Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18462 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 17/05/2017, dep.26/07/2017),  n. 18462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. DI STASI Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14506-2011 proposto da:

R.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DEL VIGNOLA

5, presso lo studio dell’avvocato LIVIA RANUZZI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUIGI QUERCIA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE di BARI;

– intimata –

avverso la sentenza n. 49/2010 della COMM. TRIB. REG. della PUGLIA,

depositata il 03/05/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/05/2017 dal Consigliere Dott. DI STASI ANTONELLA.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. R.E. impugnava innanzi alla Ctp di Bari il silenzio – rifiuto formatosi a seguito di proposizione di istanza di rimborso dell’Irap assolta negli anni 20012004; la Ctp di Bari accoglieva le censure e riconosceva il diritto al rimborso del ricorrente.

2. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la Commissione Tributaria Regionale della Puglia con sentenza n. 49-2010-05 dep. il 3.5.2010 e non notificata, accoglieva l’appello.

3. Ricorre per cassazione R.E. formulando due motivi.

Con il primo motivo deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, (art. 306 c.p.c., n. 4).

Argomenta che il Giudice di appello avrebbe deciso oltre i limiti del thema decidendum, statuendo su una nuova eccezione sollevata dall’Ufficio per la prima volta in appello e, cioè, sulla sussistenza in capo al ricorrente dei presupposti di una autonoma organizzazione, questione che non aveva costituito oggetto del giudizio di primo grado.

Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Argomenta che la motivazione offerta nella sentenza impugnata in merito alla circostanza che il contribuente svolgesse la propria attività professionale di avvocato avvalendosi di una “autonoma organizzazione”, sarebbe insufficiente in quanto, pur rilevando lo svolgimento dell’attività con ausilio di collaboratori esterni e l’elevato ammontare delle quote di ammortamento dei beni strumentali, non aveva esplicitato le fonti del proprio convincimento nè tenuto conto delle contrarie circostanze di fatto documentate dal contribuente.

4. L’Agenzia delle Entrate resiste presentando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti appresso precisati.

2. Il primo motivo di ricorso è infondato e va rigettato.

Questa Corte ha affermato che nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale, mentre non si estende alle eccezioni improprie o alle mere difese e, cioè, alla contestazione dei fatti costitutivi del credito tributario o delle censure del contribuente, che restano sempre deducibili (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 23587 del 21/11/2016, Rv.641749 – 01; Sez. 6-5, Ordinanza n. 11223 del 31/05/2016, Rv.639912 – 01).

Nella specie, l’Agenzia ha contestato il fatto costitutivo del credito tributario e, quindi, ha proposto una mera difesa, che non integra una nuova eccezione in senso stretto e si sottrae al divieto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. n. 9451 del 10/05/2016,Rv.639529-01) hanno specificato che il requisito dell’autonoma organizzazione -previsto dal D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, art. 2, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

E’ stato anche precisato, quanto all’incidenza delle spese per beni strumentali, che anche una spesa consistente riferita all’acquisto di un macchinario indispensabile per l’esercizio della professione può rilevarsi inidonea a significare l’esistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione, tutte le volte in cui il capitale a tal fine investito non valga a rappresentare fattore aggiuntivo o moltiplicativo del valore rappresentato dalla mera attività intellettuale del professionista ma risulti ad essa asservito ai fini dell’acquisto di attrezzatura connaturata e indispensabile all’esercizio dell’attività medesima e come tale inidoneo ad assumere rilievo, quale fattore produttivo di reddito, distinguibile da quello rappresentato dalla stessa attività intellettuale c/o dalla professionalità del lavoratore autonomo (Sez. 6-5,Ordinanza n.23552 del 18/11/2016, Rv.642026 – 01).

Con riferimento all’aspetto del ricorso al lavoro altrui, è stato affermato che esso corrisponde ad un fatto-indice espressione di capacità produttiva aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista e determinata dalla sua preparazione professionale, in quanto implica una gestione amministrativa del rapporto e l’inclusione del dipendente nell’organizzazione, sicchè integra un criterio, empirico, di maggior rilievo rispetto all’impiego di un lavoratore che non sia inserito nella struttura produttiva del contribuente (Sez. 6-5, Sentenza n. 2099 del 5/02/2015, Rv. 634345 – 01).

La motivazione della sentenza impugnata è insufficiente ed incongrua in quanto la CTR, a fronte di specifiche deduzioni e documentazione del contribuente, non ha chiarito e precisato le ragioni per le quali i beni strumentali di cui il ricorrente si è avvalso nell’esercizio della professione siano idonei a costituire sintomo di maggior capacità di arricchimento e, dunque, eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività, nè ha tenuto nel debito conto la circostanza che il professionista si sia avvalso di lavoro altrui non con l’impiego di lavoratori subordinati ma con l’utilizzo di collaboratore esterno non inserito nella sua struttura produttiva.

4. Va, quindi, accolto il secondo motivo di ricorso e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese.

PQM

 

Rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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