Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18455 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/07/2019, (ud. 28/02/2019, dep. 09/07/2019), n.18455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5411-2018 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

PRUITI MARCO;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38, presso lo

studio dell’avvocato ALBERICI FABIO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7511/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/11/20017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIGNA

MARIO.

Fatto

RILEVATO

Che:

Con sentenza 72/2012 del 1-2-2012 il Tribunale di Velletri, sez. distaccata di Anzio, in parziale accoglimento della domanda proposta con ricorso 14-4-2009 da C.A. ed avente ad oggetto il risarcimento dei danni dallo stesso subiti (quale terzo trasportato) in occasione di sinistro stradale avvenuto il 6-5-2006, condannò la Groupama Ass.ni SpA (già Nuova Tirrena Ass.ni SpA) al pagamento della somma di Euro 42.855,00, oltre interessi e rivalutazione.

Con sentenza 7511/2017 del 29-11-2017 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato il gravame proposto dal C..

Avverso detta sentenza C.A. propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi ed illustrato anche da successive memorie.

La Groupama Ass.ni SpA resiste con controricorso.

Il relatore ha proposto la trattazione della controversia ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.; detta proposta, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata, è stata ritualmente notificata alle parti.

Diritto

RILEVATO

Che:

Con il primo motivo il ricorrente denunziando, ai sensi dell’art, 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto”, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, sostiene che, indipendentemente da espressa richiesta attorea, il riscontrato danno biologico doveva essere liquidato sulla scorta delle tabelle milanesi, ritenute dalla S.C. “valido e necessario criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa ex art. 1226 c.c.”, e divenute definitivamente le tabelle nazionali in materia di macrolesioni (art. 138 cod. assicurazioni); tabelle contenenti parametri dai quali la Corte d’Appello non poteva liberamente discostarsi, incorrendo, in caso contrario, nella violazione dell’art. 3 Cost..

Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, si duole che la Corte territoriale, senza esaminare le scritture fiscali prodotte in giudizio, abbia ritenuto insussistente la prova dell’effettivo decremento di guadagno, quando invece il crollo reddituale, coincidente con il sinistro in questione, non poteva che imputarsi a quest’ultimo.

Il primo motivo, con riferimento alla “violazione di legge”, anche a prescindere dalla mancata indicazione della norma violata (Cass. 21819/2017), è inammissibile sia ex art. 366 c.p.c., n. 6 sia in quanto non idoneo a contrastare la ratio dell’impugnata sentenza.

Con detta decisione, invero, la Corte territoriale ha, in sostanza, ritenuto inammissibile il primo motivo di appello, concernente la liquidazione del danno non patrimoniale, per mancanza di specificità ai sensi dell’art. 342 c.p.c.; in particolare, infatti, la Corte ha considerato inammissibile, in quanto “genericamente formulata con il solo rinvio alla richiesta di applicazione delle tabelle milanesi”, la doglianza con la quale l’appellante aveva lamentato di avere subito un grave pregiudizio per l’applicazione, nella liquidazione del danno, delle tabelle di Roma e non di quelle di Milano; al riguardo ha infatti evidenziato che l’attore non aveva mai richiesto in primo grado l’applicazione delle tabelle di Milano, e si era quindi rimesso alla valutazione equitativa del primo giudice, senza formulare alcun conteggio alternativo dal quale poter evincere l’effettivo pregiudizio subito a causa dell’applicazione delle tabelle di Roma anzichè di quelle di Milano.

A fronte di siffatta statuizione, il ricorrente non ha contestato idoneamente detto rilievo di aspecificità del gravame, essendosi infatti limitato a ribadire l’astratta obbligatorietà (per giurisprudenza di questa S.C.) dell’utilizzo delle “tabelle milanesi”, senza precisare se e quando, nel giudizio di merito, sia stata dedotta la decisività dell’applicazione delle tabelle milanesi (eventualmente fotinulando un conteggio alternativo dal quale potere evincere l’effettiva lesione subita a causa dell’applicazione delle tabelle di Roma anzichè di quelle di Milano) e se e quando le stesse siano state prodotte in giudizio (v., con riferimento alla necessità della produzione delle tabelle, Cass. 27562/2017; Cass. 17678/2016)

Il vizio motivazionale dedotto nel primo motivo e quello indicato nel secondo sono inammissibili in quanto proposti per “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia”, e quindi secondo il vecchio paradigma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non applicabile ratione temporis alla controversia in esame.

In conclusione, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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