Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18440 del 26/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/07/2017, (ud. 23/02/2017, dep.26/07/2017),  n. 18440

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27393-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. FARNESE

7, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO BERLIRI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO COGLIATI

DEZZA giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 99/2013 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 01/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/02/2017 dal Consigliere Dott. LOCATELLI GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato BERLIRI che ha chiesto il

rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.G., già dirigente della società Enel spa, aveva aderito, sin dal 1986, al Fondo di previdenza integrativa aziendale interno denominato PIA, istituito in data 16.4.1986 a seguito di accordo tra Enel e Fndai (Federazione nazionale dirigenti aziende industriali) in sostituzione di una precedente polizza di assicurazione sulla vita e sull’invalidità permanente prevista per i dirigenti di azienda dal contratto collettivo nazionale di lavoro con decorrenza 1.1.1986. Alla cessazione del rapporto di lavoro avvenuta nell’anno 2000, B.G. aveva optato per la corresponsione, in unica soluzione, del 50% della somma maturata a titolo di trattamento pensionistico integrativo periodico. Sulla somma ricevuta, pari ad Euro 590.145, la società Enel, in qualità di sostituto di imposta operava la trattenuta Irpef di Euro 161.162, determinata applicando l’aliquota media del 35,22% prevista per la tassazione separata dell’indennità di fine rapporto a norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16.

In data 3.11.2003 il contribuente presentava istanza di rimborso dell’eccedenza di imposta versata, sostenendo che l’erogazione di cui aveva beneficiato doveva essere considerata reddito da capitale con conseguente applicazione della minore aliquota del 12,5% in conformità alla diversa tassazione prevista per il reddito di capitale dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4, e la L. n. 482 del 1985, art. 6.

A seguito del silenzio rifiuto della Agenzia delle Entrate, B.G. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Venezia che lo accoglieva con sentenza n. 98 del 2005.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello, rigettato dalla Commissione tributaria regionale con sentenza del 24.9.2007.

Avverso la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione, accolto da questa Corte con ordinanza n. 29547 del 29.12.2011 con la quale cassava la sentenza impugnata e disponeva il rinvio ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto. A seguito della riassunzione della causa, la Commissione tributaria regionale del Veneto, in sede di giudizio di rinvio, con sentenza del 1.10.2013 rigettava l’appello della Agenzia delle Entrate e confermava la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto il diritto del contribuente alla restituzione della eccedenza di imposta versata rispetto alla aliquota del 12,5%.

Contro la sentenza pronunciata nel giudizio di rinvio l’Agenzia delle Entrate propone, con unico motivo, ricorso per cassazione per “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 63, degli artt. 384 e 392 e ss c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, poichè il giudice del rinvio non si è conformato al principio di diritto stabilito nella sentenza di annullamento con rinvio pronunciata dalla Corte di cassazione.

B.G. resiste con controricorso. Chiede di dichiarare inammissibile o infondato il ricorso. Deposita memoria con cui richiede di rimettere la causa alle Sezioni Unite.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il motivo di ricorso, ammissibile, è fondato.

Questa Corte con la citato ordinanza n. 29547 del 2011, dopo aver richiamato il principio di diritto in tema di disciplina impositiva applicabile alle prestazioni erogate in forma di capitale dai fondi previdenziali integrativi aziendali, espresso da Sez. U, Sentenza n. 13642 del 22/06/2011, Rv. 618426 – 01, ha cassato la sentenza impugnata poichè la Commissione tributaria regionale non si era attenuta a detto principio di diritto, ed ha disposto il rinvio della causa al medesimo giudice di appello, diversamente composto, affinchè verificasse “se via sia stato (e quale sia stato) l’impiego da parte del fondo, sul mercato, del capitale accantonato, giustificandosi solo rispetto a quest’ultimo rendimento l’affermata tassazione al 12,50%”.

In sede di rinvio la Commissione tributaria regionale osserva che “il Sig. B. era stato unicamente iscritto alla P.I.A. ed aveva maturato dal 1986 al 1994 un rendimento per Euro 457.588”; dà atto che la somma corrisposta a titolo di capitalizzazione sostitutiva del trattamento integrativo aziendale “non si formava mediante l’impiego diretto del capitale sul mercato ma era determinato con modalità matematico attuariali”; richiama la perizia giurata di stima prodotta dal contribuente secondo cui “la redditività degli accantonamenti fatti dall’Enel per far fronte al finanziamento delle prestazioni garantite dalla P.I.A. è stato pari a quello ottenuto sul mercato dall’intero patrimonio Enel”. Ciononostante, il giudice del rinvio conclude che il rendimento netto conseguito nel periodo di interesse, ammontante ad Euro 457.588,09) (rendimento inteso come differenza tra i contributi versati ed importo liquidato dal fondo di previdenza complementare) deve essere assoggettato alla ritenuta del 12,50% propria dei redditi da capitale.

La sentenza disattende la statuizione contenuta nella ordinanza di cassazione con rinvio che, richiamando la citata pronunzia delle S.U., ha specificato che l’applicazione delle ritenuta fiscale più favorevole del 12,50% propria dei redditi da capitale, in luogo dell’aliquota media applicabile alla tassazione separata degli importi corrisposti in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro dipendente a norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16 (ora 17), comma 1, lett. a), ha ragion d’essere esclusivamente con riferimento a quegli importi per i quali sia dimostrato, da parte del contribuente che richiede la restituzione delle somme asseritamente versate in eccedenza, che essi costituiscono “rendimento netto” imputabile alla gestione da parte del Fondo, sul libero mercato, del capitale accantonato (S.U. n. 13642 del 2011). Posto che, secondo gli accertamenti del giudice di merito, non è controverso che il fondo interno PIA sia stato finanziato attraverso una serie di accantonamenti a bilancio effettuati da Enel al fine di far fronte alle prestazioni previdenziali erogande nei confronti dei dipendenti iscritti al Fondo stesso, e che la redditività di tali accantonamenti sia stata considerata pari a quella ottenuta sul mercato dall’intero patrimonio Enel, deve escludersi che tali importi possano essere qualificati come plusvalenze rinvenienti dalla gestione sul libero mercato dei capitali accantonati, e quindi possano godere dell’assoggettamento alla più favorevole aliquota di imposta del 12,50% riservata ai redditi da capitale. In tal senso questa Corte, con il principio di diritto affermato con la sentenza n. 10285 del 26.4.2017, ha ulteriormente specificato la nozione di “rendimento netto” rinveniente dalla gestione degli accantonamenti sul libero mercato ad opera del Fondo, escludendo che in esso possano essere compresi gli importi “calcolati attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate”.

La sentenza deve pertanto essere cassata. Essendo stata esclusa in fatto la provenienza degli importi liquidati dall’investimento delle somme accantonate sul libero mercato, la causa può essere decisa nel merito dichiarando l’assoggettamento degli importi maturati nel Fondo denominato P.I.A. alla aliquota media prevista per la tassazione separata delle somme corrisposte a norma del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, (ora 17), comma 1, lett. a).

La particolare complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese per l’intero giudizio.

PQM

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito dichiara l’assoggettamento delle somme corrisposte dal fondo P.I.A. al regime della tassazione separata ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, (ora 17), comma 1, lett. a). Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2017

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