Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18437 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. I, 09/07/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 09/07/2019), n.18437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8869/2018 proposto da:

C.I., elettivamente domiciliato elettivamente domiciliato

elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Lara Petracci;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma

Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

Avverso il decreto n. 1968/2018 del TRIBUNALE di ANCONA, depositato

il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/06/2019 da SAMBITO MARIA GIOVANNA C..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 14.2.2018, il Tribunale di Ancona ha rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale proposta da C.I., nato in (OMISSIS). La Corte ha ritenuto che le circostanze che, secondo il richiedente, avevano determinato la sua fuga dal paese d’origine, riguardavano vicende di natura privata e di giustizia ordinaria. Lo straniero ha proposto ricorso per cinque motivi. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Il ricorrente evidenzia di aver narrato di esser nato in (OMISSIS), ma di essere, pure, cittadino ivoriano, avendo vissuto in Costa d’Avorio sin da quando aveva appena sei mesi. Le considerazioni svolte dal Tribunale, lamenta il ricorrente, si erano perciò incentrate sulla situazione del suo Stato di nascita, ma non avevano preso in considerazione le condizioni dello Stato da cui egli era partito, ed al quale si era riferito nel formulare la sua domanda di protezione sussidiaria.

2. Col secondo motivo, si deduce la nullità della motivazione, in quanto meramente apparente e consistente in pochi frasi stereotipate.

3. Con il terzo motivo, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, per non avere il Tribunale ritenuto credibili i fatti narrati, senza valutare se fosse stato compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarli.

4. Con il quarto motivo (nuovamente indicato come terzo), il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, commi 3, 4 e 5 della direttiva 2004/83/CE e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3, 4 e 5; del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 oltre che omessa ed insufficiente motivazione. Il ricorrente lamenta in particolare che il Tribunale ha fondato la propria valutazione negativa in ordine alla veridicità delle dichiarazioni da lui rese, sulla base di parametri diversi da quelli normativi, senza alcun approfondimento ufficioso, che, invece, sarebbe stato tenuto ad effettuare.

5. Con il quinto motivo, indicato come quarto, si deduce la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14 come modificato dal D.L. n. 13 del 2017. In base a tale disposizione, è necessario che il colloquio reso dal richiedente sia videoregistrato con mezzi audiovisivi e di esso deve essere redatto un verbale che dia conto di eventuali osservazioni o delle ragioni per le quali il colloquio non è stato videoregistrato. Il ricorrente afferma che: “tali modalità non sono state rispettate e neppure è stato dato atto nel verbale di dichiarazioni dei motivi ostativi alla registrazione”.

6. Procedendo, per comodità espositive, dall’esame dell’ultimo motivo, ne va rilevata l’inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c. Premesso che la doglianza non censura la violazione dell’art. 35 bis come inserito dal D.L. n. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, in riferimento all’omessa celebrazione dell’udienza di comparizione, va rilevato che il motivo non tiene conto che, in materia di protezione internazionale, il ricorso giurisdizionale proposto dal richiedente, all’esito negativo della fase amministrativa non ha per oggetto un giudizio d’impugnazione del provvedimento della Commissione territoriale, ma il diritto soggettivo dell’istante alla protezione invocata: il giudizio non può, infatti, concludersi con il mero annullamento del diniego amministrativo della protezione, che si affermi illegittimo (nella specie, per le modalità di conduzione del colloquio o per l’omessa videoregistrazione) ma deve pervenire alla decisione sulla spettanza o meno del diritto alla stessa e ciò in quanto la legge (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 9, prima D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35, comma 10, ed oggi art. 35 bis, comma 13 stesso decreto, quale inserito dal D.L. n. 13 del 2017, convertito nella L. n. 46 del 2017) stabilisce che la sentenza del Tribunale può contenere, alternativamente, il rigetto del ricorso ovvero il riconoscimento dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria, o umanitaria e non prevede il puro e semplice annullamento della decisione della Commissione (cfr. Cass. 26480 del 2011; n. 18632 del 2014; n. 7385 del 2017; n. 23472 del 2017; n. 301015 del 2018, cfr. pure, Cass. n. 12273 del 2013).

7. Anche il primo motivo, che va ora esaminato, è inammissibile: la circostanza che il richiedente abbia indicato, quale suo Paese di origine la Costa d’Avorio (di cui afferma di esser pure cittadino) piuttosto che il (OMISSIS), ove egli è nato – e su cui ha argomentato il giudice territoriale -, non risulta adeguatamente allegata, nè risultano riportati i pertinenti passi dell’atto introduttivo del giudizio. Del resto, il vizio denunciato può venire in rilievo in ipotesi di omesso esame di un fatto che “è stato oggetto di discussione tra le parti”, e dell’esistenza di tale dibattito nel ricorso non vi è traccia.

8. I restanti motivi, che possono esser congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.

9. Va, infatti, rilevato che il ricorso confonde e sovrappone il momento della valutazione di credibilità soggettiva col dovere di cooperazione istruttoria. Questa Corte (Cass., n. 16925 del 2018; n. 28862 del 2018) ha infatti chiarito che: “in materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori”. Tale caso non ricorre, in quanto la valutazione di non credibilità -che attiene, in sè, al giudizio di fatto e non è qui ulteriormente apprezzabile – è stata assunta non solo in adesione alle conformi conclusioni della Commissione, ma, anche tenuto conto del fatto che il richiedente era privo di documenti, senza addurre al riguardo alcuna giustificazione, il che, da una parte, esclude la sussistenza di ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda, e dall’altra, rende la valutazione del Tribunale coerente col disposto di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,comma 5 dovendo, da ultimo, rilevarsi che, sia pur in forma succinta, la decisione risulta motivata.

10. Si ravvisano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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