Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1846 del 26/01/2011

Cassazione civile sez. I, 26/01/2011, (ud. 17/12/2010, dep. 26/01/2011), n.1846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.G. (C.F. (OMISSIS)), D.B.

G. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PREMUDA, 3, presso l’avvocato VITELLI CLAUDIO, che li rappresenta

e difende, giusta procura speciale per Notaio DOTT. EMILIA ANASTASI

di CEFALU’ – Rep. n. 57914 del 2472 14.12.10;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CEFALU’;

– intimato –

e sul ricorso n. 8250/2005 proposto da:

COMUNE DI CEFALO’ (P.I. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIACOMO BONI 15,

presso l’avvocato SAMBATARO ELENA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MUFFOLETTO GIUSEPPE, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

D.B., M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 268/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 15/03/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/12/2010 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato CLAUDIO VITELLI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per, previa riunione,

l’accoglimento del ricorso principale in applicazione della sentenza

347/07 della Corte Costituzionale; per l’assorbimento o la

inammissibilita’ del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 9 aprile 2002 il Tribunale di Palermo, in accoglimento della domanda proposta da M.G. e da D. B., condannava il comune di CEFALU’ al pagamento della somma di Euro 421.279,68, a titolo di risarcimento del danno da occupazione usurpativa di un fondo di loro proprieta’, di natura edificatoria, irreversibilmente trasformato per la realizzazione di strade e marciapiedi nell’ambito di un piano di zona per l’edilizia economica e popolare, in carenza dell’indicazione dei termini entro i quali portare a compimento i lavori e le procedure espropriative.

Sul successivo gravame, la Corte d’appello di Palermo, in riforma parziale della decisione, con sentenza 15 marzo 2004, riduceva ad Euro 50.017,17 e ad Euro 58.461,18, il risarcimento per l’occupazione acquisitiva delle due aree, oltre rivalutazione ed interessi, e liquidava le relative indennita’ di occupazione temporanea, rispettivamente, in Euro 5.234,35 e in Euro 6.704,41.

Motivava:

– che l’occupazione degli immobili era avvenuta per la realizzazione del programma di edilizia economica e popolare approvato con delibera del consiglio comunale, che equivaleva alla dichiarazione di pubblica utilita’ ed urgenza dell’opera prevista;

– che non era necessaria, in tale ipotesi, la fissazione espressa dei termini per l’inizio ed il completamento dei lavori e delle espropriazioni, coincidenti L. 18 aprile 1962, n. 167, ex art. 9, comma 3, (Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare) con quelli di validita’ ed efficacia del piano medesimo, elevati a 18 anni dalla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 51 (Norme per l’edilizia residenziale);

– che pertanto andava applicato il criterio di liquidazione di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 7 bis, recepito Testo unico n. 3207 del 2001, art. 37, comma 1.

Avverso la sentenza proponevano ricorso per cassazione con unico motivo i signori M. e D., deducendo la violazione della L. 21 giugno 1865, n. 2359, art. 13 e della L. 18 aprile 1962, n. 167, art. 9.

Resisteva con controricorso e ricorso incidentale condizionato il comune di Cefalu’.

All’udienza del 17 dicembre 2010 il Procuratore generale ed il difensore dei ricorrenti precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dev’essere preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale R.g. 8158/2005 e del ricorso incidentale R.g. 8250/2005, concernenti entrambi la medesima sentenza (art. 335 cod. prcc. civ.).

In ordine al ricorso principale si osserva che al di la’ della mera indicazione delle norme di legge violate, non e’ dato ricavare dalla lettura della parte argomentativa quale violazione di legge in concreto i ricorrenti addebitino alla sentenza impugnata, che in realta’ ha fatto corretta applicazione di un principio chiaramente enunciato alla L. 18 aprile 1962, n. 167, art. 9 (comma 3:

“L’approvazione dei piani equivale anche a dichiarazione di indifferibilita’ e urgenza di tutte le opere, impianti ed edifici in esso previsti. Quinto comma; “le aree comprese nel piano rimangono soggette, durante il periodo di efficacia del piano stesso, ad espropriazione a norma degli articoli seguenti, per i fini di cui al primo comma dell’art. 1”).

Ne consegue che, in caso di mancata fissazione dei termini per l’espropriazione e i lavori, gli stessi vanno considerati unitariamente coincidenti con quello legale di efficacia del piano (Cass., sez. 1, 19 febbraio 2009, n. 4027).

Al riguardo, appare del tutto vaga, prima ancora che infondata, la contestazione mossa dai ricorrenti alla ratio decidendi, sulla base di un riferimento generico alla risalente sentenza 18 ottobre 1976 n. 3552 di questa Corte, a sezioni unite, senz’alcuna specificazione del suo contenuto.

Anche se infondato, il ricorso, mantenendo sub iudice il problema della liquidazione del risarcimento (di cui si chiede la maggiorazione), importa peraltro l’applicabilita’ dello jus superveniens, a seguito della dichiarazione di illegittimita’ dei criteri di cui al D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, commi 1 e 2 conv. in L. 8 agosto 1992, n. 359 (Corte costituzionale, 24 ottobre 2007, n. 348) adottati, nella specie, dalla corte territoriale.

Ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 55 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita’), nel testo sostituito dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, lett. e) nel caso di utilizzazione di un suolo edificabile per scopi di pubblica utilita’, in assenza di valido ed efficace provvedimento di esproprio alla data del 30 settembre 1996 (con disposizione applicabile anche ai giudizi pendenti alla data del 1 gennaio 1997: ibidem, comma 2), il risarcimento del danno e’ liquidato in misura pari al valore venale del bene.

In assenza della necessita’ di ulteriori indagini di fatto, alla cassazione, in parte qua, della sentenza, puo’ seguire la decisione nel merito.

Nella specie, la Corte d’appello di Palermo, sulla base delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ha stimato, con accertamento esente da vizi logici, in L. 76.000.001, pari ad Euro 39.250,00, la porzione di terreno acquisita il 7 gennaio 1984 e in L. 110.000.000, pari ad Euro 56.810,00, quella acquisita il 5 aprile 1987.

Trattandosi di obbligazione risarcitoria, le somme anzidette sono soggette a rivalutazione alla data odierna: rispettivamente in Euro 97.192,00, pari a L. 188.191.000 (coeff. 2,4762) ed in Euro 116.461,00, pari a L. 225.500.000 (coeff. 2,05). Eventuali pagamenti intercorsi nelle more del giudizio, aventi titolo nelle sentenze di merito, andranno detratti in sede esecutiva.

Sulle sorti – capitale sopra liquidate in Euro 39.250,00 ed in Euro 56.810,00, via via rivalutate annualmente, sono dovuti gli interessi legali dalle rispettive date di scadenza del periodo di occupazione legittima.

Resta invece invariata la determinazione delle indennita’ per l’occupazione legittima dei fondi: operata dalla corte territoriale, in unico grado, senza applicazione, ratione temporis, L. n. 359 del 1992, art. 5 bis dichiarato incostituzionale.

E’ infondato, infine, il ricorso incidentale condizionato, volto ad una mera rettifica della motivazione, senz’alcun riflesso caducatorio sulla decisione.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, sulla base del valore ritenuto in sentenza e del numero e complessita’ delle questioni trattate. Merita invece conferma il regolamento delle spese enunciato nella sentenza impugnata, in considerazione dell’esito del relativo gravame.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi;

provvedendo sul ricorso principale, cassa la sentenza impugnata nei sensi di cui in motivazione e, decidendo nel merito, determina il risarcimento del danno in Euro 97.192,00 ed in Euro 116.461,00, con gli interessi legali precisati in motivazione;

rigetta il ricorso incidentale;

condanna il comune di Cefalu’ alla rifusione delle spese giudiziali, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2011

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