perugia, per quella concernente la fase di esecuzione.

Propone ricorso per la cassazione di detta pronuncia M.G. affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia, spiegando ricorso incidentale condizionato articolato in un unico motivo. In prossimità dell’udienza pubblica la parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione della artt. 2, 3 e 4 perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente considerato separatamente le due fasi, di cognizione e di esecuzione, del giudizio presupposto, in violazione sia del principio di unitaria valutazione di cui alla sentenza di questa Corte, sezione seconda civile, n. 1184/2014, che del principio per cui, laddove la Corte di merito ritenga di non essere territorialmente competente a conoscere della domanda di equa, essa non può respingerla ma deve declinare la competenza indicando il giudice competente e fissando il termine di riassunzione a norma dell’art. 50 c.p.c. (in ossequio al precedente di cui a Cass. Sez. 6 civile, n. 17380/2015).

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 4 perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente applicato i criteri di cui alla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 6312/2014, secondo cui nel caso di ricorso per equa riparazione relativo all’irragionevole durata di un presupposto giudizio amministrativo la fase di cognizione e quella, successiva, di ottemperanza vanno considerate in modo unitario ai fini del calcolo dell’irragionevole durata. Di conseguenza, l’indennizzo sarebbe dovuto per l’intera durata del processo, sino all’effettiva assicurazione del diritto riconosciuto dal giudice in favore dei ricorrenti. La Corte di Appello avrebbe invece erroneamente considerato le due fasi, di cognizione e di esecuzione-ottemperanza, in modo separato.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono fondate.

Alla luce della ricostruzione sistematica operata dalle Sezioni Unileo di questa Corte con la recente Sentenza n. 19883 del 23/07/2019(cfr. in particolare i principi affermati sub nn. 1, 2, 3 e 4 di cui alle pagg.36 e 37 della sentenza suddetta) il processo di “equa su equa” va considerato come un unicum composto da cognizione ed esecuzione (concetto, questo, già affermato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 6312 del 19/03/2014, Rv.630042), la cui massima durata ragionevole è pari a due anni, sei mesi e 5 giorni. Ai fini di tale calcolo vanno considerati solo i tempi effettivamente “del processo” e quindi soltanto quelli in cui si è svolta attività giurisdizionale, e non anche, quindi, il periodo corrente tra la sentenza conclusiva del giudizio di cognizione e l’inizio dell’esecuzione, ovvero tra la notificazione dell’atto di precetto ed il pignoramento. E’ stato in tal modo superato il principio secondo cui la considerazione unitaria del giudizio presuppone che la parte privata si sia tempestivamente attivata dopo la conclusione del giudizio di cognizione, entro il termine di sei mesi dalla sua conclusione (in precedenza affermato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 9142 del 06/05/2016, Rv.639530). Di conseguenza, il periodo indennizzabile ex L. n. 89 del 2001 rimane soltanto quello eccedente la ragionevole durata del processo di cognizione e di esecuzione, considerati unitariamente, mentre l’eventuale ulteriore ritardo può semmai costituire oggetto di indennizzo da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo, in assenza di specifico rimedio nel diritto nazionale.

Nel caso specifico la Corte di Appello ha quindi errato laddove ha ritenuto di poter considerare autonomamente il giudizio di cognizione e quello, successivo, di esecuzione, escludendo l’indennizzo sia in relazione alla prima fase, perchè la domanda ex lege Pinto era stata proposta oltre il termine di sei mesi dalla sentenza della Corte di Cassazione che aveva concluso il giudizio di cognizione presupposto, sia in relazione alla seconda fase, di esecuzione, per incompetenza territoriale della Corte perugina. Quest’ultima avrebbe, infatti, dovuto considerare l’intera durata del giudizio, articolato nelle due fasi di cognizione e di esecuzione, calcolando i soli tempi “del processo”, per tali intendendosi quelli in cui l’Autorità giudiziaria è investita della cognizione della fattispecie, escludendo invece tutti i periodi correnti tra la conclusione di ciascun singolo grado o fase di giudizio e l’inizio del successivo.

L’accoglimento delle due censure in esame comporta l’assorbimento della terza, relativa al governo delle spese operato dal giudice di merito, la cassazione della decisione impugnata ed il rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Perugia, in diversa composizione.

PQM

La Corte accoglie il primo e secondo motivo del ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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