Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18449 del 21/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 21/09/2016, (ud. 19/04/2016, dep. 21/09/2016), n.18449

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8975-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.C.T.;

– intimata –

sul ricorso 63-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

D.C.T.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 84/2009 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 19/03/2009 e avverso la sentenza n. 46/2010

della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO depositata il 15/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/04/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO LUCIOTTI:

udito per il ricorrente l’Avvocato COLELLI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi che ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate di Salerno notificava alla contribuente D.C.T. dapprima il provvedimento di diniego di definizione del condono fiscale ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, con riferimento ad IVA ed IRPEF per l’anno di imposta 2001, per mancato versamento delle rate successive alla prima, e successivamente la cartella di pagamento con applicazione di sanzioni per un importo complessivo di 17.097,42 Euro, che la contribuente impugnava separatamente dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Salerno che con sentenza n. 264 del 2007 accoglieva il ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego di condono e con sentenza n. 454 del 2007 rigettava, invece, quello proposto avverso la cartella esattoriale.

2. La Commissione tributaria regionale della Campania, adita dall’Amministrazione finanziaria, con sentenza n. 46 del 15 febbraio 2010 confermava la sentenza pronunciata dalla CTP sul ricorso della contribuente avverso il provvedimento di diniego, sostenendo che la regolare presentazione dell’istanza di condono con rateizzazione dell’importo dovuto ed il versamento della prima rata costituivano condizioni sufficienti per determinare il perfezionamento del condono fiscale, stante anche la mancanza di una espressa disposizione della legge n. 289 del 2002 che prevedesse la nullità della definizione ex art. 9 bis per l’ipotesi come quella in esame.

3. La medesima Commissione tributaria regionale con sentenza n. 84 del 19 marzo 2009 accoglieva l’appello proposto dalla contribuente nei confronti della sentenza della CTP di rigetto del ricorso avverso la cartella di pagamento ritenendo che la lacuna normativa rinvenibile nella L. n. 289 del 2002, art. 9 bis sulle conseguenze derivanti dall’omesso o tardivo versamento delle rate successive alla prima non comportava l’invalidità o l’inefficacia del condono e doveva essere colmata attraverso l’estensione analogica del regime proprio di tutte le forme di condono previste dalla citata legge e cioè l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo delle sole somme non versate o versate in ritardo, con l’applicazione delle relative sanzioni.

4. Avverso entrambe le pronunce della CTR campana ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate che propone un solo motivo nel ricorso avverso il provvedimento di diniego di condono (n. 63/11 R.G.) e due motivi nel ricorso avverso la cartella di pagamento (n. 8975/10 R.G.). Non spiega difese la contribuente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente rilevato che i due ricorsi proposti dall’Agenzia delle entrate, contemporaneamente pendenti in sede di legittimità, devono essere riuniti per l’evidente connessione esistente tra le due sentenze gravate, sia soggettiva, per identità delle parti in giudizio, che oggettiva, per parziale identità dei motivi, e segnatamente di quello proposto nel ricorso avente ad oggetto il provvedimento di diniego del condono con il secondo motivo di ricorso per cassazione proposto contro la sentenza che ha pronunciato sulla cartella di pagamento.

Pertanto, il giudizio iscritto più recentemente (R.G. n. 63/11), avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di diniego di condono, va riunito a quello più antico di ruolo (R.G. n. 8975/10) avente ad oggetto l’ impugnazione della cartella di pagamento.

2. Ciò posto, nel giudizio avente ad oggetto la cartella di pagamento (R.G. n. 8975/10) l’Agenzia con il primo mezzo di impugnazione, accompagnato da idoneo quesito di diritto, deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 39, per non avere il giudice di merito disposto la sospensione del giudizio concernente la cartella di pagamento emessa a seguito del provvedimento di diniego di condono, in pendenza del giudizio di impugnazione di tale atto impositivo.

3. Con il secondo motivo proposto nel predetto giudizio e con l’unico motivo proposto nel giudizio riunito (R.G. n. 63/11), l’Agenzia ricorrente ha dedotto, quasi del tutto identicamente, la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1. Lamenta la ricorrente che erroneamente il giudice d’appello ha reputato sufficiente, ai fini del perfezionamento della procedura di condono con rateizzazione del dovuto, il tempestivo pagamento della prima rata.

4. Vanno preliminarmente esaminati, in quanto logicamente preliminari, tali ultimi due motivi, che sono fondati e vanno accolti.

4.1. Si rileva dalle sentenze impugnate che l’atto di diniego di condono e la cartella di pagamento sono relativi all’IVA e all’IRPEF.

Seguendo l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte (sent. n. 20068 del 2009, poi seguita da numerosissime pronunce conformi di questa Sezione, tra cui n. 19546 del 2011; n. 8110 e n. 13505 del 2012; n. 20435 del 2014; n. 420, n. 1003, n. 5953, n. 6667, n. 7852, n. 19436 e n. 20064 del 2015; fino alle recentissime sentenze n. 406, n. 409, n. 410, n. 411, n. 416 e n. 961 del 2016), “la sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C- 132/06 – secondo la quale la Repubblica Italiana è venuta meno agli obblighi di cui agli artt. 2 e 22 della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388 CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’I.V.A., per avere previsto, con la L. 27 dicembre 2002, n. 289, artt. 7 ed 8 una rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta, così pregiudicando seriamente il corretto funzionamento de sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto – ha una portata generale, estesa a qualsiasi misura nazionale, sia essa di carattere legislativo o amministrativo, con la quale lo Stato membro rinunci in modo generale o indiscriminato al pagamento di quanto dovuto per Iva (v. Cass. n. 20068 del 2009). Tale incompatibilità riguarda, quindi, anche la definizione prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, il quale pertanto, nella parte in cui consente di definire una controversia evitando il pagamento di sanzioni connesse al ritardato od omesso versamento dell’IVA, deve essere disapplicato per contrasto con la 6^ direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, alla stregua dell’interpretazione adeguatrice imposta dalla citata sentenza della Corte di Giustizia CE 17 luglio 2008, in causa C- 132/06”.

4.2. L’incompatibilità delle misure con cui lo Stato membro rinuncia ad una corretta applicazione e/o riscossione di quanto dovuto per I.V.A. va rilevata a prescindere da specifiche deduzioni di parte. Il principio di effettività contenuto nell’art. 10 del Trattato CE comporta, infatti, come affermato sempre da questa Corte sulla base della giurisprudenza comunitaria, l’obbligo del giudice nazionale di applicare d’ufficio il diritto comunitario, senza che possano ostarvi preclusioni procedimentali o processuali, o, nella specie, il carattere chiuso del giudizio di cassazione. La L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, va quindi disapplicata nella presente controversia con riferimento all’IVA. (vedi, oltre alle sopra citate pronunce di questa Corte, per la giurisprudenza eurounitaria, CGUE del 14 dicembre 1995, in causa C- 312/93, Peterbroeck; del 14 dicembre 1995, in causa C 430-431/93, Vari Schijndel; del 27 febbraio 2003, in causa C – 327/00, Santex).

4.3. E’ appena il caso di ricordare, inoltre, che quanto attiene all’imposta si riferisce anche alle sanzioni, come indicato punto 42 della citata sentenza in causa C-132/06, pur non essendo la materia delle sanzioni regolata dalla 6^ direttiva (Cass. n. 20068 e n. 25701 del 2009; n. 19546 del 2011; n. 13505 del 2012; n. 23750 del 2015).

5. Con riferimento all’altra imposta oggetto di condono (IRPEF), va rammentato che secondo il costante orientamento di questa Corte, il condono previsto dalla L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9 bis, relativo alla possibilità di definire gli omessi e tardivi versamenti delle imposte e delle ritenute emergenti dalle dichiarazioni presentate, mediante il solo pagamento dell’imposta e degli interessi od, in caso di mero ritardo, dei soli interessi, senza aggravi e sanzioni, costituisce una forma di condono demenziale e non premiale come, invece, deve ritenersi per le fattispecie regolate della L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8, 9, 15 e 16, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui all’art. 9 bis, non essendo necessaria alcuna attività di liquidazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo specificato nella dichiarazione integrativa presentata ai sensi del terzo comma, con gli interessi di cui all’art. 4, il condono è condizionato dall’integrale pagamento di quanto dovuto ed il pagamento rateale determina la definizione della lite pendente solo se tale condizione venga rispettata, essendo insufficiente il solo pagamento della prima rata cui non segua l’adempimento delle successive (Cass. 7 maggio 2013, n. 10650; 3 maggio 2013, n. 10309; 23 settembre 2011, n. 19546; 6 ottobre 2010, n. 20745) con la precisazione che le previsioni contenute nella L. n. 289 del 2002, artt. 8, 9, 15 e 16, che considerano efficaci le ipotesi di condono ivi regolate anche senza adempimento integrale, sono insuscettibili di applicazione analogica, in quanto, come tutte le disposizioni di condono, sono di carattere eccezionale (Cass. 30 novembre 2012, n. 21364; id. 23 settembre 2011, n. 19546).

6. Da quanto detto consegue la non applicazione alla fattispecie concreta della L. n. 289 del 2002, art. 9 bis, in relazione all’IVA per incompatibilità comunitaria e in relazione all’IRPEF per omesso integrale versamento di quanto dovuto.

7. Pertanto, alla luce di tutto quanto sopra esposto, vanno accolti il secondo motivo di ricorso proposto nel giudizio portante (n. 8975/10 R.G.), con assorbimento del primo, e quello proposto nel giudizio riunito (n. 63/11 R.G.), le sentenze impugnate vanno cassate e, non essendovi necessità di ulteriori accertamenti in fatto, le cause possono essere decise nel merito con rigetto degli originari ricorsi proposti dalla contribuente. Non può farsi luogo a statuizione sulle spese in assenza di costituzione dell’intimata, mentre l’evoluzione giurisprudenziale registratasi in materia giustifica l’integrale compensazione delle spese dei giudizi di merito.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso proposto nel giudizio iscritto al n. 8975/10 R.G., con assorbimento del primo, e quello proposto nel giudizio iscritto al n. 63/11 R.G., cassa le sentenze impugnate e, decidendo nel merito, rigetta gli originari ricorsi proposti dalla contribuente, compensando le spese processuali dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 19 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 settembre 2016

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