Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18453 del 08/09/2011

Cassazione civile sez. I, 08/09/2011, (ud. 17/06/2011, dep. 08/09/2011), n.18453

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Mari a – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto al n. 18211 R.G. anno 2007 proposto da:

R.F., S.L. e S.F.

elett.te domiciliati in ROMA, viale Parioli 180 presso l’avvocato

Braschi Francesco Luigi dal quale sono rappresentati e difesi

unitamente all’avvocato Alberto Rondani del Foro di Parma giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Fallimento Industria Alimentare Giudici s.n.c. in persona del

curatore P.L.A., elett.te dom.to in Roma via Lazio

20/c presso l’avv. Dotto Massimo Francesco che lo rappresenta e

difende per procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1054 della Corte d’Appello di Bologna

depositata il 16.10.2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17.06.2011 dal Consigliere Dott. Luigi MACIOCE;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato A.Rondani che ha chiesto

accogliersi il ricorso;

udito per il controricorrente l’avv. Caggiotti (in sost.) che ha

chiesto il rigetto ; udite le conclusioni del P.G., nella persona del

Sost. Proc. Gen. dr. F. Sorrentino, che ha chiesto

l’inammissibilità, in subordine il rigetto, del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La s.n.c. Industria Alimentare Giudici, che con atto 31.3.1995 aveva venduto a S.L. e R.F. un fondo di ha 2.15.60 sito in Salsomaggiore al prezzo di L. 18 milioni, con sentenza 28.1.1997 del Tribunale di Parma venne dichiarata fallita.

Con citazione 22.1.2002 il curatore del Fallimento convenne innanzi allo stesso Tribunale la R., in proprio, e gli eredi di S.L., la stessa R. e S.L. e F., ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 1, L. Fall. I convenuti si costituirono deducendo la inesistenza di alcuna sproporzione tra valore e prezzo, essendo stata versata, per l’acquisito dell’area e di altra contigua, la somma di L. 170 milioni ed osservando che essi non conoscevano la condizione di insolvenza della società nè potevano conoscerla stante l’assenza di protesti od esecuzioni. Il Tribunale con sentenza 28.1.2004 rigettò la domanda condividendo le prospettazioni dei convenuti. La Corte di Bologna, andando di contrario avviso, con sentenza 18.10.2006 ha revocato la compravendita 31.3.1995 ed ordinato agli appellati la restituzione del terreno alla appellante curatela fallimentare. Nella motivazione la Corte di merito ha osservato: che, stante la data dell’atto revocando era onere della curatela sol dimostrare la sussistenza della notevole sproporzione tra valore de bene trasferito e prezzo pagato dagli acquirenti, e che tal onere era stato totalmente adempiuto con la sola indicazione del prezzo di L. 18.000.000 emergente dall’atto a fronte della ammissione del valore, proveniente dai convenuti, di L. 170.000.000 (se pur comprensivo del valore di L. 8.000.000 dell’altro appezzamento ceduto); che di converso non poteva trovare ingresso la eccezione di simulazione relativa del prezzo dell’atto 31.3.1995 sollevata dagli appellati, posto che tal eccezione avrebbe dovuto trovare il conforto di documenti di data certa anteriore al fallimento e dai quali doveva scaturire il collegamento delle erogazioni al prezzo del contratto di compravendita oggetto di revocatoria; che la fattura (OMISSIS) emessa dalla società Industria Alimentare Giudici a carico di S.L. per la vendita di terreno agricolo all’importo di L. 170 milioni era, come la quietanza, priva di data certa e risultava afferente la vendita anche dei terzi M. e G., senza che rilevasse la mancata contestazione da parte del Fallimento della provenienza di detta fattura, avendo la curatela invece subito contestato la efficacia probatoria della fattura stessa, e senza che emergesse alcun valore confessorio della quietanza, questa essendo proveniente dai creditore fallito e non essendo riconducibile al curatore-terzo in revocatoria; che gli assegni prodotti in causa a firma S.L., per L. 170 milioni complessive, da un canto nulla dimostravano e dall’altro canto recavano date (aprile ed agosto 1994) di molto anteriori all’atto 31.3.1995 e non recavano alcuna attestazione del promittente venditore della loro destinazione (a tacere del fatto che due di essi, per L. 150 milioni, erano emessi all’ordine di tal ” G.” e cioè di nome dell’acquirente de secondo piccolo fondo, e che nulla faceva escludere che le maggiori somme afferissero proprio al prezzo di tal fondo nel mentre la somma di L. 18.000.000 fosse l’effettivo esborso per il primo); che quanto agli elementi addotti per superare la presunzione di scientia decoctionis da parte degli acquirenti, nessuno degli elementi addotti aveva idoneità probatoria (men che meno la assenza di protesti ed esecuzioni).

Per la cassazione di tale sentenza la R. e gli S. hanno proposto ricorso il 20.6.2007, affidato a cinque motivi, al quale si è opposta a curatela fallimentare con controricorso del 30.7.2007. I ricorrenti hanno depositato memoria finale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perchè i motivi, diretti a contestare la plausibilità di un iter argomentativo diffuso e congruo, e che neanche deducono specifici vizi di motivazione o concrete violazioni di legge, mancano totalmente del requisito di conoscibilità di cui all’art. 366 bis c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 5, del quale, pur dopo l’abrogazione di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 47, comma 1, lett. D e art. 58, comma 5 deve farsi applicazione nel sindacato di sentenze pubblicate, come nella specie, il 16.10.2006, alla luce de principio posto dalle recenti pronunzie di questa Corte (Cass. n. 7119 e n. 20323 del 2010).

Primo motivo: si censura di omesso esame ed incompletezza di argomentazione la omessa valutazione dei dati afferenti la assenza di elementi di sospetto sulla decozione, la effettuazione dei pagamenti in tempo anteriore e nel pieno affidamento dei soggetti che rilasciavano gli assegni nella convinzione della solidità all’accipiens: il motivo è inammissibile ben prima che per la sua genericità e valutattvità, per la totale assenza di alcuna sintesi conclusiva (vd. S.U. 16528 del 2008 e Cass. 4589, 4556 e 26780 del 2009).

Secondo motivo: si deduce la contraddizione tra l’aver ricavato la prova della sproporzione dalla ammissione del versamento di L. 170 milioni e l’averne disatteso la idoneità probatoria, senza avvedersi che gli appellati-convenuti mai avevano invertito l’onere probatorio gravante sulla curatela e ad oggetto l’accertamento della sproporzione. In sostanza si denunzia falsa applicazione della regola dell’onere probatorio. Manca totalmente, a corredo di una censura di violazione dell’art. 2697 c.c., il quesito di diritto esplicito e pertinente (Cass. 2799 del 2011 e 20409 del 2008) Terzo motivo: si lamenta essersi ignorato che la curatela non aveva mai contestato che la società avesse incassato la somma fatturata e si duole del fatto che non si sia accertato se, come necessario, la scrittura doveva essere inserita nelle scritture contabili della società e che non si sia provveduto di conseguenza. Si esamina unitamente al quinto motivo. Quarto motivo: si duole sia della lacunosità delle valutazioni degli assegni, il cui riferimento a ” G.” era chiaramente operato con riguardo alla società sia della inconferente valutazione della inesistenza di imputazioni e garanzie per il loro rilascio: in atti, ad avviso dei ricorrenti, vi erano tutti gli elementi certi per far presumere che quei pagamenti anticipati fossero imputabili alla compravendita; nè appariva plausibile la distinzione dei beneficiari e il riferimento ad uno solo dei due fondi, posto che le due particelle erano di fatto un corpo unico.

Motivo inammissibile. Il percorso critico che esso illustra è totalmente valutativo, privo della denunzia di illogicità e contraddizione ed al suo esito manca il necessario momento di sintesi.

Quinto motivo: si lamenta che la Corte, che ,andando dì contrario avviso da primo giudice, aveva bensì ritenuto contestata dal curatore la fattura (OMISSIS), non abbia poi provveduto ad ordinare l’esibizione del libro IVA della società, come sempre e ripetutamente chiesto ed abbia del tutto taciuto sulla istanza stessa, con chiara violazione del suo obbligo di pronunziare. Tanto il terzo motivo quanto quello in disamina comportante una chiara denunzia di una omissione totale di pronunzia sulla istanza esibitoria e quindi allegano la violazione dell’art. 210 c.p.c.: a loro sostegno manca totalmente la necessaria formulazione del quesito di diritto.

Correlata alla inammissibilità del ricorso e la condanna dei ricorrenti alla refusione delle spese in favore della controricorrente curatela.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alla refusione delle spese in favore della curatela controricorrente, che determina in Euro 3.700 (di cui Euro 200 per esborsi) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2011

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