Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18441 del 08/09/2011
Cassazione civile sez. I, 08/09/2011, (ud. 18/05/2011, dep. 08/09/2011), n.18441
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –
Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –
Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 32013-2006 proposto da:
T.O. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato
in ROMA, PIAZZALE CLODIO 18, presso l’avvocato RUBERTI RAFFAELLA,
rappresentato e difeso dall’avvocato TORRICELLI VALENTINO, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO N. (OMISSIS) DELLA CDB GENERALE COSTRUZIONI S.P.A.,
in
persona del Curatore prof. S.M., elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 55, presso l’avvocato CEFALY
FRANCESCO, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 463/2006 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 19/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/05/2011 dal Consigliere Dott. ALDO CECCHERINI;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato CEFALY che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con sentenza 19 giugno 2006, la Corte appello di Lecce, decidendo sull’appello proposto dal Fallimento (OMISSIS) C.D.B. Generale Costruzioni s.p.a. avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Lecce in contraddittorio tra lo stesso fallimento e il signor T.O., ha dichiarato la risoluzione del contratto di locazione 24 agosto 2000 e lo scioglimento del contratto preliminare di compravendita tra la società in bonis e il T. a norma dell’art. 72, L. Fall, e ha condannato il T. al pagamento di Euro 18.214,67 a titolo di canoni scaduti e di oneri condominiali, con gli interessi legali.
2. Per la cassazione di questa sentenza, non notificata, ricorre il signor T. con atto affidato a tre motivi, notificato il 24 novembre 2006.
Il fallimento resiste con controricorso notificato il 3 gennaio 2007.
3. Il primo motivo deduce una violazione di norma processuale concernente l’improcedibilità della domanda ex art. 72, L. Fall.
sotto il profilo del vizio di motivazione. Avendo il fallimento intimato lo sfratto per morosità, non sarebbe stato consentito, nel giudizio di opposizione allo sfratto, introdurre la domanda diversa di scioglimento di un contratto preliminare. Sul punto era stata formulata un’eccezione sulla quale la sentenza impugnata aveva omesso di motivare.
4. La censura per vizio di motivazione su una questione attinente alla procedibilità di una domanda, che è deducibile esclusivamente sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., n. 4, è inammissibile, essendo consolidato l’insegnamento tradizionale che nelle questioni processuali, valutabili sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la corte è giudice del fatto, e non è ammessa la censura per vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ma solo per violazione di una norma del procedimento, ex art. 360, n. 4, che doveva essere inoltre accompagnata dalla formulazione del quesito di diritto.
5. Il secondo motivo deduce un vizio di motivazione in ordine alla possibilità che il contratto preliminare potesse qualificarsi come atto di compravendita, ma non contiene la sintesi che, a norma dell’art. art. 366 bis cod. proc. civ. vigente ratione temporis ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità, ed è quindi a sua volta inammissibile (Cass. Sez. un. 1 ottobre 2007 n. 20603).
6. Con il terzo motivo si espone una censura per violazione dell’art. 1460 c.c., senza formulare alcun quesito di diritto. Anche questo motivo è pertanto inammissibile a norma dell’art. 366 bis c.p.c..
7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, e le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in motivazione, sono poste a carico del soccombente.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione della Corte suprema di cassazione, il 18 maggio 2011.
Depositato in Cancelleria il 8 settembre 2011