Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18437 del 01/08/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 18437 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 25279 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno 2009:
DI
MATUOZZO IMMACOLATA, elettivamente domiciliata in Roma alla
Via Calcutta n. 45, presso l’avv. Alberto D’Auria, con l’avv.
Arcangelo D’Avino, che la rappresenta e difende, per procura
a margine del ricorso.
RICORRENTE
CONTRO
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
AV/IP‘’5

ministro in carica, ex lege domiciliato in Roma alla Via dei
Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato.

Data pubblicazione: 01/08/2013

INTIMATO
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli, n. cron.
2325 del 20 febbraio – 8 aprile 2009. Udita, all’udienza del
18 giugno 2013, la relazione del cons. dr. Fabrizio Forte.

dr. Immacolata Zeno, che conclude per l’accoglimento del
ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ricorso del 15 luglio 2008 Immacolata Matuozzo ha
convenuto in giudizio il Ministero dell’Economia e delle
Finanze dinanzi alla Corte d’appello di Napoli e ne ha
..

chiesto la condanna a pagare l’equa riparazione dei danni
subiti per la irragionevole durata di un processo dinanzi al
TAR per la Campania, iniziato con ricorso del 15 giugno 1994
e ancora pendente per il riconoscimento di indennità a lei
spettanti quale dipendente della U.S.L. n. 29 della Campania.
Il Ministero convenuto si è costituito e ha eccepito la
prescrizione del diritto dell’attrice con deduzione accolta
dalla Corte adita con decreto dell’8 aprile 2009.
Tale decreto, rilevato che il diritto all’equo indennizzo era
esistente dal momento della legge di ratifica della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 4 agosto 1955
m. 848 e già allora era esercitatile dinanzi alla Corte
europea fino all’entrata in vigore della Legge 24 marzo 2001
n. 89 che ne aveva consentito la tutela pure dai giudici

.

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Udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale

interni, ha accolto l’eccezione di prescrizione, dichiarando
estinto ogni diritto dell’attrice maturato oltre dieci anni
prima della domanda di equa riparazione, per il processo
presupposto, durato in totale anni quattordici e otto mesi.

durata di esso dal 15 giugno 1994 al 15 luglio 1998, la Corte
di merito ha liquidato l’indennizzo per la durata successiva
a tale ultima data del processo originario, fino alla data
del decreto del 20 febbraio 2009 che ha deciso il ricorso di
equa riparazione, computata,in anni dieci e mesi sette.
E’ stato quindi calcolato un equo indennizzo di C 8.466,00
sulla base di una somma annua di reintegrazione del danno di
C 800,00, con le spese del giudizio a carico del Ministero, e
attribuzione al difensore del ricorrente.
Per la cassazione di tale decreto, la Matuozzo ha proposto
ricorso notificato il 20 novembre 2009, di quattro motivi e
il Ministero intimato non s’è difeso in cassazione.
Motivi della decisione

1.1. Il primo motivo del ricorso della Matuozzo deduce la
violazione, dal decreto impugnato, degli artt. 2 e 4 della L.
24 marzo 2001 n. 89, degli artt. 6 & 1 e 13 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 111 Cost., in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere la Corte di
appello erroneamente ritenuto prescrivibile il diritto all’
equa riparazione di natura fondamentale e, come tale, non
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Escluso dal computo del processo presupposto il periodo di

soggetto a tale causa di estinzione, anche se passibile di
decadenza per il caso di mancata domanda di indennizzo nei
sei mesi dell’art. 4 della L. n. 89 del 2001 dalla sentenza
che aveva definito il processo durato eccessivamente.

violazioni di legge del primo, afferma che erroneamente si è
ritenuto che la prescrizione possa decorrere, anche per la
durata di un processo pendente prima dell’entrata in vigore
della L. n. 89 del 2001, quando esso poteva farsi valere ai
sensi dell’art. 4 di tale legge, solo dopo sei mesi dalla
sentenza che aveva definito il processo di durata ingiusta.
1.3. In terzo luogo la Matuozzo deduce omessa, insufficiente
e/o contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5

c.p.c. sulla qualificazione dell’azione di equo indennizzo da
durata irragionevole del processo come analoga a quella di
risarcimento da illecito permanente, i cui effetti dannosi si
prescrivono di giorno in giorno nel corso del perdurare del
procedimento eccessivamente durato.
1.4. Il quarto motivo di ricorso censura il decreto per
violazione degli artt. 1223, 1226, 1227 e 2056 c.c., dell’
art. 3 della legge n. 89 del 2001, e degli artt. 6, 13 e 41
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per avere
determinato l’indennizzo per il danno non patrimoniale da
durata eccessiva del processo, nella somma di soli 5 800,00

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1.2. Il secondo motivo di ricorso, denunciando le medesime

l’anno invece che in quella – da E. 1000,00 ad E. 1.500,00 generalmente riconosciuta in fattispecie analoghe.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente deduce
nuovamente insufficienza motivazionale del decreto sulla

sul carattere collettivo del ricorso e sul ritardo nella
presentazione delle istanze di prelievo, circostanza questa
smentita dalla presentazione di cinque di tali solleciti tra
il 1999 e il 2006, per cui corretto sarebbe stato applicare,
ad avviso della ricorrente, il parametro di E 1.500,00 annui.
2. Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
Il primo motivo del ricorso è inammissibile, in quanto
oggetto di prescrizione non è il diritto al processo di
durata ragionevole, tutelato dalla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo, come tale di natura “fondamentale” e
imprescrittibile, ma il diritto all’equa riparazione
conseguente alla violazione dell’altro e da qualificare di
natura pecuniaria, disponibile e soggetto a prescrizione,
come è del resto quello al risarcimento del danno da ingiusta
lesione di diritti fondamentali di natura illecita (Cass. 21
settembre 2011 n. 19204 e 6 maggio 1975 n. 1744).
Pertanto non hanno rilievo alcuno le deduzioni di cui al
motivo di ricorso sulla estinzione del diritto ad un processo
di durata equa e ragionevole, che non si è avuta, essendosi

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liquidazione ridotta di cui al motivo che precede, fondata

la prescrizione applicata alla sola azione patrimoniale di
equo indennizzo.
Il secondo motivo di ricorso è invece fondato, sulla base
della giurisprudenza di questa Corte che nega l’operatività

decadenza di cui all’art. 4 della legge n. 89 del 2001, cui è
connessa la proponibilità dell’azione perché, prima del
decorso di tale termine il diritto non è esercitatile e
quindi non ha rilievo l’inerzia del suo titolare ai fini
della prescrivibilità del diritto (Cass. S.U. 2 ottobre 2012
n. 16783 e 30 dicembre 2009 n. 27719).
Erroneamente la Corte d’appello di Napoli ha dichiarato
.

estinto per prescrizione il diritto della ricorrente alla
durata ragionevole del processo prima della definizione dello
stesso giudizio in cui tale diritto è stato violato,
dovendosi negare che tale causa di estinzione possa operare
prima dell’utile decorso del termine di decadenza di sei mesi
nel quale si sia esercitata l’azione di equo indennizzo.
Per l’accoglimento del secondo motivo, che esclude che nel
caso potesse operare la prescrizione, resta assorbito il
terzo motivo, relativo alla motivazione della rilevata causa
di estinzione del diritto della ricorrente.
Infine, quarto e quinto motivo di ricorso vanno trattati
insieme e sono entrambi infondati, non risultando che la
Corte di merito si sia discostata dalla soglia minima di

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della prescrizione, prima del decorso del termine di

liquidazione dell’equo indennizzo senza adeguata motivazione,
per cui manca la violazione di legge denunciata con il quarto
dei motivi, dovendosi negare che sia immotivata la
determinazione di una indennità in C. 800,00 annui, per il

indicata si sono già ritenute congrue in più occasioni, con
riferimento a processi dinanzi ai giudici amministrativi o
contabili di rilevante durata come il presente giudizio
presupposto(così S.U. 6 settembre 2012 n. 14974 e 7 novembre
2011 n. 23029).
Si è comunque affermato che un discostamento dai parametri
abituali del 25%, non comporta violazione di legge (Cass. 6
giugno 2011 n. 12173) e nel caso la somma di indennizzo annuo
non si discosta da tale percentuale ed è conforme alle usuali
liquidazioni per i processi amministrativi o contabili.
3. In conclusione, il ricorso è fondato per quanto di ragione
e il decreto impugnato deve cassarsi.
Non essendo necessari altri accertamenti di fatto questa
Corte può provvedere nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c.
e rigettata l’eccezione di prescrizione, può liquidare l’equo
indennizzo, fissato in C. 800,00 all’anno, per i quattordici
anni e un mese di durata del processo presupposto dal 15
giugno 1994 al 15 luglio 2008, in conformità a quanto
statuito senza censure in tale sede dalla Corte di merito, la
quale, pur affermando di determinare l’indennizzo per il solo
7

Iff

ritardo del processo, dato che somme anche inferiori a quella

periodo del processo “eccedente la ragionevole durata”, ha di
fatto liquidato lo stesso per la intera durata della causa
anche successiva alla domanda, con esclusione della sola fase
di tale durata per la quale ha erroneamente applicato la

L’equo indennizzo da liquidare è quindi di E. 11.267,00 (14 X
C 800 + 1/12 di C 800), con gli interessi di legge dalla
domanda al saldo e il Ministero intimato dovrà pagare alla
Matuozzo la detta somma; per la soccombenza, il Ministero
dell’Economia e delle finanze dovrà anche rimborsare alla
ricorrente le spese del giudizio di merito e quelle del
giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo,
per il giudizio dinanzi alla Corte d’appello, ai sensi ai
sensi del D.M. 8 aprile 2004 n. 127, vigente all’epoca della
pronuncia oggetto di ricorso e per quello di cassazione, in
base al D.M. 12 luglio 2012 n. 140, applicando tale decreto
anche alle prestazioni professionali eseguite nel giudizio di
legittimità, nel vigore delle pregresse tariffe non più
applicabili, come chiarito da S.U. 12 ottobre 2012 n. 17405.
Di tali somme deve disporsi l’attribuzione all’avv. Arcangelo
D’Avino, che ha dichiarato di avere anticipato le spese e di
non avere riscosso gli onorari.
P.Q.M.
La Corte accoglie nei sensi di cui in motivazione il ricorso
e cassa il decreto impugnato; decidendo la causa nel merito

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prescrizione.

ai sensi dell’art. 384 c.p.c., condanna il Ministero dell’
Economia e delle Finanze a pagare alla ricorrente C.
11.267,00, con gli interessi dalla domanda al saldo, a titolo
di equo indennizzo da durata irragionevole del processo e le

1.254,00, di cui

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