Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18431 del 09/07/2019

Cassazione civile sez. I, 09/07/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 09/07/2019), n.18431

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13372-2018 proposto da:

I.N., domiciliato in ROMA, presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato LUIGI MIGLIACCIO

giusta procura speciale estesa in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI CAGLIARI n. 894/2017,

depositata il 24.10.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30.5.2019 dal Consigliere Dott.ssa ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

I.N. propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di Appello di Cagliari aveva respinto l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale di Cagliari emessa in data 6.1.2017 in rigetto della sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione internazionale (sussidiaria ed umanitaria);

la domanda del ricorrente era stata motivata in ragione dei rischi di rientro nel suo Paese d’origine (Pakistan) dovuti al suo vissuto personale, narrando egli (musulmano sunnita) di aver sposato una donna musulmana sciita, nonostante l’opposizione delle rispettive famiglie, e di aver ricevuto minacce di morte dai familiari della moglie affinchè si convertisse alla religione sciita, motivo per il quale aveva deciso di fuggire dal Paese;

il Ministero dell’Interno resiste con controricorso;

il ricorrente ha depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con i primi tre motivi di censura il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g), art. 3, commi 3, 4, 5, 6, art. 14, lett. b) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, ed “omesso esame del rischio di danno grave D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 lett. b) “, lamentando che la Corte di Appello abbia rigettato la domanda di protezione internazionale utilizzando esclusivamente il canone della credibilità soggettiva del ricorrente, senza osservare le disposizioni di legge che impongono al Giudice di accertare la situazione reale dei paesi di origine e provenienza, mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi di ampia indagine e acquisizione documentale;

1.2. i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, non sono fondati;

1.3. questa Corte ha già chiarito quali sia il riparto degli oneri di allegazione e prova, ed in qual senso debba essere intesa la nozione di “cooperazione istruttoria” invocata dal ricorrente, ricondotta alla previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 in particolare comma 5;

1.4. in primo luogo l’attenuazione del principio dispositivo in cui la “cooperazione istruttoria” consiste si colloca non sul versante dell’allegazione, ma esclusivamente su quello della prova, in quanto l’allegazione deve essere adeguatamente circostanziata, dovendo il richiedente presentare “tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la… domanda”, ivi compresi “i motivi della sua domanda di protezione internazionale” (del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,commi 1 e 2), con la precisazione che l’osservanza degli oneri di allegazione si ripercuote sulla verifica della fondatezza della domanda medesima, sul piano probatorio, giacchè, in mancanza di altro sostegno, le dichiarazioni del richiedente sono considerati veritiere soltanto, tra l’altro, “se l’autorità competente a decidere sulla domanda ritiene che: a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) tutti gli elementi pertinenti in suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una idonea motivazione dell’eventuale mancanza di altri elementi significativi” (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 5);

1.5. di conseguenza, solo quando colui che richieda il riconoscimento della protezione internazionale abbia adempiuto all’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto, sorge il potere-dovere del giudice di accertare anche d’ufficio se, ed in quali limiti, nel Paese straniero di origine dell’istante si registrino i fenomeni tali da giustificare l’accoglimento della domanda (Cass. 28 giugno 2018, n. 17069);

1.6. per converso, se l’allegazione manca, l’esito della domanda è segnato, in quanto la domanda di protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare l’fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass. 28 settembre 2015, n. 19197);

1.7. una volta assolto l’onere di allegazione, il dovere del Giudice di cooperazione istruttoria, e quindi di acquisizione officiosa degli elementi istruttori necessari, è circoscritto alla verifica della situazione oggettiva del paese di origine e non alle individuali condizioni del soggetto richiedente, poichè è evidente che, mentre il Giudice è anche d’ufficio tenuto a verificare se nel paese di provenienza sia obiettivamente sussistente una situazione talmente grave da costituire ostacolo al rimpatrio del richiedente, egli non può essere chiamato – nè d’altronde avrebbe gli strumenti per farlo – a supplire a deficienze probatorie concernenti la situazione personale del richiedente medesimo, dovendo a tal riguardo soltanto effettuare la verifica di credibilità prevista nel suo complesso dal già citato art. 3, comma 5;

1.8. nel caso in esame va rilevato che la Corte d’Appello si è in primo luogo soffermata sull’inverosimiglianza del racconto del richiedente, intriso di “contraddizioni rilevate dal Tribunale riguardo alle vicende narrate…, che non hanno trovato spiegazione negli atti difensivi del… giudizio”, evidenziando che “il suocero, pur avendolo più volte minacciato…, non…(aveva)… mai compiuto atti di violenza nei suoi confronti”, il che “dimostra(va) che le minacce di morte, asseritamente proferite, non… (potevano)… ritenersi effettive”, ed inoltre che “nessuna spiegazione…(era)… stata poi offerta della contraddizione riguardo al fatto che sua moglie, la quale pure aveva contravvenuto alle regole sposando un sunnita, non sia mai stata minacciata dai genitori o dai parenti”;

1.9. le censure vanno allora disattese perchè, quanto al rifugio politico e alla protezione sussidiaria sub art. 14, lett. a), b) citt., l’presupposti di essi sono stati esclusi in fatto dalla Corte d’appello “stante il giudizio di non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente protezione”, e l’ipotesi di cuì alla lett. c) è stata esclusa sulla base delle informazioni aggiornate (report Ministero Esteri, Amnesty International, sito web (OMISSIS), European Security Support Office) acquisite sulla situazione del distretto di provenienza dell’appellante, (OMISSIS), in (OMISSIS), dalle quali risultava l’assenza di conflitti in quella regione, invocando invece il ricorrente, a sostegno della situazione di violenza indiscriminata del Paese di provenienza, giurisprudenza avulsa da ogni contestualizzazione;

1.10. deve pertanto ritenersi che il ricorrente abbia posto a fondamento della propria domanda di protezione internazionale una vicenda totalmente personale, riguardo alla quale, evidentemente, non v’era alcun dovere di cooperazione istruttoria e che doveva e poteva essere scrutinata soltanto sulla base della sua intrinseca credibilità, credibilità che i Giudici di merito hanno concordemente escluso con giudizio la cui sindacabilità in questa sede, sia pur nei limiti del vigente art. 360 c.p.c., n. 5 è esclusa ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c.;

1.11. l’assunto della Corte territoriale in ordine all’inattendibilità del richiedente protezione e la motivazione addotta a sostegno di tale convincimento non sono stati, infatti, specificamente censurati in questa sede dal ricorrente, il quale ha invece infondatamente lamentato il mancato esercizio da parte del Giudice di secondo grado dei propri poteri-doveri officiosi di indagine e di acquisizione documentale, in ogni caso esercitati dai Giudici di merito, come dianzi illustrato;

1.12. con riguardo, poi, al parametro dell’inserimento sociale e lavorativo dello straniero si osserva che esso non integra da solo nè prima, nè nel vigore della nuova normativa motivo idoneo al riconoscimento del diritto dello straniero alla protezione umanitaria;

2.1. è inammissibile il quarto motivo, con cui viene censurato il mancato riconoscimento della protezione umanitaria;

2.2. ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria è invero evidente che la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese svolge un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, la situazione oggettiva del paese d’origine deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (cfr. Cass. n. 4455/2018);

2.3. nel caso di specie, come detto, la narrazione dei fatti è stata ritenuta inattendibile, e la Corte ha altresì rilevato che la richiesta di protezione umanitaria si fonda esclusivamente sul rilievo della condizione generale del Pese, senza indicazione di elementi individualizzanti, indispensabili per la forma di protezione in esame;

2.4. la censura si risolve nell’astratta analisi dei presupposti giuridici della protezione umanitaria, e nel tentativo di riproporre una rivisitazione del merito;

3. il ricorso va in conclusione rigettato;

4. in mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di Cassazione Sezione Prima Civile, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 luglio 2019

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