Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18442 del 04/09/2020

Cassazione civile sez. I, 04/09/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 04/09/2020), n.18442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34330/2018 proposto da:

B.I., rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO ESPOSITO,

e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e nonchè

PROCURATORE GENERALE presso la CORTE APPELLO di MILANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1811/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 09/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/07/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA;

vista la requisitoria del P.G., in persona del Sostituto Dott.ssa

CERRONI Francesca, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, cittadino (OMISSIS), proponeva ricorso avverso il provvedimento di diniego emesso dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano. Con ordinanza del 7.3.2017 il Tribunale di Milano rigettava il ricorso. Interponeva appello B.I. e la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, n. 1811/2018, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione B.I. affidandosi ad un unico motivo.

Resiste con controricorso il Ministero dell’Interno.

Il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 14 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente denegato il riconoscimento sia della protezione sussidiaria che di quella umanitaria, senza considerare la condizione carceraria e la corruzione esistente in Senegal, che esporrebbe il richiedente al rischio di essere incarcerato per debiti, nè il livello di integrazione dallo stesso raggiunto in Italia.

La censura è inammissibile. Nel ricorso si dà atto (cfr. pag. 2) che il B. aveva narrato di essere fuggito dal proprio Paese perchè, ricercato dalla polizia per non aver restituito un debito, temeva di subire un processo iniquo e di essere soggetto a condizioni carcerarie inumane e degradanti.

La Corte di Appello ha ritenuto che la storia personale del richiedente non fosse idonea ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, in quanto il ricorrente aveva in sostanza dichiarato di essersi allontanato dal Senegal per il “… desiderio di fuggire dalle responsabilità patrimoniali per i debiti assunti e quindi abbandonando la famiglia rimasta in Senegal, ma tale previsione, prettamente economica, non solo non attiene ad alcuna delle condizioni che legittimano la concessione della protezione internazionale, ma è anche in concreto contraddetta dalla situaz’ope familiare dello straniero: lo stesso appellante, infatti, ha affermato di avere in Senegal moglie e due figli, mentre B.I. rispetto a nessuno di tali soggetti ha mai addotto situazioni economiche tali da avere richiesto un suo aiuto nemmeno nei lunghi anni trascorsi in Italia” (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

Con tale passaggio motivazionale – che non viene attinto in modo specifico dal motivo di ricorso – il giudice di merito ha evidentemente ritenuto il racconto da un lato, in astratto, non idoneo ai fini del riconoscimento della tutela internazionale, a fronte della natura economica del motivo dell’emigrazione; e, dall’altro lato, lo ha considerato in concreto non credibile perchè il B. aveva lasciato in Senegal i suoi stretti congiunti e non aveva dedotto di averli sostenuti economicamente durante la sua lunga permanenza in Italia.

Con riferimento invece alla protezione umanitaria, la Corte di Appello esclude la sussistenza di profili di vulnerabilità e questa valutazione non viene specificamente attinta dalla censura proposta dal B., nella quale non si dà atto di alcun profilo di debolezza individuale, nè si individua in alcun modo il percorso di integrazione in Italia che lo stesso avrebbe seguito.

Il ricorrente, in effetti, si duole della decisione assunta dal giudice di merito, proponendo una valutazione alternativa della propria storia, senza tuttavia indicare alcun elemento concreto che quel giudice avrebbe trascurato di esaminare o il cui corretto esame lo avrebbe potuto condurre ad un esito diverso da quello in concreto raggiunto. In proposito, va ribadito che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U., Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790).

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2020

 

 

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