Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18449 del 01/08/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 18449 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

sentenwconnugira:ione semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

SENATORE Bruna (SNT BRN 51E59 G039L), rappresentata e difesa,
per procura speciale a margine del ricorso, dagli Avvocati
Gaetano Paolino e Maria Annunziata, elettivamente domiciliata
e-

in Roma, Piazza Cola di Rienzo n. 92, presso lo studio
dell’Avvocato Leopoldo Fiorentini (Studio Carlini);

ricorrente

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (80207790587), in persona del Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in
Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

Data pubblicazione: 01/08/2013

t- I

avverso il decreto della Corte d’appello dijgalAr0, depositato il 12 dicembre 2011.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20 febbraio 2013 dal Consigliere relatore Dott. Stefano

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 20 luglio 2011 presso la Corte
d’appello di Napoli, Senatore Bruna ha proposto, ai sensi della legge n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione del danno
non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata
di un giudizio svoltosi dinnanzi al TAR Campania, sezione di
Salerno, iniziato con ricorso depositato il 10 giugno 1993, e
concluso il 2 settembre 2010.
L’adita Corte d’appello ha rigettato la domanda, rilevando
che, pur essendo iniziato il giudizio nel 1993, la ricorrente
solo nel 2009, a seguito di comunicazione ex art. 9 della legge n. 205 del 2000, aveva depositato istanza di prelievo, salvo poi dichiarare, all’udienza del 17 giugno 2010, che non aveva più interesse alla decisione della causa, che veniva
quindi decisa con dichiarazione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse.

Petitti;

Per la cassazione di questo decreto Senatore Bruna ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi; l’intimata Amministrazione ha resistito con controricorso e ha a sua volta proposto ricorso incidentale condizionato, affidato a due motivi.

Il collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza.
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 111 Cost., 2 e ss. della legge n. 89 del
2001, 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per i diritti
dell’uomo, 51 del r.d. n. 642 del 1907, 23, primo comma, della
legge n. 1034 del 1971, 9, coma 2, della

legge n. 205 del

2000, 54, comma 2, d.l. n. 112 del 2008, convertito in legge
n. 133 del 2008, 737, 738 e ss. cod proc. civ.
La ricorrente censura il decreto impugnato per il fatto che
la Corte d’appello ha attribuito rilievo alla mancata sollecitazione della fissazione dell’udienza, atteso che nel giudizio
presupposto erano stati adempiuti tutti gli oneri legislativamente posti a carico della parte ricorrente alla data di proposizione del giudizio stesso (e cioè la istanza di fissazione
dell’udienza). L’irragionevole protrarsi del giudizio, nel
quale l’unica udienza di discussione era stata fissata nel
giugno 2010 a seguito di presentazione di nuova istanza di
prelievo, era quindi addebitabile all’organizzazione giudiziaria ed era stata sicuramente fonte di pregiudizio per la par-

MOTIVI DELLA DECISIONE

te, risultando irrilevante il contenuto della decisione adottata al termine del giudizio stesso.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e
falsa applicazione degli artt. 3, comma 5, della legge n. 89

che la Corte d’appello abbia rilevato la mancanza agli atti di
una istanza di prelievo presentata nel 2005. La Corte
d’appello, sostiene la ricorrente, avrebbe dovuto attivare i
poteri di richiesta di atti alla cancelleria del giudice ove
si era svolto il giudizio presupposto.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione dell’art. 54, comma 2, d.l. n. 112 del 2008
e vizio di motivazione, sostenendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere la ritardata presentazione della
istanza di prelievo preclusiva del diritto all’equa riparazione, potendo la stessa incidere sulla misura della riparazione.
Erronea sarebbe poi la motivazione in base alla quale la Corte
d’appello ha presunto il venir meno dell’interesse avuto riguardo alla efficacia temporale del provvedimento amministrativo impugnato nel giudizio presupposto.
Con i due motivi del ricorso incidentale il Ministero deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2934 cod. civ.,
dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia rigettato
l’eccezione di prescrizione del diritto azionato.
Il primo motivo di ricorso è fondato.

del 2001 e 737, 738 e ss. cod. proc. civ., dolendosi del fatto

Occorre premettere che la istanza di prelievo, nel giudizio
presupposto, è stata certamente presentata dalla ricorrente a
seguito della comunicazione ai sensi dell’art. 9 della legge
n. 205 del 2000. Poiché tale condizione di proponibilità è

abbia errato nel rigettare la domanda sul rilievo della dichiarazione di sopravvenuta carenza di interesse della parte
alla definizione del giudizio presupposto. Invero, la circostanza che la parte, dopo circa diciassette anni dalla introduzione del giudizio abbia manifestato il proprio disinteresse
alla definizione nel merito del giudizio, non vale ad escludere che per il fatto stesso che il giudizio si sia protratto
per un tempo del tutto irragionevole, la ricorrente possa avere subito un pregiudizio. Il fatto che la ricorrente si sia
attivata presentando istanza di prelievo solo dopo la comunicazione ex art. 9 della legge n. 205 del 2000 avrebbe al più
potuto incidere sulla entità della liquidazione
dell’indennizzo, ma non sulla esclusione del relativo diritto.
Invero, in tema di equa riparazione ai sensi della legge 24
marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del
processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche
per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo pro-

stata adempiuta, il Collegio ritiene che la Corte d’appello

cedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti
in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla
ritardata presentazione di essa. La previsione di strumenti

dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso
esercizio degli stessi, né implica il trasferimento sul ricorrente della responsabilità per il superamento del termine ragionevole per la definizione del giudizio, salva restando la
valutazione del comportamento della parte al solo fine dell’apprezzamento della entità del lamentato pregiudizio (Cass.,
S.U., n. 28507 del 2005).
Alla stregua di tale principio, il primo motivo di ricorso
va quindi accolto, con conseguente assorbimento delle ulteriori censure.
L’accoglimento del primo motivo del ricorso principale comporta la necessità di procedere all’esame del ricorso incidentale condizionato, che, peraltro, è infondato.
Trova infatti applicazione il principio affermato da questa
Corte, che il Collegio condivide, in forza del quale In tema
di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole
durata del processo, la previsione della sola decadenza dall’azione giudiziale per ottenere l’equo indennizzo a ristoro
dei danni subiti a causa dell’irragionevole durata del processo, contenuta nell’art. 4 della legge 24 marzo 2001, n. 89,

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sollecitatori, infatti, non sospende né differisce il dovere

con riferimento al mancato esercizio di essa nel termine di
sei mesi dal passaggio in giudicato della decisione che ha definito il procedimento presupposto, esclude la decorrenza dell’ordinario termine di prescrizione, in tal senso deponendo

dente natura di legge speciale, ma anche una lettura dell’art.
2967 cod. civ. coerente con la rubrica dell’art. 2964 cod.
civ., che postula la

decorrenza del termine di prescrizione

solo allorché il compimento dell’atto o il riconoscimento del
diritto disponibile abbia impedito il maturarsi della decadenza; inoltre, in tal senso depone, oltre all’incompatibilità
tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo
atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data
di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità
della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri
previsti per la sua determinazione, nonché il frazionamento
della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative
processuali che l’operatività della prescrizione in corso di
causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultredecennale
nella definizione del processo (Cass., S.U., n. 16783 del
2012).
In accoglimento del primo motivo del ricorso principale il
decreto impugnato va quindi cassato con rinvio alla Corte
d’appello di Napoli, la quale, in diversa composizione, procederà a nuovo esame della domanda di equa riparazione e provve-

non solo la lettera dell’art. 4 richiamato, norma che ha evi-

derà alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale,
cassa il

decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di
legittimità, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile – 2 della Corte suprema di Cassazione, il 20
febbraio 2013.

assorbiti gli altri; rigetta il ricorso incidentale;

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