Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18450 del 01/08/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 18450 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

sentenza in forma
semplificata

sul ricorso proposto da:
DIENI Serafina (DNI SFN 48E57 D557N), rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati Domenico Polimeni e Attilio Cotroneo, elettivamente
domiciliata in Roma, viale delle Milizie n. 1, presso lo
studio degli Avvocati Antonino Spinoso e Simona Napolitani;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello
Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n.
12, è domiciliato per legge;
– controricorrente –

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Data pubblicazione: 01/08/2013

avverso il decreto della Corte d’appello di Catanzaro depositato il 17 marzo 2012, emesso nel giudizio iscritto al n. 1013
del R.E.R. 2010.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udien-

Petitti;
sentito l’Avvocato Domenico Polimeni;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa Antonietta Carestia, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in data 27 luglio 2010 presso la
Corte d’appello di Catanzaro, Dieni Serafina proponeva, nei
confronti del Ministero della Giustizia, domanda di equa riparazione assumendo di avere subito un danno non patrimoniale
per la irragionevole durata di un procedimento civile nel quale era stata coinvolta nel settembre 1993 e ancora pendente
alla data della proposizione del ricorso per equa riparazione.
L’adita Corte d’appello accoglieva la domanda ritenendo che
il processo presupposto avesse avuto una durata irragionevole
di anni tredici e liquidava un indennizzo di euro 12.250,00
sulla base di euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo e di
euro 1.000,00 per i successivi anni di durata irragionevole,
compensando per metà le spese di lite.

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za del 24 aprile 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano

Per la cassazione di questo decreto Dieni Serafina ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria; l’intimata Amministrazione ha resistito con controricorS O.

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del
2001, dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia omesso
di considerare il tempo successivo al deposito del ricorso per
equa riparazione ai fini della determinazione della durata
complessiva del giudizio presupposto.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione in ordine alla mancata considerazione, da parte della
Corte d’appello, del periodo intercorso tra la data del deposito della domanda di equa riparazione e la pronuncia del decreto.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione degli
artt. 91 e 92 cod. proc. civ., sostenendo che la Corte
d’appello non avrebbe potuto disporre la compensazione, neanche parziale, delle spese, posto che la causa è iniziata successivamente alla entrata in vigore della legge n. 69 del 2009
che, nel modificare l’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.,
ha imposto la esplicitazione delle gravi ed eccezionali ragio-

,

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MOTIVI DELLA DECISIONE

ni poste dal giudice a fondamento della compensazione; ragioni
insussistenti nel caso di specie.
Con il quarto motivo, la ricorrente deduce violazione degli
artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e

rilevando che la compensazione delle spese renderebbe meno effettiva la tutela apprestata alla parte che agisce in equa riparazione.
Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la insufficiente
motivazione circa il fatto che ha indotto la Corte a compensare le spese processuali.
Il primo e il secondo motivo sono infondati.
La Corte territoriale ha calcolato in diciassette anni la
durata complessiva del giudizio “pendente alla data della domanda” di equa riparazione. Con ciò si è correttamente conformata al principio più di recente enunciato da questa Corte che il Collegio intende ribadire, in quanto consentaneo
all’esigenza di individuare un evento certo rispetto al quale
calcolare il ritardo processuale – secondo cui “in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89,
ove la relativa domanda sia proposta durante la pendenza del
processo presupposto, il giudice deve prendere in considerazione, ai fini della valutazione della ragionevolezza della
durata di detto processo, il solo periodo intercorrente tra il

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dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo,

suo promovimento e la proposizione del ricorso per equa riparazione, non potendo considerare altresì l’ulteriore ritardo,
futuro ed incerto, suscettibile di maturazione nel prosieguo
del primo processo; tale valutazione prognostica è infatti e-

ferisce ad un evento lesivo storicamente già verificatosi e
dunque certo, mentre a sua volta l’art. 4, permettendo
l’esercizio dell’azione anche in pendenza del processo presupposto, come nella specie avvenuto, delimita l’ambito del pregiudizio, anticipando la liquidazione per ogni violazione già
integrata, e fa implicitamente salva la facoltà di proporre
altra domanda in caso di eventuale ritardo ulteriore” (Cass.,
sez. I, 14 aprile 2011, n. 8547). Principio che, del resto,
già era stato enunciato da Cass., sez. I, 4 ottobre 2005, n.
19352, ponendosi altresì in risalto che l’incertezza sui successivi sviluppi del giudizio presupposto, quanto segnatamente
alla sua durata, potrebbero derivare anche da eventuali future
transazioni o rinunce al diritto azionato.
Il terzo, quarto e quinto motivo possono essere esaminati
congiuntamente, attesa la contiguità delle censure ivi svolte.
La complessiva censura è fondata, posto che nel decreto la
compensazione per metà delle spese del grado è giustificata
soltanto dal mero accenno alla “mancata opposizione dell’Amministrazione alla liquidazione dell’indennizzo”.

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sclusa dalla lettera dell’art. 2 della legge cit., che si ri-

Anche a prescindere dall’insufficienza della motivazione
adottata dalla Corte di appello, è comunque assorbente rilevare che la mancata opposizione alla domanda da parte della Amministrazione non giustifica, di per sé, la compensazione al-

dire il giudice per ottenere il riconoscimento del diritto.
In accoglimento del terzo, quarto e quinto motivo, il decreto impugnato deve quindi essere cassato.
Non essendo, tuttavia, necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi
dell’art. 384 cod. proc. civ., eliminando dal decreto impugnato la disposta compensazione parziale delle spese, ferme le
altre statuizioni, anche in ordine all’importo delle spese del
giudizio di merito.
In considerazione della infondatezza delle principali censure svolte dalla ricorrente afferenti alla determinazione
della durata del giudizio presupposto, sussistono giusti motivi per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta i primi due motivi del ricorso;
il terzo, il quarto ed il quinto;

accoglie

cassa il decreto impugnato

in relazione alle censure accolte e,

decidendo nel merito, e-

limina dal decreto impugnato la statuizione di compensazione

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lorché, come nella specie, la parte sia stata costretta ad a-

parziale delle spese, fermo il resto;

compensa tra le parti le

spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, in data 24

aprile 2013.

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