Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1844 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 28/01/2021), n.1844

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35211-2018 proposto da:

M.A., R.T., elettivamente domiciliati

in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO FOLLO;

– ricorrenti –

contro

L.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1942/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

 

Fatto

OSSERVA

– M.A. e R.T. adirono il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi esponendo che un loro appezzamento di terreno, confinante con quello di proprietà di L.M., era stato indebitamente occupato da un muretto costruito dal vicino;

– la Corte d’appello di Napoli, sull’impugnazione degli attori, che si erano visti rigettare la domanda dal Tribunale, confermò la statuizione di primo grado;

– con il ricorso, fondato su due motivi, fra loro correlati, il M. e la R. denunziano violazione degli artt. 948 e 1102 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”, affermando che il Giudice d’appello, errando, aveva qualificato la domanda come di regolamento dei confini, mentre si era in presenza di una rivendicazione con richiesta di condanna al rilascio; l’evocato e presupposto accordo, secondo il quale il nuovo muro sarebbe stato edificato sulle vestigia della precedente recinzione, non era riscontrato da alcuna evidenza probatoria, il CTU si era limitato a rilevare la difformità rispetto ai resti del vecchio muro e la non corrispondenza catastale, la motivazione era da reputarsi contraddittoria e fondata su un fallace sillogismo, oltre ad avere malamente interpretato la CTU;

– controparte è rimasta intimata;

– non rileva in questa sede la denunzia di morte del M., in quanto nel giudizio di cassazione, che è dominato dall’impulso di ufficio, non sono applicabili le comuni cause interruttive previste dalla legge in generale (cfr., ex multis, Cass. nn. 3323/2014 e 2625/2018).

– la doglianza non supera il vaglio d’ammissibilità, in quanto:

a) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (si rimanda alla sentenza delle S.U. n. 8053/2014); non residuano spazi per ulteriori ipotesi di censure che investano il percorso motivazionale, salvo, appunto, l’ipotesi, che qui non ricorre e, peraltro, neppure viene adombrata, del difetto assoluto di motivazione;

b) il ricorso è aspecifico, sotto il profilo della mancanza di autosufficienza, poichè non è stato messo a disposizione di questa Corte l’atto introduttivo di primo grado; peraltro, non è sindacabile il giudizio di qualificazione della domanda operata dal giudice, denunziata, invece che su un allegato e specifico vizio processuale (per una elencazione di tali ipotesi si veda Cass. n. 11103/2020), operando una ricostruzione fattuale alternativa;

c) l’esistenza di un pregresso bonario regolamento dei confini non è frutto di un sillogismo errato, ma delle evidenze probatorie tratte dalle risultanze della CI’U (il consulente del giudice aveva affermato che il muro era stato edificato all’interno della proprietà di parte convenuta, risultando che quest’ultima aveva rispettato l’impronta della precedente recinzione, nel mentre il confine catastale risultava notevolmente traslato rispetto ai luoghi), nè i ricorrenti mettono in condizione questa Corte di conoscere la relazione in parola; peraltro, la sentenza impugnata trova conferma nella stesse affermazioni di cui alla comparsa conclusionale degli attori, i quali esplicitavano che si era provveduto in precedenza a installare bonariamente rete e paletti (trattasi di elemento avente valore indiziario liberamente valutabile dal giudice – cfr., ex multis, Cass. n. 7702/2019, n. 4475/2011, n. 20701/2007 -);

d) la Corte locale ha insindacabilmente qualificato la domanda come di regolamento dei confini, poichè non risultava essere stato evidenziato un contrasto fra titoli, emergendo solo controversia sulla determinazione dell’esatto confine, senza che l’effetto recuperatorio ne muti la natura in azione petitoria (cfr., ex multis, Cass. n. 8693/2019, n. 5603/2014, 13986/2010, 12139/1997).

Diritto

CONSIDERATO

che, di conseguenza, siccome affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c., e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”;

considerato che non v’è luogo a statuizione sulle spese non avendo la controparte svolto difese;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

 

 

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