Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18430 del 06/08/2010

Cassazione civile sez. I, 06/08/2010, (ud. 16/06/2010, dep. 06/08/2010), n.18430

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. G.

PORRO 8, presso l’avvocato BITONDO MARIA, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BERTANI FEDERICO, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTO DELLA PROVINCIA DI TERNI;

– intimato –

avverso il provvedimento n. 38/2008 del GIUDICE DI PACE di TERNI,

depositato il 24/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/06/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- B.I. ha proposto ricorso per cassazione -affidato ad un solo motivo – contro il decreto in data 24.10.2008 con il quale il Giudice di pace di Terni ha dichiarato inammissibile il suo ricorso tardivo (perchè presentato il 23.9.2008) avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Terni il 23.9.2005, tradotto in lingua inglese quale lingua dichiarata come preferita dalla ricorrente, assistita dalla zia che comprendeva l’italiano, evidenziando, nel merito, che la ricorrente era stata espulsa perchè nei termini prescritti non aveva richiesto il permesso di soggiorno.

Non ha svolto difese la Prefettura intimata.

2.- Il ricorso è infondato.

Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte, il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 7, non impone all’Amministrazione di tradurre il decreto espulsivo nella lingua madre della persona da espellere, ma solo di assicurare che la traduzione del provvedimento avvenga “in una lingua conosciuta” e, solo ove ciò non sia possibile, di garantire che la traduzione sia svolta “in lingua francese, inglese o spagnola”, ritenute lingue universali e, quindi, accessibili, direttamente o indirettamente, da chiunque (Cass. n. 13833 del 2008). L’obbligo dell’autorità procedente di tradurre la copia del relativo decreto nelle lingua conosciuta dallo straniero stesso è derogabile tutte le volte in cui detta autorità attesti e specifichi le ragioni per le quali tale operazione sia impossibile e si imponga la traduzione nelle lingue predeterminate dalla norma di cui all’art. 13, comma 7, cit.. Siffatta attestazione è condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente a che il decreto di espulsione risulti immune da vizi di nullità, senza che il giudice di merito possa ritenersi autorizzato a sindacare le scelte della P.A. in termini di concrete possibilità di effettuare immediate traduzioni nella lingua dell’espellendo (Cass. n. 25362 del 2006; n. 25026 del 2005; n. 13032 del 2004; n. 5465 del 2002).

Nella concreta fattispecie la stessa ricorrente riconosce (a pag. 3 del ricorso) che l’Amministrazione “si era limitata a giustificare la mancata traduzione nella lingua d’origine” della medesima ricorrente “con la consueta clausola di stile “per indisponibilità di personale idoneo alla traduzione”. Così ammettendo l’esistenza di quella attestazione considerata dalla Corte “condizione non solo necessaria, ma anche sufficiente” della traduzione nella lingua veicolare, nella specie scelta dalla ricorrente “assistita dalla zia che comprendeva l’italiano”.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2010

 

 

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