Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18438 del 20/09/2016


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Cassazione civile sez. VI, 20/09/2016, (ud. 13/07/2016, dep. 20/09/2016), n.18438

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23664-2014 proposto da:

F.G., F.A. elettivamente domiciliati in

(OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CASSIANO,

rappresentati e difesi dall’avvocato Mauro FREZZA giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, e per essa la propria mandataria e

rappresentante GENERALI BUSINESS SOLUTIONS, in persona dei

procuratori speciali, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE

ZEBIO 28, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5202/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 02/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA;

udito l’Avvocato Giuseppe Ciliberti difensore della controricorrente

che si riporta agli scritti.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto dai sig.ri F.G. e F.A. avverso la sentenza del Tribunale di Velletri, sez. distaccata di Anzio. con la quale era stata rigettata la domanda proposta dai F. nei confronti dell’Assitalia assicurazioni s.p.a., quale impresa designata del F.G.V.S.. per sentire dichiarare responsabile dell’evento dannoso, verificatosi il (OMISSIS), il conducente di un’autovettura rimasta sconosciuta e per, l’effetto, condannare la convenuta, nella qualità, al risarcimento dei danni da quantificarsi in corso di causa.

2. La Corte di Appello ha reputato che non fosse stata dimostrata dagli appellanti, già attori, la tempestiva produzione, nel primo grado del giudizio, della denuncia penale presentata il (OMISSIS) e del decreto di archiviazione del 4 gennaio 2002. Ed anzi, ne ha reputato la tardività per il fatto che non fossero stati elencati nell’atto introduttivo come prodotti al momento della costituzione e per il fatto che non fossero nemmeno indicati nella memoria depositata ai sensi dell’art. 183 c.p.c..

Quindi, escluso pure che risultasse escusso un secondo teste (circostanza sostenuta dagli appellanti e contestata dall’appellata), ha reputato inattendibile l’unica teste, sul rilievo che dalla deposizione, meramente confermativa dei generici capitoli dell’atto di citazione, “non si desume il tipo di vettura investitrice, il suo colore, il suo allontanamento dal luogo senza che fosse rilevato il numero di targa, specie in considerazione della mancata richiesta di intervento della Pubblica Autorità nell’immediatezza dei fatti”.

Il ricorso è proposto con due motivi. L’intimata resiste con controricorso.

3. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano “falsa applicazione di norme di diritto ai sensi ex art. 360 c.p.c., n. 3 in riferimento alla L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19 (in vigore all’epoca) e dell’art. 252 c.p.c. e art. 111 Cost. Attendibilità della testimone D.M.M. sancita dal giudice di primo grado. Inammissibilità nel grado di appello di contestazioni ex post non sollevate in primo grado. Atto pubblico costituito dal verbale di udienza sottoscritto dal giudice ex art. 130 c.p.c.”. I ricorrenti deducono che l’Assitalia s.p.a. in primo grado non ha sollevato alcuna obiezione in merito alla prova testimoniale ed all’attendibilità della testimone, e che, nel secondo grado, invece ne ha affermato l’inattendibilità, senza propone appello incidentale. Sostengono che il giudice d’appello non avrebbe potuto condividere le censure di inattendibilità della teste escussa mosse dalla società appellante, in mancanza di contestazioni svolte in primo grado ed in mancanza di appello incidentale.

3.1 Il motivo è manifestamente infondato.

Si rileva che la sentenza impugnata, dopo la premessa, corretta in diritto, che la prova a carico del danneggiato, in caso di azione L. n. 990 del 1969, ex art. 19, lett. A) della riguarda il fatto che il sinistro sia avvenuto a causa del comportamento doloso o colposo dell’automobilista rimasto sconosciuto, ha motivato in punto di inattendibilità dell’unica testimonianza escussa. Trattasi dì espressione del libero apprezzamento dei fatti e delle prove riservato al giudice di merito. sia di primo che di secondo grado, senza che sulla relativa questione si possa formare il giudicato interno, in quanto non attiene a statuizioni decisorie.

Va perciò escluso che sussistano le violazioni di legge denunciate.

Ogni altra censura concerne la valutazione degli elementi probatori che è attività non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (cfr., da ultimo, Cass. ord. n. 1414/15); in particolare, con specifico riferimento alla prova testimoniale, non può questa Corte ripercorrere l’apprezzamento che il giudice del merito ha fatto di essa, essendogli riservato, tra l’altro, il giudizio sull’attendibilità (cfr., tra le tante, Cass. n. 11933/03, n. 12362/06, n. 17097/10), così come quello sulla superfluità dell’audizione di ulteriori testimoni.

Il primo motivo va perciò rigettato.

4. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia “omessa e contraddittoria e insufficiente motivazione circa un fatto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5. Esistenza in atti della denunzia penale, della richiesta del p.m. e del procedimento di archiviazione del Gip di Velletri del procedimento aperto contro ignoti. Furto negli uffici giudiziari di Anzio del (OMISSIS) non addebitabile alla parte attrice.

4.1 Il motivo è inammissibile.

Quanto al vizio di motivazione, si rileva che la sentenza, essendo stata pubblicata il 2 ottobre 2013, è impugnabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 nel testo sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b) convertito nella L. n. 134 del 2012, cioè “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. La censura riportata n epigrafe non rientra perciò nella previsione di legge applicabile.

Quanto alle deduzioni svolte nell’illustrazione del motivo, attinenti alla rilevanza della prova documentale, l’inammissibilità consegue al fatto che la Corte d’Appello ne ha ritenuto tardiva la produzione in giudizio (a prescindere dalla vicenda del furto negli uffici giudiziari di Anzio. ma in ragione delle risultanze dell’atto introduttivo e della memoria ex art. 183 c.p.c.) e, sotto questo profilo, la sentenza non è affatto censurata.”.

La relazione è stata notificata come per legge.

Non sono state depositate memorie.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto della relazione.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della società resistente, nell’importo complessivo di Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 3 della Corte suprema di cassazione, il 13 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2016

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