Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18448 del 04/09/2020
Cassazione civile sez. I, 04/09/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 04/09/2020), n.18448
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4492/2019 proposto da:
M.S., elettivamente domiciliato in presso l’avv. BARBARA
CATTELAN;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, (OMISSIS), Pm Procuratore Generale Corte di
Cassazione;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 27/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
09/07/2020 da Dott. NAZZICONE LOREDANA.
Fatto
RILEVATO
– che è proposto ricorso, fondato su due motivi, avverso il decreto del Tribunale di Torino del 27 dicembre 2018, che ha respinto il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;
– che non svolge difese il Ministero intimato, costituitosi solo per l’eventuale discussione orale.
Diritto
CONSIDERATO
– che il primo motivo deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 11, lett. c), per non avere il Tribunale reiterato l’audizione del richiedente, pur avendo provveduto alla fissazione dell’udienza per la comparizione delle parti, sebbene ciò avrebbe potuto consentire di meglio chiarire la propria narrazione;
– che il motivo è manifestamente infondato, atteso che, come costituisce principio ormai consolidato, nel giudizio di impugnazione della decisione della commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare udienza, non consegue automaticamente l’obbligo di procedere all’audizione del richiedente, ove ci si trovi in presenza di una domanda di protezione internazionale manifestamente infondata (e multis, Cass. 31 gennaio 2019, n. 3029);
– che il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3 e art. 27, comma 1-bis, per non avere il tribunale concesso la protezione umanitaria, tuttavia travisando le dichiarazioni del richiedente circa l’assenza di vessazioni o discriminazioni in patria, mentre il giudizio di credibilità deve essere preceduto dalla valutazione che il richiedente abbia compiuto ogni ragionevole sforzo e non può fondarsi sulla mera opinione del giudice;
– che il motivo è manifestamente inammissibile, sotto plurimi profili: da un lato, perchè censura una ratio decidendi assente, dato che il tribunale ha, al contrario, ritenuto il richiedente credibile, e solo concluso che i fatti narrati dal medesimo (nella sostanza, povertà economica e presenza in Italia di un mero tirocinio formativo di tre mesi) non sono tali da integrare i presupposti della protezione umanitaria; dall’altro lato, perchè pretende una riconsiderazione della situazione di fatto, non ammessa in sede di legittimità;
– che non occorre provvedere sulle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020