Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18436 del 01/08/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 18436 Anno 2013
Presidente: CARNEVALE CORRADO
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27964 del Ruolo Generale degli
affari civili dell’anno -U09:
DI
IACOVACCIO ALESSANDRO, elettivamente domiciliato in Roma alla
Via Salaria n. 27, presso lo studio dell’avv. Stefania
Jasonna, con l’avv. Giovanni Itro, che lo rappresenta e
difende, per procura a margine del ricorso.
RICORRENTE
CONTRO
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
ministro in carica, ex lege domiciliato in Roma alla Via dei
Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato e

Data pubblicazione: 01/08/2013

da questa rappresentato e difeso.
CONTRORICORRENTE
avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli, l^
Ses.civ. cron. 2240, del 27 febbraio – 3 luglio 2009.

dr. Fabrizio Forte. Udito l’avv. Itro, per il ricorrente, e
il P.M., in persona del sostituto procuratore generale dr.
Immacolata Zeno, che conclude per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con ricorso del 18 luglio 2008 Alessandro Iacovaccio ha
convenuto in giudizio il Ministero dell’Economia e delle
Finanze dinanzi alla Corte d’appello di Napoli e ne ha
chiesto la condanna a pagare e. 78.000,00 a titolo di equa
riparazione dei danni subiti per la irragionevole durata di
un processo dinanzi al TAR per la Campania iniziato con
ricorso del 16 novembre 1990 e ancora pendente, per impugnare
atti amministrativi relativi a sue pretese pensionistiche.
Il Ministero convenuto si è costituito ed ha eccepito la
parziale prescrizione del diritto dell’attore; la Corte
adita, con decreto del 13 (corretto a 27) febbraio 2009 – 3
luglio 2009, rilevato che il diritto all’equo indennizzo
oggetto di causa era esistente sin dalla legge di ratifica
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 4 agosto
1955 m. 848, per cui era esercitatile dinanzi alla Corte
europea prima ancora dell’entrata in vigore della Legge 24
2

Udita, all’udienza del 18 giugno 2013, la relazione del cons.

marzo 2001 n. 89, ha accolto l’eccezione di prescrizione,
dichiarando estinto ogni diritto dell’attore per il tempo del
processo maturato oltre dieci anni prima dalla proposizione
della domanda di equa riparazione, da computare, previa

novembre 1990 alla stessa data del 1993.
Accolta l’eccezione di prescrizione per il periodo di durata
del processo presupposto dal 16 novembre 1993 al 18 luglio
1998, la Corte di appello ha liquidato per la fase successiva
a tale ultima data fino al 13 febbraio 2009, di circa anni
dieci e mesi otto, un equo indennizzo per danni non
patrimoniali, di C 5.335,00, sulla base di una somma annua di
reintegrazione del danno non patrimoniale di e 500,00,
ponendo le spese del giudizio a carico del Ministero con
attribuzione al difensore del ricorrente.
Per la cassazione di tale decreto del 3 luglio 2009, lo
Iacovaccio ha proposto ricorso di tre motivi notificato il 10
dicembre 2009, e il Ministero si è difeso con controricorso
notificato il 13 -14 gennaio 2010.
Motivi della decisione

1.1. Il primo motivo del ricorso dello Iacovaccio lamenta
violazione degli artt. 2946 c.c. e 2 e 4 della L. 24 marzo
2001 n. 89, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per avere
il decreto impugnato, erroneamente considerato prescriVibile
il diritto all’equa riparazione di natura fondamentale e,
3

detrazione del triennio presumibilmente ragionevole, dal 16

come tale, non soggetto a prescrizione, ma solo a decadenza
per la mancata domanda nel semestre di cui all’art. 4 della
legge n. 89 del 2001.
Il ricorrente rileva che erroneamente si è ritenuto che la

processo pendente prima dell’entrata in vigore della legge n.
89 del 2001, anche se esso poteva farsi valere, ai sensi
dell’art. 4 di tale legge, solo dopo sei mesi dalla sentenza
che ha definito il processo di durata irragionevole, senza
potersi valutare la violazione complessiva di tale diritto
dalla stessa sentenza, che definisce il processo lesivo del
diritto di chi agisce ad una decisione tempestiva.
1.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione degli
artt. 2, comma l, della L. 24 marzo 2001 n. 89 in rapporto
alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo
sull’art. 6, & 1, della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, anche in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
Il decreto oggetto di ricorso si discosta dai criteri della
Corte europea di liquidazione dell’equo indennizzo fissato
nel caso solo in

e.

500,00 annui con insufficiente o

contraddittoria motivazione su tale punto decisivo ai sensi
dell’art. 360 n. 5 c.p.c.,

ftcd.

per la quantificazione annua

dell’indennizzo di regola fissata in C 1000,00 – 1.500,00.
Richiamata giurisprudenza che aveva fissato in C 800,00 annui

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prescrizione potesse decorrere anche per la durata di un

l’indennizzo dovuto per irragionevole ritardo del processo,
il ricorrente denuncia la carente motivazione su tale punto
della decisione, e la insufficiente liquidazione dell’equo
indennizzo, con discostamento immotivato dai parametri

1.3 Il terzo motivo di ricorso lamenta violazione degli artt.
2056 e 1226 e ss. c.c. e dell’art. 3 della legge n. 89 del
2001, per avere la Corte napoletana liquidato l’indennizzo
per il danno non patrimoniale, nella somma di E 500,00 l’anno
invece che in quella annuale da C. 1000,00 ad E. 1.500,00, in
genere riconosciuta in fattispecie identiche, discostandosi
dai criteri ordinari di liquidazione, senza alcuna corretta
ed esaustiva motivazione.
Viene riportata in ricorso una tabella di casi analoghi da
cui si desume la illegittimità dei criteri di liquidazione
dei danni di regola maggiori di quelli riconosciuti dal
decreto oggetto di ricorso sul punto non motivato ) ad avviso
del ricorrente.
2. Il ricorso è fondato per quanto di ragione, per la parte
in cui nega che possa prescriversi il diritto all’equo
indennizzo prima che si sia domandata l’equa riparazione nel
termine di proponibilità della domanda, sulla base della
giurisprudenza di questa Corte, che esclude l’operatività
della prescrizione prima del decorso dei sei mesi di

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abituali di liquidazione del dovuto per detto titolo.

decadenza di cui all’art. 4 della legge n. 89 del 2001,
indispensabile alla proponibilità dell’azione.
Prima del decorso del termine richiamato, il diritto all’equa
riparazione non è esercitatile e deve negarsi pure sia

dicembre 2009 n. 27719); erroneamente la Corte d’appello di
Napoli ha dichiarato estinto per prescrizione, nella concreta
fattispecie, il diritto del t* ricorrente prima della
definizione del processo in cui s’è violata la giusta durata,
dovendosi negare che tale causa di estinzione possa rilevare
prima del decorso del termine di decadenza di cui sopra, come
chiarito dalla giurisprudenza citata.
Infine, gli altri motivi di ricorso, da trattare insieme e
relativi alla misura dell’indennizzo liquidato in

e

500,00

all’anno, sono infondati, non risultando che la Corte di
merito si sia discostata dalla soglia minima di liquidazione
dell’equo indennizzo ingiustificatamente, per cui manca la
violazione di legge denunciata nel primo di tali motivi.
Deve negarsi pure che sia immotivata la decisione che
riconosce E 500,00 all’anno per il ritardo del processo
amministrativo della cui irragionevole durata si tratta, dato
che tale somma si è già ritenuta congrua in più occasioni con
riferimento a processi dinanzi ai giudici amministrativi di
particolare durata come il presente giudizio (così Cass. 6
settembre 2012 n. 14974 e 7 novembre 2011 n. 23029).
6

prescrivibile (Cass. S.U. 2 ottobre 2012 n. 16783 e 30

In ogni caso è in corso un profondo rivolgimento normativo
con il D.L. 22 giugno 2012 n. 83, come convertito nella legge
7 agosto 2012 n. 134, che ridimensiona in modo rilevante i
parametri di liquidazione dell’equo indennizzo, per cui

determinazione annuale dell’indennizzo decisa nel merito.
3. In conclusione, il ricorso è fondato per quanto di ragione
e il decreto impugnato deve cassarsi.
Non essendo necessari altri accertamenti di fatto questa
Corte può provvedere nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c.
e rigettata l’eccezione di prescrizione, può liquidare l’equo
indennizzo, fissato in C. 500,00 all’anno, per í quindici
anni e otto mesi di durata irragionevole del processo
presupposto, in quanto la Corte di merito ha riconosciuto
l’indennizzo per il solo periodo del processo “eccedente la
ragionevole durata” di esso.
L’equo indennizzo da liquidare è quindi di C. 7.833,00 (15 X
C 500 + 8/12 di C 500,00), con gli interessi di legge dalla
domanda al saldo.
Per la soccombenza il Ministero dell’Economia e delle finanze
dovrà rimborsare al ricorrente le spese del giudizio di
merito e quelle del giudizio di cassazione che si liquidano
come in dispositivo, per il giudizio dinanzi alla Corte
d’appello, ai sensi del D.M. 8 aprile 2004 n. 127 vigente
all’epoca della pronuncia oggetto di ricorso e, per quello di
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sussistono chiare ragioni anche di equità per confermare la

cassazione, in base al D.M. 12 luglio 2012 n. 140, applicando
tale decreto anche alle prestazioni professionali eseguite nel
giudizio di legittimità nel vigore delle precedenti tariffe
non più applicabili, come chiarito da S.U. 12 ottobre 2012 n.

Giovanni Itro, che ha dichiarato di avere anticipato le spese
e di non avere riscosso gli onorari.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e rigetta gli
altri; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo
accolto e, decidendo la causa nel merito ai sensi dell’art.
384 c.p.c., condanna il Ministero dell’Economia e delel
Finanze a pagare al ricorrente C. 7.833,00, con gli interessi
dalla domanda al saldo, a titolo di equo indennizzo da durata
irragionevole del processo e le spese di causa, che liquida,
per il giudizio di merito, in < -77:. 1.050,00, di cui frj. 635,00 per onorari, 380,00 per diritti ed e. 15,00 per spese, e, per il giudizio di cassazione, in

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