Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18457 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 09/07/2019), n.18457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8048-2018 proposto da:

I.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ZANGHI’GIUSEPPE;

– ricorrente –

contro

AMISSIMA ASSICURAZIONI SPA, A.R., B.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 24/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 18/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIGNA

MARIO.

Fatto

RILEVATO

Che:

Con citazione 11-5-2005 I.G. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Messina A.R., B.M. e la Carige Ass.ni SpA, per sentirli condannare al risarcimento dei danni subiti in occasione del sinistro avvenuto il (OMISSIS), allorquando, mentre circolava con la bicicletta sul margine dx della strada, era stato tamponato dall’autovettura Peugeot 106 Sport, condotta dall’ A., di proprietà della B. ed assicurata per la rca con la detta Compagnia, ed era quindi caduto a terra, riportando lesioni ai denti e ad entrambe le ginocchia.

Con sentenza 388/2012 del 27-2-2012 l’adito Tribunale, affermata la responsabilità concorsuale dell’ A. e dello I., condannò i convenuti in solido al pagamento della somma di Euro 3,121,16, oltre interessi.

Con sentenza 24/2017 del 18-1-2017 la Corte d’Appello di Messina, nel rigettare il gravame dello I., ha confermato l’impugnata decisione del Tribunale; in particolare la Corte, condividendo quanto affermato dal primo Giudice, ha ritenuto che non fossero emersi elementi di prova tali da fornire l’esatta dinamica del sinistro in questione, con conseguente corretta applicazione della presunzione -ex art. 2054 c.c. – di pari responsabilità in caso di scontro tra veicoli; presunzione da applicare anche in ipotesi, quale quella di specie, di concorso tra colpa di un conducente ( A.)accertata in concreto e colpa dell’altro ( I.) presunta per mancata dimostrazione di avere fatto tutto il possibile per evitare il verificarsi dell’evento dannoso.

Avverso detta sentenza I.G. propone ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo.

Gli intimati Amissima Ass.ni SpA (nuova denominazione di Carige Ass.ni SpA), A.R. e B.M. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alla parte ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con l’unico motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 2054 c.c.e D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 149, si duole che la Corte territoriale, nonostante fosse risultato per tabulas che si era verificato un tamponamento, abbia comunque applicato la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2054 c.c.; presunzione, invece, che doveva ritenersi superata dalla presunzione “de facto” posta a carico del veicolo tamponante.

Il motivo è inammissibile in quanto si risolve nel richiedere a questa S.C. una rivalutazione della “questio facti”, non consentita in sede di legittimità.

Al riguardo va, in primo luogo, precisato che la sentenza impugnata ha ritenuto che la dinamica del sinistro non fosse stata esattamente provata in modo da permettere di individuare le rispettive colpe; di conseguenza ha applicato la prevista presunzione di pari responsabilità ancor prima di valutare eventualmente la sussistenza di un tamponamento e la regola di giudizio ad esso relativa; la violazione del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 149, e quella correlata dell’art. 2054 c.c., non vengono pertanto denunziate in modo diretto, ma soltanto all’esito di un controllo sulla corretta valutazione delle risultanze probatorie; siffatto controllo, tuttavia, non è ammissibile in sede di legittimità, non essendo lo stesso consentito dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (peraltro neanche espressamente invocato dalla parte ricorrente) nella nuova formulazione ratione temporis applicabile, giusto quanto affermato da Cass. sez. unite 8053 e 8054/2014, e ribadito, tra le tante, da Cass. 11892/2016, secondo cui “il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante”.

Non sussiste, inoltre, la violazione dell’art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale), che, come precisato da Cass. 11892 del 2016 e ribadito (in motivazione) da Cass. S.U. 16598/2016, è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando (e non è il caso di specie) il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.

Nè sussiste, infine, la violazione dell’art. 115 c.p.c., che, come precisato dalla menzionata Cass. 11892/2016, può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche quando (come nella specie) il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre.

In ogni modo, la parziale riproduzione (in ricorso) della testimonianza di C.G. evidenzia dichiarazioni del tutto inidonee a rappresentare con certezza quali fossero state le condotte di guida dei due veicoli prima dell’urto che la teste dichiara di avere visto, mentre il teste p.i. G. risulta avere dichiarato (sempre per quanto riprodotto in ricorso) che lo I. proveniva da strada che costeggiava altra palazzina, sicchè è da ritenere che lo stesso viaggiasse su altra strada (circostanza quest’ultima difficilmente compatibile con il dedotto tamponamento tra due veicoli che procedevano nella stessa direzione).

In conclusione, pertanto, il ricorso è inammissibile

Nulla per le spese, non avendo parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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