Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18456 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 17/05/2017, dep.26/07/2017),  n. 18456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11276/2011 R.G. proposto da:

P.C.A., rappresentato e difeso dagli Avv.ti

Roberto Di Martino, Raffaella Mauro e Felice Napolitano, con

domicilio eletto in Roma, via Sabatino, n. 22;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 71/15/10 depositata il 22 marzo 2010;

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 4/8/08 depositata il 30 gennaio 2008.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 maggio

2017 dal Consigliere Iannello Emilio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che P.C.A. ricorre, con tre mezzi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso) avverso la sentenza n. 71/15/10 con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania ha rigettato il ricorso per revocazione proposto avverso la sentenza resa dalla stessa C.T.R. che, in sua contumacia, aveva accolto l’appello dell’Ufficio, ritenendo legittimo il diniego opposto alla sua istanza di rimborso dell’Irap versata per gli anni dal 1998 al 2001;

che la Commissione regionale ha, infatti, ritenuto che il motivo dedotto a fondamento del ricorso per revocazione (omesso rilievo della nullità della notifica dell’atto d’appello in quanto effettuata a mani di Nappi Lucia, madre dell’Avv. Raffaella Mauro, difensore in primo grado del contribuente, in assenza del prescritto invio dì raccomandata al contribuente per avvisarlo dell’avvenuta consegna a terzi dell’atto notificando) – oltre a non essere fondato, dal momento che secondo i giudici a quibus la notifica in questione doveva ritenersi validamente perfezionata – non rientra comunque tra quelli previsti dalla legge e, segnatamente, non è riconducibile all’ipotesi di errore di fatto prevista dall’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4;

che il ricorrente contestualmente impugna, con ricorso per cassazione, anche la sentenza revocanda, recante il n. 4/8/08 e depositata in data 30/1/2008;

considerato che con il primo motivo di ricorso il contribuente deduce violazione o erronea applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60 come modificato dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 37, comma 27, conv. dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, nonchè “difetto di motivazione su un motivo essenziale del ricorso”: sostiene che “i giudici d’appello, in considerazione della mancata costituzione del contribuente, avrebbero dovuto verificare la regolarità della sua chiamata” e che, proprio dalla descrizione del procedimento di notifica contenuta in motivazione, “emerge in tutta la sua evidenza l’errore in cui è incorso il giudice di appello e la insufficiente motivazione che vizia la sentenza di conferma pronunciata in sede di revocatoria, in quanto al momento della ricezione non è stata richiesta dal messo alcuna dichiarazione di convivenza con il contribuente destinatario, che di fatto non sussiste, nè di incaricata alla ricezione degli atti” e che, inoltre, l’agente notificatore non ha provveduto a emettere raccomandata indirizzata al contribuente per avvisarlo dell’avvenuta notifica a terzi;

che con il secondo motivo il ricorrente deduce la nullità della sentenza per nullità del procedimento di notifica, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere i giudici di merito, sia in sede di appello che in sede di revocatoria, ritenuto sufficiente la ricezione della raccomandata di avviso di notifica da parte del terzo, lo stesso che aveva ricevuto illegittimamente la notifica dell’atto d’appello: osserva che la sentenza d’appello è viziata da errore rilevabile ex actis “in quanto l’irregolarità della notifica emerge evidente, sia dalla consegna dell’atto a persona diversa dal destinatario, non incaricata della ricezione degli atti di studio, nè convivente, sia dalla mancata comunicazione a mezzo raccomandata come prescritto dalla legge (ovvero dalla consegna di questa allo stesso terzo che aveva ricevuto indebitamente l’atto di appello)”;

che con il terzo motivo il ricorrente infine deduce, “nel merito”, violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3;

ritenuto che il ricorso – alla cui ammissibilità non osta il cumulo, in unico atto, di impugnazioni avverso sentenze diverse (di per sè consentito trattandosi di sentenze pronunciate, tra le stesse parti e in ordine alla stessa controversia, dal medesimo organo giurisdizionale, quale giudice dell’appello e giudice della successiva istanza di revocazione: v. Cass. n. 19470 del 2014; n. 16861 del 2013) – si appalesa inammissibile e, comunque, infondato in quanto proposto nei confronti della sentenza che ha rigettato la domanda di revocazione, e altresì inammissibile in quanto proposto nei confronti della sentenza d’appello revocanda, per la sua palese tardività;

che, sotto il primo profilo, occorre rilevare che le censure proposte avverso la sentenza che ha negato la revocazione si appuntano essenzialmente nei confronti della prima delle due rationes decidendi poste a fondamento della stessa (ossia sul ritenuto valido perfezionamento della notifica dell’atto d’appello), mentre lambiscono soltanto e comunque non offrono specifici argomenti di critica nei confronti della seconda – e, peraltro, preliminare e assorbente – rappresentata dalla negata idoneità del vizio dedotto a configurare errore di fatto revocatorio;

che comunque, ove una siffatta censura sia identificabile nei motivi di ricorso, se ne deve rilevare la palese infondatezza, risultando corretta la testè riferita valutazione del giudice della revocazione circa l’impossibilità di configurare, in quanto dedotto, una causa di revocazione;

che al riguardo occorre invero rammentare che, secondo costante insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, l’errore di fatto che legittima l’impugnazione per revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., è configurabile quando sussiste un contrasto tra la rappresentazione della realtà emergente dalla sentenza e quella emergente dagli atti e documenti processuali, purchè tale contrasto emerga con assoluta immediatezza e sia di semplice e concreta rilevabilità; non è configurabile pertanto errore revocatorio quando si denunci non già la falsa percezione di un fatto incontrovertibile, bensì l’omessa o errata valutazione di un atto processuale (v. Cass. 01/12/1999, n. 13401; Cass. 25/03/2005, n. 6511);

che nel caso di specie, con l’istanza di revocazione proposta al giudice d’appello, veniva denunciato – analogamente ai casi esaminati nei citati precedenti – il mancato rilievo di una nullità della notifica del ricorso in appello, senza che, nel totale silenzio sul punto, fosse contenuta nella sentenza d’appello una qualunque affermazione dalla quale desumere una distorta percezione della realtà da parte della Corte di merito e non piuttosto una – esatta o meno – valutazione giuridica circa la legittimità della notificazione;

che dalla proposizione di istanza di revocazione, rimedio dunque inappropriato alla dedotta nullità della notifica dell’atto d’appello, discende, per le ragioni appresso illustrate, anche l’inammissibilità del ricorso per cassazione qui contestualmente proposto direttamente nei confronti della sentenza d’appello revocanda;

che, invero, sebbene il dedotto errore di giudizio circa la legittimità della notifica sia in astratto denunciabile con ricorso per cassazione, sia pure ultrannuale, a norma dell’art. 327 c.p.c., comma 2, – a condizione però che il contumace, che deve essere rimasto tale (Cass. n. 8245 del 2003), dia la prova non solo della nullità della notifica della citazione ma anche che la stessa gli ha effettivamente impedito di avere conoscenza del processo in tempo utile per proporre tempestiva impugnazione – nel caso di specie il ricorso si appalesa inammissibile proprio perchè manca tale ultima prova e, anzi, proprio dalla proposizione del ricorso per revocazione, avvenuta in data imprecisata ma comunque anteriore al 13/7/2009 (data dell’udienza di discussione della revocazione), si ricava la prova contraria dell’intervenuta conoscenza della sentenza d’appello molto più di un anno e 46 giorni prima della proposizione del ricorso qui in esame;

che il ricorso va pertanto rigettato (in quanto diretto a impugnare la sentenza emessa sul ricorso per revocazione) e dichiarato inammissibile (in quanto diretto a impugnare la sentenza d’appello), con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

PQM

 

rigetta il ricorso proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 71/15/10 depositata il 22 marzo 2010; dichiara inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 4/8/08 depositata il 30 gennaio 2008. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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