Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18462 del 08/09/2011

Cassazione civile sez. I, 08/09/2011, (ud. 14/06/2011, dep. 08/09/2011), n.18462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22267/2010 proposto da:

R.A. ((OMISSIS)), R.G.

((OMISSIS)), R.I. ((OMISSIS)), in

proprio e quali eredi di S.G. elettivamente domiciliati

in ROMA, V. BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato

RINALDI GALLICANI SIMONA, rappresentati e difesi dall’avvocato

FIORILLO Remigio giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS)), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 3256/08 V.G. della CORTE D’APPELLO di NAPOLI

del 13/05/09, depositato l108/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI che ha

concluso per l’accogimento parziale.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che G., A. ed R.I. – in proprio e quali eredi di S.G., deceduta in data (OMISSIS), con ricorso del 22 luglio 2010, hanno impugnato per cassazione – deducendo tre motivi di censura, illustrati con memoria -, nei confronti del Ministro della giustizia, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 8 giugno 2 009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso dei predetti ricorrenti volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, in contraddittorio con il Ministro della giustizia – il quale, costituitosi nel giudizio, ha concluso per la decisione del ricorso secondo giustizia, previa dichiarazione di estinzione parziale del credito per prescrizione -, ha condannato il resistente a pagare ai ricorrenti, jure hereditatis e pro quota, la somma di Euro 1.800,00 a titolo di equa riparazione, nonchè a ciascuno degli stessi ricorrenti, jure proprio, la somma di Euro 1.200,00, allo stesso titolo, condannandolo altresì, previa compensazione per la metà, al pagamento della somma di Euro 517,00, a titolo di spese del giudizio, oltre accessori;

che resiste, con controricorso, il Ministro della giustizia;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 14.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 23 maggio 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) S.G., con citazione notificata il 17 ottobre 1994, aveva promosso causa di risarcimento del danno nei confronti di C. P. dinanzi al Tribunale di Salerno; b) in data 17 maggio 2000, la S. era deceduta; c) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 29 dicembre 2001; d) il giudizio di appello, promosso dagli eredi predetti in data 26 settembre 2002, era stato deciso dalla Corte d’Appello di Salerno con sentenza del 5 gennaio 2007;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato:

a) ha dichiarato la prescrizione del diritto all’indennizzo fino al 23 maggio 1998 ed ha quindi determinato la durata del giudizio di primo grado suscettibile di indennizzo dal 24 maggio 1998 al 17 maggio 2000, data del decesso della S., e, detratti circa due mesi (luglio-settembre 1998), per i rinvii richiesti dalle parti, ha stabilito l’eccedenza di irragionevole protrazione dello stesso processo in un anno, nove mesi e quindici giorni; b) ha determinato la durata del giudizio di appello dal 5 novembre 2002 – data della prima udienza – al 5 gennaio 2007 e, detratti tre anni di ragionevole durata, ha stabilito l’eccedenza di irragionevole protrazione dello stesso processo in un anno e due mesi; c) quanto al giudizio di primo grado, ha liquidato, jure hereditatis e prò quota, agli eredi – che non hanno partecipato a tale giudizio – la somma di Euro 1.800,00, sulla base di Euro 1.000,00 per anno; d) quanto al giudizio d’appello, ha liquidato a ciascun ricorrente, jure proprio, la somma di Euro 1.200,00 sulla medesima base;

che il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento parziale del ricorso;

che il Collegio, all’esito della odierna Camera di consiglio, ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni, vengono denunciati come illegittimi, anche sotto il profilo del vizio di motivazione: a) l’applicazione dell’istituto della prescrizione; h) la determinazione in tre anni – anzichè in due anni – della durata ragionevole del processo d’appello; c) la violazione dei parametri della CEDU per la determinazione dell’indennizzo;

che il ricorso merita accoglimento, nei limiti di seguito precisati;

che, in particolare, la censura sub a) è fondata;

che infatti, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, nel caso – quale quello di specie – di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 27719 del 2009, 1886 e 3325 del 2010);

che le censure sub b) e sub c) sono assorbite;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2;

che ai ricorrenti – quali eredi di S.G. – spetta l’indennizzo, jure hereditatis, per l’irragionevole durata del giudizio di primo grado, ed agli stessi, quali promotori del giudizio di appello, spetta anche l’indennizzo, jure proprio, per l’irragionevole protrazione di tale grado del processo;

che, al riguardo, è noto il generale orientamento di questa Corte, secondo il quale, in tema di equa riparazione prevista dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, nel caso di decesso di una parte, l’erede ha diritto a conseguire, jure successionis, l’indennizzo maturato dal de cuius per l’eccessiva protrazione di un processo che lo vide parte anche prima dell’entrata in vigore della citata legge, nonchè, jure proprio, l’indennizzo dovuto in relazione all’ulteriore decorso della medesima procedura, dal momento in cui abbia assunto formalmente la qualità di parte, cioè dal momento in cui si sia costituito nel giudizio, ciò in quanto, anche se la qualificazione ordinamentale negativa del processo, ossia la sua irragionevole durata, è stata già acquisita nel segmento temporale in cui era parte il de cuius e permane anche in relazione alla valutazione della posizione del successore – che subentra, pertanto, in un processo oggettivamente irragionevole -, per la commisurazione dell’indennizzo da riconoscere dovrà prendersi quale parametro di riferimento proprio la costituzione dell’erede in giudizio, posto che il sistema sanzionatorio delineato dalla Convenzione europea e tradotto in norme nazionali dalla L. n. 89 del 2001 si fonda non sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia subito danni, patrimoniali e non patrimoniali, ed in relazione ad indennizzi modulabili in base al concreto patema subito (cfr, ex plurimis, la sentenzà n. 2983 del 2008);

che, in particolare, questa Corte ha anche enunciato il principio, per il quale, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, qualora la parte costituita in giudizio sia deceduta anteriormente al decorso del termine di ragionevole durata del processo, l’erede ha diritto al riconoscimento dell’indennizzo, jure proprio, soltanto per il superamento della predetta durata verificatosi con decorrenza dal momento in cui, con la costituzione in giudizio, ha assunto a sua volta la qualità di parte, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la continuità della sua posizione processuale rispetto a quella del dante causa, prevista dall’art. 110 cod. proc. civ., in quanto il sistema sanzionatorio delineato dalla CEDU e tradotto in norme nazionali dalla legge n. 89 del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparatorie a beneficio di chi dal ritardo abbia ricevuto danni patrimoniali o non patrimoniali, mediante indennizzi modulabili in relazione al concreto patema subito, il quale presuppone la conoscenza del processo e l’interesse alla sua rapida conclusione (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 23416 del 2009);

che nella specie – posto che costituiscono circostante incontestate tra le parti: l’inizio del processo di primo grado in data 17 ottobre 1994 ad opera di S.G., dante causa dei ricorrenti; la morte della stessa S. in data (OMISSIS); la mancata costituzione degli eredi nel giudizio di primo grado -, è evidente che, alla data del decesso della C., erano trascorsi cinque anni e sette mesi, con la conseguenza che, detratti tre anni di ragionevole durata del processo di primo grado, il periodo di irragionevole durata indennizzabile è pari a due anni e sette mesi;

che ai ricorrenti spetta anche l’indennizzo, jure proprio, per l’irragionevole protrazione oltre il termine biennale di ragionevole durata del giudizio d’appello dagli stessi promosso, cioè per il periodo dal 26 settembre 2004 al 5 gennaio 2 007, pari a due anni, tre mesi e 10 giorni;

che non v’è ragione di discostarsi sostanzialmente dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e fermo restando il periodo di tre anni e di due anni di ragionevole durata, rispettivamente, per il giudizio di primo grado e per il giudizio di appello, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che nella specie, dunque, ai ricorrenti spetta, jure hereditatis e prò quota, la somma di Euro 1.900,00, per i due anni e sette mesi di irragionevole ritardo del processo di primo grado, oltre agli interessi maturati dalla domanda di equa riparazione fino al saldo, e spetta altresì a ciascuno degli stessi ricorrenti, jure proprio, la somma di Euro 1.750,00 per i due anni e quattro mesi circa di irragionevole durata del processo d’appello, oltre agli interessi maturati dalla domanda di equa riparazione fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al D.M. Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 2.050,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 800,00 (Euro 600,00+Euro 200,00, per gli altri due ricorrenti) per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

PQM

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro della giustizia al pagamento in favore dei ricorrenti, jure hereditatis e pro quota, la somma di Euro 1.900,00, nonchè in favore di ciascuno dei ricorrenti, jure proprio, della somma di Euro 1.750,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore delle parti ricorrenti, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 2.050,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 800,00 per diritti ed Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore degli avv. Remigio e Vincenzo Fiorillo, dichiaratisene antistatari, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’Avv. Remigio Fiorillo, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 14 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2011

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